MESTRE - Cambiare lavoro non è più un tabù. E questa potrebbe essere una tendenza per i prossimi anni a cui fare attenzione, perché il personale non si accontenta, chiede di più, non solo dal punto di vista dell'impiego o dello stipendio, ma in qualità della vita. Secondo uno studio della Cisl Veneto basato sui dati di Veneto Lavoro, le dimissioni volontarie sono «aumentate del 50% nel primo quadrimestre di quest'anno rispetto allo stesso periodo del 2021, ossia salite a 66.300».
CAMBIARE NON È TABÙ
Per quello che invece riguarda il genere, sono gli uomini a propendere per la ricerca di fortuna: «segno di una maggiore propensione e forse anche possibilità a cambiare posto di lavoro». Per quanto riguarda i settori, a soffrire questo cambio di mentalità ci sono il terziario, che registra il 38% degli addii. Imprese del commercio, turismo e servizi (ma anche metalmeccanico con il 22,2%) sono sempre meno appetibili a discapito di altri rami come quello manifatturiero. Analizza il dato Marco De Favari, coordinatore regionale degli Uffici vertenze di Cisl Veneto: «C'è chi si muove per cogliere l'opportunità di una retribuzione più alta (avendo oggi un potere contrattuale superiore per richiederla, considerando l'aumento della domanda) o in generale di un più favorevole inquadramento contrattuale, passando ad esempio da un part-time a un full-time, o un migliore e meno stressante ambiente di lavoro».
CONGIUNTURA FAVOREVOLE
Che il mercato sia fluido è quindi una novità accentuatasi negli ultimi anni: «Anche dal nostro osservatorio possiamo confermare di trovarci ora in una congiuntura di notevole dinamicità del mercato del lavoro, che non trova precedenti dal 2015 - prosegue Gianfranco Refosco, segretario generale di Cisl Veneto -. L'aumento delle dimissioni, in presenza di un saldo netto positivo tra assunzioni e cessazioni nella prima parte del 2022 (+36mila), ci consegna un mercato del lavoro veneto molto vivace, ricco di opportunità lavorative che possono consentire alle persone un miglioramento delle condizioni lavorative, come confermato anche dall'elevata percentuale di immediata ricollocazione dei lavoratori dimissionari».