Dalla Romania arrivi senza controlli, le famiglie protestano: «Regole per colf e badanti»

Giovedì 23 Luglio 2020 di Redazione
I controlli non prevedono test per gli arrivi dalla Romania
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PORDENONE/UDINE - Da Serbia, Bosnia e Kossovo (solo per citare i Paesi più vicini al Fvg) non si può più entrare. Dall’Ucraina sì, ma a patto di rispettare la quarantena fiduciaria di 14 giorni al ritorno in Italia. Dalla Romania, invece, si può volare, viaggiare in macchina, al limite anche in treno. E all’arrivo non si è sottoposti ad alcun controllo sanitario. Tutto normale, visto che la Romania fa parte dell’Unione europea (anche l’accordo di Schengen, pur firmato, non è mai entrato realmente in vigore); meno se si pensa che nel più grande Paese dei Balcani la situazione epidemiologica è diventata preoccupante. Ed ora in provincia di Pordenone, dove vivono (censiti) più di 10mila cittadini romeni, esplode la protesta delle famiglie, molte delle quali negli anni hanno assunto colf e badanti provenienti proprio dalla Romania. 

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LE RICHIESTE
Sono molte, negli ultimi giorni, le famiglie pordenonesi che pubblicamente o seguendo i canali dei rapporti con i vari Comuni, hanno segnalato situazioni rischiose in relazione ai rapporti di lavoro domestici con cittadini rientrati di recente dalla Romania. «A chi spetta effettuare i tamponi al momento dell’ingresso e del loro rientro in Italia? - si chiede un cittadino del capoluogo - A nessuno, non sono previsti tamponi, non è prevista la quarantena». Ed è esattamente così, solamente che ora la Romania “viaggia” a più di 800 nuovi casi al giorno a cui si deve aggiungere una politica dei ricoveri ospedalieri non in linea con quelle standardizzate in Unione europea. «Mi chiedo cosa debbano fare le famiglie che si avvalgono della collaborazione di queste persone per l’assistenza dei loro anziani - prosegue la protesta -. Possono stare tranquille? Oppure dobbiamo aspettare che si verifichi un caso di contagio, certamente non voluto, tra badante di rientro e loro assistito?». 


Dalle famiglie pordenonesi arriva - forte - una richiesta finalizzata all’estensione delle regole sulla quarantena non solo ai Paesi già presenti nella “lista nera” del ministero della Salute, ma anche a Stati come la Romania che dimostrano una limitata capacità di controllo dell’epidemia. Si è in presenza di un vero e proprio “buco normativo”, dal momento che anche in Veneto, dove l’ordinanza firmata dal presidente Luca Zaia ha inasprito le regole sulla quarantena per chi arriva dall’estero, la Romania non è inclusa nella lista delle provenienze a rischio. «Le collaboratrici domestiche di nazionalità romena - fanno però notare le famiglie che ora si rivolgono alle autorità regionali - sono la maggioranza, anche in provincia di Pordenone». 


CASI SIMBOLO
Ci sono famiglie, in provincia di Pordenone, che hanno iniziato a mettere in campo una sorta di prevenzione fai da te: pagano il test sierologico privato (circa 70 euro) alla collaboratrice domestica che rientra dal suo Paese d’origine e soltanto una volta ottenuto l’esito negativo consentono il ritorno al lavoro, spesso a contatto con persone anziane e a rischio. Ma una cittadina pordenonese, che ha preferito rimanere anonima, racconta un episodio che non sarebbe isolato negli ultimi giorni. «Dopo aver fatto effettuare a una collaboratrice domestica i test di rito, siamo venuti a conoscenza che la stessa si era recata al lavoro in un’altra abitazione prima di conoscere l’esito dell’esame». Non un reato, perché la quarantena scatta solo in caso di attesa per un tampone diagnostico, e non per un test sierologico privato. Sicuramente, però, una leggerezza che in caso di positività sarebbe potuta costare cara. Alla collaboratrice domestica, ma soprattutto a chi eventualmente avrebbe contratto il virus. 
Ultimo aggiornamento: 08:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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