Pandemia, commercio online e affitti alti fanno "morire" il centro di Pordenone: sempre più vetrine vuote

Domenica 10 Gennaio 2021 di Susanna Salvador
Un negozio chiuso a Pordenone
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PORDENONE - Una passeggiata lungo il ring e nelle strade del centro per toccare con mano la realtà, triste, degli innumerevoli negozi sfitti in città. Da viale Dante lungo viale Marconi fino a largo San Giovanni; da via Cavallotti ai viali Trento e Trieste per arrivare fino a corsi Garibaldi e Vittorio. «Sono una settantina in tutto a macchia di leopardo, senza risparmiare il salotto della città - afferma Giuseppe Verdichizzi nelle vesti di agente immobiliare con 40 anni di esperienza alle spalle, coordinatore provincile di Confedilizia e responsabile regionale delle politiche abitative di Forza Italia -, ma va sottolineato che è un fenomeno che riguarda tutto il Paese». Facendo un passo indietro nel tempo, ricorda la mancata pianificazione per il comparto commerciale con gli incentivi alla nascita dei centri commerciali e conseguenti riflessi negativi sui negozi cittadini e di quartiere. 
LE CAUSE
Perchè ci sono così tanti negozi sfitti in città? I motivi sono diversi, ma «il cambio generazionale è uno di questi - afferma Verdichizzi -; non c’è ricambio familiare o in minima parte e questo ha portato al boom di franchising, finchè durano. Infatti ci sono negozi che hanno cambiato anche dieci volte esercente e attività». Ma l’aspetto più dolente, quello che ha causato più “vittime” anche in questo settore è la tassazione, ovvero il peso del fisco sugli immobili. «Nel 2019 anche le attività commerciali hanno potuto contare sulla cedolare secca al 21% - prosegue Verdichizzi - che ha certamente rimesso in moto il mercato. Ma nel 2020 è stata abolita, nonostante le tante battaglie fatte in questa direzione». Proprio ora che ci sarebbe bisogno di incentivi che contribuiscono anche a dimezzare il sommerso, il “nero”. Gli affitti alti non sono il problema principale, perchè anche a Pordenone molti proprietari li hanno abbassati. «Non va dimenticato che l’80% degli affitti va restituito in tassazione - puntualizza Verdichizzi -. Quindi la fiscalità è il tema essenziale».
IL MORSO DELL’ONLINE
La pandemia ha aggravato ulteriormente la situazione, senza contare che proprio l’emergenza sanitaria ha dato maggior impulso agli acquisti on-line.

Anche chi aveva poca dimestichezza con computer e pc e con l’immenso universo di internet, durante il lockdown ha iniziato a curiosare tra le vetrine virtuali e a comperare non solo oggetti di elettronica, ma anche vestiti, scarpe, trucchi. La cura? Non esistono miracoli, ma Verdichizzi è chiaro: «Il ripristino della cedolare secca sarebbe ossigeno per il commercio. E poi è necessario abolire l’equo canone che da 27 luglio 1978 si abbatte su negozi, capannni e uffici». La pandemia sta cambiando il mondo e porta le persone a riscoprire il piacere del “piccolo” che potrebbe significare anche il ritorno dei negozi di quartiere, delle vetrine sfavillanti in centro città. Un’occasione da cogliere al volo con gli strumenti adatti e gli aiuti consapevoli a proprietari e commercianti.

Ultimo aggiornamento: 12:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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