Dimissioni a rilento, così si saturano i reparti. E la Regione cerca nuovi ospedali Covid

Domenica 1 Novembre 2020 di Redazione
Un reparto Covid

PORDENONE - Cambia l’obiettivo a breve termine: bisogna svuotare gli ospedali. Lo dicono i numeri, diversi da quelli di marzo non solo perché in primavera la progressione era molto più repentina, ma anche e soprattutto per il fatto che oggi il problema si è improvvisamente spostato di reparto: dalle Terapie intensive alle degenze Covid “normali”, che trovano posto nelle Malattie infettive e nelle Pneumologie. Oggi sono affollate da pazienti transitati prima dal Pronto soccorso, che in alcuni casi potrebbero già essere dimessi e sorvegliati in delle strutture alternative, così da dare respiro agli ospedali vicini alla soglia di guardia. Ma ciò non avviene, perché a mancare sono proprio queste strutture. «Ecco perché oggi il nostro obiettivo è quello di svuotare gli ospedali», spiega a chiare lettere il vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi. 
IL PUNTO
A Pordenone, ad esempio, il reparto Covid “normale” accoglie 44 persone. Ieri sono stati messi a punto altri dodici letti in Pneumologia. I lavori sono terminati. Situazione simile a Udine, mentre a Trieste le cose vanno leggermente meglio. Le Terapie intensive improvvisamente sono scese nella graduatoria dei problemi: ora bisogna liberare i reparti di degenza, che rischiano di non tenere. «Il tema dell’appropriatezza dei ricoveri - spiega ancora Riccardi - è diventato più che mai centrale. In questo senso Sacile è un modello: siamo riusciti a compiere un’operazione giusta». E la notizia principale è che questa operazione ora dovrà essere ripetuta - anche in provincia di Pordenone - per sgravare gli ospedali e individuare strutture intermedie in grado di ospitare pazienti positivi ma che non necessitano di cure particolari in corsia. «Dobbiamo avere il coraggio di trasformare alcune strutture - illustra ancora Riccardi - e di intercettare una fascia di popolazione che potrà uscire dagli ospedali». 
IL NODO
Ciò che manca, infatti, oggi è il ricambio. Il flusso di pazienti parte praticamente sempre dai Pronto soccorso, dove si presentano persone che accusano i sintomi del Covid-19. Il ricovero scatta dopo il tampone, e il paziente trova posto nei reparti di Malattie infettive o in quelli adattati per l’emergenza. Non si sta parlando in questo caso di condizioni cliniche critiche. Dove si inceppa il meccanismo? Negli ospedali è saltato il turnover, cioè i pazienti trascorrono in corsia molto più tempo rispetto a quello realmente necessario per veder migliorate le loro condizioni. E così si assiste a un aumento continuo dei numeri legati alle degenze, senza che vi sia un’adeguata quota di dimissioni a pareggiare il conto. «Dalla prossima settimana - assicurano ad esempio dall’ospedale di Pordenone - il ritmo delle dimissioni crescerà». Ma per ora non basta, servono altre strutture per garantire spazi adeguati a chi lascerà il posto a malati più gravi. I posti di Gemona e Palmanova servono proprio a questo, ma ora ci si sta pensando anche nel Friuli Occidentale. 
L’IDEA
«Il contagio si sta alzando - spiega sempre Riccardi - e ogni territorio del Friuli Venezia Giulia può avere bisogno di interventi simili a quelli già messi in campo a Sacile, Palmanova e Gemona.

Vogliamo ridurre al minimo indispensabile le ospedalizzazioni, per garantire il prosieguo delle prestazioni in corsia anche durante l’emergenza ed evitare di saturare i reparti». Creare un polo Covid nuovo (perché di questo si tratterebbe) non è però uno scherzo. Ci va di mezzo anche la politica e le possibili rimostranze di singoli comitati locali che potrebbero mettersi di traverso. Trasformare una struttura, infatti, vuol dire snaturarla almeno per un periodo, privandola delle prerogative classiche e togliendo al territorio un approdo sanitario. Sul tavolo dell’Azienda sanitaria è arrivata anche una proposta concreta: rendere l’ospedale di Spilimbergo un hub per il Covid, una struttura interamente dedicata alla cura della malattia in grado di dare ossigeno all’ospedale di Pordenone. Al momento l’operazione rimane solamente sulla carta, ma se la situazione dovesse peggiorare, si tratterebbe di una soluzione da poter spendere. 

Ultimo aggiornamento: 15:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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