Femminicidio di Aurelia Laurenti, la verità di Giuseppe Forciniti sulla crisi prima del delitto

Giovedì 24 Febbraio 2022 di Cristina Antonutti
I fiori di fronte alla casa di Aurelia Laurenti

Gelosie, ricatti e continue discussioni.

Ci sono volute quasi quattro ore per capire attraverso la verità di Giuseppe Mario Forciniti, l’infermiere di 34 anni a processo per l’uccisione della compagna Aurelia Laurenti, in quale contesto familiare fosse maturato il femminicidio del 25 novembre 2020 a Roveredo in Piano. Il pm Federico Facchin ha scavato sul movente, l’avvocato di parte civile Antonio Malattia ha pungolato Forciniti evidenziando le contraddizioni tra la sua versione e quella fornita dalle amiche della vittima. E la difesa, con l’avvocato Ernesto De Toni, ha consegnato alla Corte d’assise di Udine un imputato vittima dei problemi psicologici e dell’astio di Aurelia.


I CONTRATTI D’AMORE


Ma qual è il vero Forciniti? È l’uomo pacato che racconta di essere stato in balìa dei capricci e delle crisi d’ansia di Aurelia? L’uomo che avrebbe «assecondato ogni sua decisione», che voleva «la pace», che cercava «il dialogo ma lei urlava e io uscivo con il cane»? O il compagno geloso che la pedinava e la tormentava per avere rapporti sessuali? La parte civile ieri gli ha messo tra le mani le copie di un paio di scritti trovati in un cassetto della casa di Roveredo. Una sorta di contratto, datato e firmato per accettazione dalla stessa Aurelia. Un gioco, come ha sottinteso Forciniti? In un caso - nel 2018 - lei si impegnava ad avere rapporti tre volte a settimana, a non compiere atti di autolesionismo e a essere più affettuosa, altrimenti lui le avrebbe tolto Trudy, la maltese che Aurelia aveva tanto desiderato e ottenuto in regalo da Forciniti. «Se non mantieni le promesse - si legge nel foglio - revoco tutto». E Aurelia, per accettazione, firma. Come firma una lettera d’impegni sul comportamento da tenere quando andava sui social, altrimenti basta iPhone, si sarebbe tornati al telefonino senza internet.


LA CRISI


È al pm che Forciniti spiega l’inizio della crisi fino all’escalation del 25 novembre 2020, quando per una foto pubblicata su Instagram si è arrivati alla discussione culminata con 19 coltellate. Tutto sarebbe cominciato nel 2018, dopo la nascita del secondo figlio. Aurelia - ha spiegato l’imputato - era molto ansiosa. Quando lavorava dal Compro oro in piazza Risorgimento a Pordenone, ad esempio, era sempre tesa, sentiva il carico di responsabilità, tanto che un giorno fu accolta in codice rosso in Neurologia. «Il medico disse che per loro era un fattore psicologico», ha riferito evidenziando che in ospedale le somministravano lo Xanax. Dal suo racconto emerge il ritratto di una donna fragile e bisognosa d’aiuto: «Durante le nostre discussioni sbatteva la testa contro il muro e si torceva le mani». Quando gli è stato chiesto se era stata portata da un medico, ha risposto di no, perché «lei non voleva». Crepa dopo crepa, la situazione nel 2020 è andata «sgretolandosi, non si andava più d’accordo».


LE BOTTE


Nell’estate 2020 vivevano da separati in casa. «Le dissi che bisognava trovare una soluzione: se non vuoi più rapporti come me è una tua scelta, ma non puoi obbligarmi a fare lo stesso a 30 anni». Alludeva a relazioni con altre donne. «Mi disse, trovatene una, anche cento, non mi interessa nulla». È il clima in cui ad agosto preparano la vacanza in Calabria, dai genitori di Forciniti. «Due o tre giorni prima della partenza - ha raccontato l’imputato - sono tornato alle due di notte. In casa era buio, faccio le scale e mi sento aggredire da dietro con un bastone. Scappo in camera e lei con il mattarello in mano me ne ha date tante». E le lesioni che aveva al volto Aurelia tornati dalla Calabria? «Giuro, non l’ho toccata, se l’è procurate sbattendo la testa contro la testiera del letto a castello».


L’ULTIMO PERIODO


A settembre Forciniti incontrerà per caso l’avvocato Rosanna Rovere in centro a Pordenone. «Le dissi che dovevo parlarle - ha raccontato - Mi diede il numero, ma non l’ho mai chiamata, perché mio figlio mi scrisse una lettera: “papà non mollare adesso”... e sinceramente non me la sono sentita di abbandonare il bambino». Ha ribadito di non aver mai minacciato Aurelia. Al contrario, di aver subito minacce: «Mi disse “fai quello che vuoi, io primo a poi ti uccido”. Cercavo il dialogo, nel novembre 2020 le chiesi che cosa voleva per il compleanno, mi rispose “una corda così ti impicchi”». Ma il 25 novembre, nel giro di pochi secondi, è Aurelia a cadere sotto una furia omicida che Forciniti dice di non ricordare. «Una disgrazia», ha ribadito ieri dopo aver descritto, alla precedente udienza, la prima e unica coltellata che ricorda, come un gesto imputabile ad Aurelia durante la colluttazione.

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