PORDENONE - Altro che Milano, Pordenone è decisamente più avanti. E se la “capitale” lombarda nel 2024 avrà una città dove le auto non potranno superare i 30 chilometri all’ora, il capoluogo del Friuli Occidentale potrebbe arrivarci subito dopo, ma decisamente con più carte in regola.
LA SITUAZIONE
Ma si può dire di più. Già, perché tornando in bomba all’esperienza di Pordenone, realizzare una “zona 30” con tutti i crismi, costa. E ora che tutte le materie prime sono rimbalzate e sono rimaste in alto, costa ancora di più. Quanto? Almeno 450 - 500 mila euro e un quartiere di circa 4 mila residenti. La cifra è parametrata sul quartiere di Torre Nord e Sud, dove a fronte di circa 15 - 16 mila residenti, ci sono più o meno 8-10 mila che vivono nell’area a 30 chilometri. Non a caso Pordenone di “zone 30” oltre a Torre può contare anche l’area di San Gregorio (pur non completa) e quella sempre a Torre che delimita via di Ragogna.
IL FUTURO
«Per quanto ci riguarda - spiega l’assessore alla Viabilità, Cristina Amirante - sul Pums, il piano della mobilità cittadina - è scritto nero su bianco che Pordenone andrà a formare una grande e compatta zona 30. Se si escludono una dozzina di strade che sono fondamentali per l’entrata e l’accesso in città e sono poi di raccordo con il resto delle vie e il ring il cui scopo è quello di facilitare la mobilità, tutto il resto della città, pur se in maniera graduale, sarà a 30 chilometri l’ora. Tre aree sono già terminate, le altre andremo avanti man mano che saranno reperiti i finanziamenti parte dei quali potrebbero arrivare dal Roma e dall’Europa».
DOVE SI CORRE
A 50 all’ora resteranno invece via Nuova di Corva, viale Treviso, via Udine, viale Libertà, viale Grigoletti, via Montereale e ovviamente le strade del ring. Tutte le altre vie rientreranno, invece, nella nuova filosofia che dovrà essere attenta agli utenti deboli della strada, biciclette e pedoni, ai bambini che vanno a scuola e agli anziani che hanno le loro necessità.
COSA SERVE
«Una zona 30 che si possa effettivamente chiamare in questo modo - va avanti l’assessore Amirante - ha bisogno di investimenti. Per prima cosa, se ci sono, vanno messe in sicurezza tutte le piste ciclabili, poi vanno realizzati i marciapiedi, oppure delimitati con dei paletti i passaggi per i pedoni. Non è finita. Nelle aree dove ci sono gli incroci - spiega ancora l’assessore alla Viabilità - vanno piazzate le piattaforme rialzate che evidenziano l’incrocio e fanno rallentare la velocità agli automobilisti. Servono poi delle vere e proprie “porte di ingresso” nelle zone 30 con una segnaletica chiara e ben visibile, sia in entrata che in uscita. Per rallentare poi la velocità soprattutto nelle zone residenziali e nelle strade diritte, vanno ridisposti i parcheggi in modo che sin incrocino tra loro e costringano chi arriva in auto a rallentare. Se questo non è possibile è necessario allora inserire delle barriere che limitino la velocità. Ultimo, ma non certo per importanza, la realizzazione dei dossi, fondamentali per mettere in sicurezza le strade. È naturale che interventi come questi siano costosi, ma a quel punto la zona 30 non ha neppure la necessità di essere controllata dai vigili urbani perchè le opere fatte limitano automaticamente la velocità a 30 chilometri l’ora».
GLI INCIDENTI
«Dove abbiamo introdotto le zone 30 - conclude l’esponente dell’esecutivo - non solo non abbiamo ricevuto alcuna protesta da parte dei residenti, ma anzi in molti hanno espresso soddisfazione per i risultati raggiunti. C’è molta più mobilità a piedi e in bicicletta e di fatto in quelle tre zone si sono azzerati gli incidenti. In ogni caso è evidente che se c’è un impatto a 30 all’ora, magari in frenata, le conseguenze, salvo rarissimi casi, sono decisamente minori. I tempi per avere l’intera città a zona 30? Qualche anno».