Imprese cercano disperatamente settemila tecnici e non li trovano

Mercoledì 21 Novembre 2018
Imprese cercano disperatamente settemila tecnici e non li trovano
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PORDENONE - Nei prossimi cinque anni il sistema industriale pordenonese avrà bisogno di oltre settemila figure professionali tecniche. Periti meccanici, esperti meccatronici e tecnici dell'information tecnology. Professionalità che il mercato del lavoro locale non sarà in grado di fornire. E che fornirà - grazie agli istituti tecnici e all'Its Kennedy con i suoi corsi post-diploma proprio nell'ambito dell'Information technology - solo in minima parte rispetto al fabbisogno delle aziende. E questo mentre nel nostro territorio restano una cosa come ottomila disoccupati iscritti alle liste dei Centri per l'impiego. È questo quello che in gergo viene chiamato mismatch, cioé lo sfasamento, la mancata corrispondenza tra le esigenze di manodopera tecnologica e digitale di cui le imprese hanno sempre più fame e la disponibilità di manodopera disoccupata che però non ha le competenze e la formazione che servirebbe.
 
Un enorme paradosso che nel prossimo quinquennio rischia di frenare la crescita e lo sviluppo di quelle aziende che hanno necessità di tecnici manutentori e conduttori di impianti.
LA STIMA
La stima è stata fatta da Unindustria Pordenone - sulla base dei dati della banca dati nazionale Excelsior - e comprende i settori delle metalmeccanica e dell'information technology. In realtà mancano dalla conta altri settori, come quello del legno-arredo, della plastica e della chimica. «Le competenze che serviranno - precisa Paolo Candotti, direttore generale di Unindustria - riguardano in particolare i ruoli di tecnici nelle industrie 4.0: operai specializzati e conduttori delle macchine operatrici. Il territorio, con alcuni istituti superiori e post-diploma come l'Its, ne forma circa 70 all'anno. È chiaro che non sono sufficienti per il prossimo futuro. Anche se già oggi in realtà diverse aziende faticano a trovare le competenze di cui hanno bisogno. Una situazione - sottolinea Candotti - che nel prossimo quinquennio rischia di frenare lo sviluppo e la crescita delle imprese dei settori più all'avanguardia che devono cercare fuori territorio il personale». Eppure nel territorio ci sono oltre ottomila disoccupati, possibile che non si riesca a incrociare domanda e offerta. «Spesso purtroppo - aggiunge il direttore di Unindustria - il problema è duplice: le scuole tecniche e gli l'Its Kennedy, i cui corsi sono come quelli universitari, non sfornano tutti gli esperti che servirebbero. E tra i disoccupati non ci sono le competenze e le professionalità necessarie a ricoprire quei ruoli che le imprese ricercano ormai come ossigeno».
LA CONTRADDIZIONE
Ma non è che non si trovano perché si fanno contratti a tempo o sono pagati poco? «Nella meccanica di precisione e nell'automotive - replica Candotti - gli stipendi di ingresso dei giovani tecnici, inquadrati nel contratto metalmeccanico al 4. o 5. livello, variano da 1.500 a 1.700 euro. E le figure più pregiate, come manutentori o conduttori di impianti, superano i 2.000 euro». Come uscire, allora, da questa contraddizione? «C'è solo un modo: agire sull'orientamento delle famiglie e sui ragazzi fin dalle scuole elementari e medie. È necessario uscire dal classico schema, duro a morire, che i ragazzi più bravi vanno al liceo, quelli un po' meno negli istituti tecnici e gli altri nei professionali. La conseguenza della liceizzazione e che poi tutti vanno all'università e molti scelgono facoltà non tecniche. Quello che le famiglie devono capire è che fare i tecnici e gli operi non è una sconfitta, anzi. E quindi diventa cruciale scegliere la scuola più opportuna».
Davide Lisetto
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Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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