Andrea non ha più le mani: «Schiacciate dalla pressa, ero sicuro che sarei morto»

Lunedì 10 Ottobre 2022 di S.C.
Il convegno a Fiume Veneto

PORDENONE  - Dietro ai glaciali numeri degli incidenti sul lavoro, un'immensa umanità fatta di chi l'ha vita l'ha persa e chi si è trovato a ricucirla pezzo per pezzo, ricostruendo una nuova esistenza.

Non tutte le aziende sono come la Claber che ieri ha ospitato la 72esima Giornata delle vittime degli incidenti sul lavoro, organizzata dall'Anmil e ha realizzato il Family safety day, dove tutti i dipendenti e familiari dei lavoratori hanno potuto osservare i sistemi di sicurezza, come ha spiegato Francesca Spadotto nel Cda della realtà produttiva con stabilimenti in Europa, Asia, Americhe, rilevata da Oliviano Spadotto e Claudio Bertolo (da qui l'acronimo Claber) oltre 50 anni fa e guidata oggi dal figlio Gian Luigi.

Andrea Lanari è salito con il nodo alla gola sul palco organizzato all'interno dell'azienda di irrigazione. «Avevo 35 anni ha detto dovevo fare un collaudo, quando ho inserito la lamiera nello stampo, ho sentito una violenta scossa, le mani schiacciate, aspettavo di farla finita, una morte per dissanguamento, poi è prevalso il desiderio di tornare da mio figlio di sei anni e da mia moglie incinta al terzo mese».
La vita l'ha messo a dura prova. Ora è un giovane che va nelle aziende e nelle scuole come testimone, affinché non accada più. Ma cosa ha salvato Andrea? L'incontro con un invalido del lavoro dell'Anmil che gli ha mostrato le protesi. «Ringrazio l'Inail ha riferito Lunari che mi fornisce dispositivi di alto livello. Dopo 9 anni, ancora imparo ad usare le mie nuove mani». Giusi Fasano, giornalista del Corriere della sera ha pubblicato Ogni giorno 3, edito dalla Rizzoli, presentato sabato alla casa dello studente di Fiume Veneto e ieri ha ricordato quanto anche per i famigliari la narrazione possa essere terapeutica.


Fasano entra nelle scuole per riferire di morti orribili, amputazioni, voli da impalcature e forze dell'ordine che bussano alla porta dei famigliari. Lo fa come se la vittima potesse essere viva e raccontasse quanto accaduto, con estrema sensibilità. Alla voce narrante si alterna la cronaca giudiziaria, i processi. Troppo lunghi. Così non è giustizia. Perché quei morti alle aziende che non fanno prevenzione, costano caro. «Non ero stato formato per il collaudo dello stampo chiarisce Andrea Lanari il macchinario e la pressa erano sprovvisti dei sistemi di sicurezza. Nulla era normale, non lo ero più neanch'io quando sono tornato dall'incidente. Mi sono chiesto cos'avrei fatto senza mani». Andrea a casa è tornato e ha riiniziato a vivere con l'aiuto dell'Anmil e dell'Inail. Ma ieri a Fiume Veneto non c'erano Simona Trapani, scomparsa esattamente sette anni fa in un incidente in itinere sulla Pontebbana a 23 anni, Marco Celant, alpino di Fiume Veneto di 38 anni, padre di due bimbi di 2 e 4 anni, schiacciato l'anno scorso dal muletto che stava manovrando in un'azienda a San Vito al Tagliamento e nemmeno Lorenzo Parelli, 18 anni di Castions di Strada. Non aveva terminato la scuola quando una trave d'acciaio ha interrotto la passione per la meccanica, il calcio, le moto. La vita. I genitori di questi giovani si sono fatti forza ed erano presenti tra il pubblico ieri.


Hanno sofferto al racconto di Andrea quando ricordava il suo incidente che gli aveva fatto perdere le mani e quando al presidente dell'Anmil, Zoello Forni, a soli 15 anni, è stata amputata la gamba. Non esiste un metro per misurare il dolore. Infinito come la perdita di un figlio. «Non ci sono parole, non ci sono abbracci, sguardi amorevoli. E' come se il tempo si fosse fermato intrappolato nell'ingranaggio infernale». Mamme e papà devono andare avanti, spinti dal desiderio di fare qualunque cosa, perché non accada mai più.

 

Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 12:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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