Positivi asintomatici al lavoro? Gli infettivologi: «Meglio tagliare i tamponi»

Mercoledì 13 Luglio 2022 di Loris Del Frate
Covid, la proposta è di far lavorare i positivi asintomatici
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Il Friuli Venezia Giulia sul fronte del Covid è sempre stato un passo avanti rispetto ad altre regioni. Primo ad avere introdotto i vaccini nelle fabbriche, primo a ricoverare i positivi nei reparti e non nei padiglioni Covid e ora vuole essere il primo anche su un fronte difficile da conquistare: mandare al lavoro i positivi asintomatici e pauci sintomatici. La spinta è arrivata da un professionista che ha un lungo pedigree e che da sempre ha cercato di anticipare le malattie anzichè subirle, Lucio Bomben direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asfo. Bomben è stato chiaro: se l’Istituto di sanità ha sdoganato i tamponi fai da te che si possono utilizzare in casa ha di fatto permesso al virus di correre. Da qui la conseguenza: chi è positivo e non ha sintomi ha un carica virale bassa e con le dovute cautele e con le protezioni (mascherina, distanziamento e lavaggio delle mani) può lavorare. Soprattutto il personale medico e infermieristico che a questo ritmo di contagi rischia di lasciare ampi vuoti nei reparti. Ma la stessa cosa vale per le fabbriche e gli altri posti di lavoro.

GLI INFETTIVOLOGI

C’è subito da dire che la proposta lanciata dal medico pordenonese non ha trovato porte chiuse tra gli infettivologi di Udine e Pordenone che, pur con sfumature diverse, hanno più o meno alzato la paletta verde. «Possiamo dire -spiega Carlo Tascini, primario del servizio ospedaliero di Udine - che oggi il virus è meno cattivo. La percentuale dei ricoveri è ben sotto il 10 per cento e sono rare le polmoniti che invece una volta colpivano una fetta significativa delle persone malate di Covid. C’è da aggiungere che per avere l’esatta fotografia di quello che sta accadendo oggi non possiamo continuare a basarci solo ed esclusivamente sul numero dei contagiati che - visto che il virus corre - è sicuramente importante. Se guardiamo, però, agli effetti, possiamo dire che è più o meno come una influenza. Sfido chiunque a dirmi che si faceva il tampone per l’influenza. Noi clinici - è andato avanti - siamo concordi nell’affermare che la malattia ora è da declassare perchè non è più grave e quindi a chi non ha sintomi non si fanno tamponi. È una questione di buon senso. I medici di medicina generale e quelli ospedalieri monitoreranno, come si fa con l’influenza, casi, gravità e situazione ospedaliera: se dovessero tornare dei picchi di ricoveri allora si potrà sempre attuare le misure protettive». Chiaro che se non si fanno i tamponi agli asintomatici, non si trovano positivi.

IL DISTINGUO

L’infettivologo dell’Asfo, il pordenonese Massimo Crapis, è più o meno sulla stessa lunghezza d’onda del collega, ma con un distinguo. «Penso che non sia ancora arrivata l’ora di sdoganare tutto. Ritengo che se a una persona viene fatto il tampone e riscontrata la positività c’è ancora la necessità di mandarlo in isolamento, anche se c’è da dire che il livello di diffusione del virus è tale che fa poca differenza. È però una questione psicologica, non si può dare il via libera a tutto. È ancora un concetto fuorviante. Casomai - va avanti - ha molto più senso non fare i tamponi ai soggetti asintomatici e pauci sintomatici (poca tosse, due linee di febbre e altri piccoli sintomi ndr.) perchè questo consentirebbe di evitare i grandi numeri spesso inutili vista la maggioranza dei casi non preoccupanti. Penso che questa sia la strada da percorrere».

LE DECISIONI

Difficile pensare che possa arrivare una decisione che tolga l’isolamento a chi è trovato positivo anche se asintomatico, almeno per ora, però limitare i tamponi solo a chi ha sintomi è una strada percorribile.

La Regione potrebbe essere la prima anche su questo fronte.

Ultimo aggiornamento: 17:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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