Rivoluzione in Friuli: «In reparto solo chi è davvero malato di Covid». Ecco quali sarebbero i "veri" numeri

Mercoledì 29 Giugno 2022 di Marco Agrusti
Un reparto Covid

Ci si muove tra una marea di strettoie: norme nazionali, protocolli interni alle singole strutture sanitarie, direttive europee.

C’è di tutto. Ma a vincere è un desiderio, che in queste ore sta guidando un’operazione delicata messa in cantiere dalla Regione. Il desiderio, nel dettaglio, è questo: non si può di nuovo bloccare gli ospedali, è già stato perso troppo tempo a causa della pandemia. Basta operazioni chirurgiche rinviate, visite mediche saltate, liste d’attesa infinite per colpa del virus. Si deve cambiare registro anche di fronte a una nuova ondata. Per farlo, però, bisogna “forzare” un protocollo nazionale che resiste ormai dai primi giorni della pandemia e che prevede che tutti i pazienti positivi al Covid vengano isolati - negli ospedali - nei reparti dedicati alla pandemia. E questo indipendentemente dalla patologia alla base del ricovero. La task force del Friuli Venezia Giulia, riunita a ciclo continuo ormai da due giorni, sta lavorando esattamente a questo, a una rivoluzione in corsia che sarebbe davvero in grado di far cambiare pagina rispetto alla gestione della pandemia degli ultimi 24 mesi. 


IL LAVORO


Attorno al tavolo ci sono tutti, dal vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi al leader del team di esperti, l’epidemiologo Fabio Barbone. Il mantra, ripetuto ieri mattina da Riccardi, è uno solo: «Non possiamo di nuovo paralizzare la chirurgia - dice seccamente - e penalizzare la ripresa delle attività ospedaliere». Nonostante l’aumento dei contagi e dei ricoveri (sul secondo fronte ieri si è registrata però una controtendenza, quindi un lieve ribasso), quindi, non si procederà alla creazione di nuovi reparti Covid. Anzi, se dovesse passare la linea della quale si sta discutendo in queste ore, si assisterebbe addirittura ad un corposo svuotamento dei reparti Covid stessi. Anche di quelli esistenti e funzionanti. Sì, perché il metodo è quello per il quale “tifava” qualche giorno fa il direttore generale dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale Giuseppe Tonutti: solo chi è davvero malato di Covid (accusando quindi tutti i sintomi legati esclusivamente alla malattia portata dal Coronavirus) deve rimanere nei reparti dedicati alla pandemia. I pazienti solo positivi al tampone ma malati di altro, invece, devono rimanere nei rispettivi reparti di competenza. E gli ospedali devono continuare a lavorare. Con accortezze, ma continuare a lavorare. 


IL METODO


La “battaglia” è forte di un dato di partenza, confermato ieri mattina dallo stesso vicepresidente Riccardi. Attualmente, in Friuli Venezia Giulia, solo il 20 per cento di tutti i pazienti che si trovano in ospedale con un tampone positivo è davvero affetto dal Covid. L’80 per cento che resta ha scoperto la positività al momento dell’accettazione. Ma non ha alcun sintomo. Nel frattempo, però, con le regole attuali è costretto a restarsene nel reparto Covid, come se avesse la polmonite. Ed è questo aspetto che ora il Friuli Venezia Giulia sta provando a cambiare radicalmente. 


IL PERCORSO


Gli stessi componenti della task force ammettono a microfono spento di star «camminando sulle uova». Si tratterebbe a tutti gli effetti di forzare una consuetudine che si è fatta norma e protocollo. Per questo il vicepresidente Riccardi sta provando a parlare anche con le altre Regioni, in modo tale da creare un “cordone” tra assessori alla Salute e quindi di essere più forte di fronte a una possibile reazione negativa da parte delle autorità sanitarie centrali. Ma la strada è tracciata: se la linea passerà, un paziente solo positivo rimarrà sì isolato, ma nel reparto in cui era prima. Senza mettere sotto pressione gli ospedali. 

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