Coronavirus, la seconda ondata causa più del doppio dei morti della prima in Fvg. I ricercatori studiano il Covid super-aggressivo

Lunedì 14 Dicembre 2020 di Marco Agrusti
Una terapia intensiva

PORDENONE E UDINE - Il contagio è più diffuso, numericamente e a livello territoriale. Non c’è stato un vero lockdown, al massimo una zona arancione che prevedeva comunque la possibilità di spostarsi all’interno del comune di residenza. Ma non basta la combinazione tra questi due fattori per spiegare il dato più spaventoso del ritorno di fiamma della pandemia: in Friuli Venezia Giulia i decessi causati (anche) dal Covid nella seconda ondata sono quasi il triplo rispetto a quelli registrati da febbraio a fine agosto, cioè nel periodo che statisticamente è identificato come “prima ondata”. E ora il confronto è finito anche sui vetrini dei microscopi del Burlo Garofolo di Trieste, dove sin da fine febbraio si cerca di “interrogare” il virus e di farlo “parlare”. Gli specialisti vogliono capire perché nella seconda ondata si muore notevolmente di più. Nel frattempo parlano le cifre, che dicono anche che rispetto alla primavera, il numero delle vittime registrate fuori dalle case di riposo si è impennato rispetto alla prima ondata. 
I DATI
Il 7 marzo 2020 un’anziana di Trieste muore in Terapia intensiva all’ospedale di Cattinara. È il primo decesso causato dal Covid in regione. Da quel giorno al 31 agosto, cioè in tutta la prima ondata, ne arriveranno altri 347. Età media dei decessi, 82,5 anni. Nell’80 per cento dei casi, nei pazienti erano presenti due o più patologie; tra le più comuni, ipertensione e diabete. All’interno delle case di riposo toccate dal contagio durante la prima ondata, sono stati registrati 152 morti, cioè il 43,6 per cento del totale. Quasi la metà dei decessi tra marzo e agosto, quindi, è avvenuta nelle residenze protette. L’età avanzata, le difficili condizioni di salute degli ospiti, la poca conoscenza di un virus nuovo, che si pensava “cinese”. Ecco come si provava a spiegare, in primavera, il tasso di mortalità all’interno delle case di riposo. Tutte convinzioni spazzate via dalla seconda ondata, che senza chiusure totali e con un livello di contagio molto più alto ha ridefinito i criteri interpretativi della pandemia. Da inizio settembre ad oggi, infatti, sono morte in Fvg 885 persone, notevolmente più del doppio rispetto a quelle che avevano perso la vita in primavera. Nelle case di riposo il Covid ha tolto la vita a 196 cittadini, una percentuale sul totale dimezzata rispetto alla prima ondata. Oggi, infatti, il 78 per cento dei decessi avviene fuori dalle residenze protette, mentre l’età media è rimasta simile, attorno agli 80 anni con più di una patologia pregressa. All’interno delle case di riposo, durante la prima ondata la mortalità correlata ai contagi era stata del 22,5 per cento (i picchi a Zoppola con 18 morti, ma anche a Paluzza con 16 e a Mortegliano con 19), mentre oggi è scesa al 7,7 per cento (a Tolmezzo, 27 vittime, il bilancio più pesante). Questo principalmente grazie a una più mirata azione di monitoraggio, un fattore praticamente inesistente in primavera. Basti pensare che in autunno i positivi tra gli ospiti sono schizzati a quota 2.528 mentre durante la prima ondata si erano fermati a quota 676. 
LO STUDIO
Al Burlo di Trieste si cerca di capire perché il Covid d’autunno sia più mortale rispetto a quello primaverile.

Lo studio è coordinato con i tre reparti di Terapia intensiva della regione (Udine, Trieste e Pordenone) e i primi risultati non sono confortanti: nei poli di Rianimazione i pazienti con più di 80 anni di età sopravvivono in misura minore rispetto a quanto avveniva in primavera. Le analisi puntano a scovare eventuali piccole mutazioni del virus oppure la presenza di una carica virale più alta, che provocherebbe più danni in caso di infezione. Si procede per tentativi, come avvenuto quando si testavano farmaci come il Remdesivir o la Clorochina. Tentativi tutti falliti. 

Ultimo aggiornamento: 15:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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