Monica Vanali, dalle Galline padovane al successo tv. «L'intervista indimenticabile? A David Beckham»

Monica Vanali è partita dall'Arcella per diventare uno dei volti più noti della tv

Mercoledì 1 Marzo 2023 di Gabriele Pipia
Monica Vanali

PADOVA - «Non ho mai amato troppo parlare della mia vita. Sono sempre stata abituata a fare interviste, non ad essere intervistata». Monica Vanali ci scherza su, ma basta nominarle la sua vecchia Padova per farle brillare gli occhi e convincerla a raccontarsi.

La più nota giornalista sportiva Mediaset è partita nei primi anni Novanta dall’Arcella per arrivare agli stadi più prestigiosi del mondo, inviata al seguito della nazionale.

Partiamo dall’inizio...
«Giocavo a pallavolo in serie C ma ero talmente appassionata di calcio che mi ero iscritta al club delle Galline Padovane per seguire il Padova. Lì ho conosciuto i giornalisti Fantino Cocco, Paolo Donà, Gianadolfo Trivellato: hanno creduto in me e devo tanto a loro».

Da Padova a Milano. Come?
«È partito tutto da un Monza-Padova di Coppa Italia, ero lì da collaboratrice del Gazzettino. Per Telelombardia c’era Carlo Pellegatti che aveva bisogno di un giornalista padovano diverso dagli altri da intervistare. Andai io, mi vide Mediaset e mi chiamarono per un provino. Era dicembre 1991, avevo 21 anni».

Cosa ricorda di quel provino?
«Sentivo che alle candidate prima di me facevano ripetere più volte la prova. Io entrai in sala e dissi a microfono aperto: “Ve lo dico subito: o la va o la spacca. Io non ripeto, ho un treno per Padova”».

Andò alla grande...
«Mi chiesero solo di alzare gli occhi verso la telecamera, perché ero timida. Alla fine Enrico Mentana mi rincorse fuori: “So che hai un treno che ti aspetta, sappi che mi farò sentire”. È iniziata così».

I grandi successi di Studio Sport e Controcampo, ma anche “Serie A” con il flop di Bonolis...
«Lavorare con Bonolis fu una bella esperienza, ma lui veniva dallo spettacolo e pensava di poter prendere in giro lo sport. È una cosa che non si può fare».

Gli ascolti bassi, l’addio di Bonolis e lei conduttrice solitaria per una puntata. Si illuse di avviare una nuova carriera?
«Tutti mi fecero i complimenti ma io per indole sono un’inviata. Quando scelsero Mentana come sostituto di Bonolis io gli parlai chiaro: “Enrico, tu conduci e io però ti faccio l’inviata. Non mi metto a leggere le schedine”. Lui sorrise: “Lo so Monica, ti conosco, non lo farei mai”. Ho sempre voluto scindere la figura della velina da quella della giornalista».

C’è mai stata possibilità di fare altro?
«Mi voleva Emilio Fede per il Tg4. Ma ero appena arrivata a Milano per lo sport e dissi no. Lui non era abituato ai rifiuti. Non mi parlò per due anni».

Ha fatto mille trasferte. Un momento che non scorderà mai?
«L’arrivo in Israele con la nazionale. Ci trovammo i Caccia militari accanto al nostro aereo».

L’intervista indimenticabile?
«David Beckham a Londra. Era un gran figo ed era gentilissimo, accanto aveva Victoria che gli controllava i vestiti e ogni dettaglio. Mi veniva da ridere».

Lei ha sempre tenuto molto alla sua privacy. Si sa solo che ha un compagno chirurgo...
«Sì, ci tengo molto e vivo fuori Milano proprio perché non mi è mai piaciuto frequentare certi ambienti».

Ma a Milano si sarà divertita pure lei...
«Eccome. Rientravo dalle trasferte serali e andavo all’Hollywood facendo le 4 di notte in discoteca con amici e calciatori, ma su di me non è mai uscito nulla».

Corteggiamenti dei calciatori?
«Sì e sono belle situazioni, ti senti apprezzata. Adesso però tanti sono davvero piccini, potrebbero essere i miei figli. Un giorno Bernadeschi mi ha salutato: “Buongiorno signora Monica”. Gli ho risposto azzannandolo: “Signora Monica a chi? Berna, vai avanti sennò ti do un calcio”. Ridevano tutti».

Veri rapporti di amicizia nel calcio?
«Soprattutto con i francesi. Con Didier Deschamps durante l’ultimo mondiale è stato tutto un messaggiare».

Chi vorrebbe intervistare?
«Mi mancano Lukaku e il Papa. Sì, lo so, il Papa ormai lo stanno intervistando tutti. Dico Lukaku, una persona che arricchisce. Ci andrei anche a cena».

Progetti futuri?
«Tornare un giorno a vivere a Padova, dove ho la sorella e i miei nipoti. Questo lavoro a livello sentimentale mi ha tolto tanto. Non è facile avere famiglia».

È un rimpianto?
«Forse avrei potuto mollare un pochino il lavoro e dedicarmi di più alla famiglia, ormai l’idea dei figli l’ho messa da parte. Ma arrivata a Milano a 21 anni mi sono trovata in un tritacarne. Fino ai 40 non potevo allentare un secondo, poi dai 40 ai 50 anni è stato un attimo. Seguire la nazionale per un giornalista sportivo è il clou della carriera: se quella grande possibilità arriva a 43 anni, che fai?».

Lei ha accettato...
«Sì, è stato un vortice bellissimo ma il tempo è passato senza nemmeno rendersene conto. Ecco perché per rallentare ho bisogno della mia Padova».

Ultimo aggiornamento: 16:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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