Piazza Insurrezione, il soprintendente Tinè: «Ci sono reperti archeologici, no al parcheggio interrato»

Venerdì 8 Marzo 2024 di Mauro Giacon
Vincenzo Tinè

PADOVA - Una città è un insieme di stati d’animo. Quello dei commercianti è che per risolvere i loro guai ci voglia un parcheggio sotterraneo da 300 posti in piazza Insurrezione. Ma bisogna fare i conti con la realtà. Lì sotto ci sono sette strati di storia. Dal Neolitico ai paleoveneti, dall’epoca romana al Medioevo, dal Rinascimento alla seconda guerra mondiale. 
Ci hanno pensato e provato in tanti negli ultimi 40 anni, poi hanno lasciato perdere. Troppo alto il rischio archeologico per le imprese, con la beffa di dover bloccare tutto nel bel mezzo dello scavo.
Sulla questione interviene il soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio sull'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, Vincenzo Tiné.

Soprintendente qual è lo stato dei fatti?

«Vorrei premettere che sulla decisione finale la Soprintendenza non c’entra, è una cosa che farà la politica e su questo aspetto l’orientamento del Comune ancora non è chiaro.

Il tema per quanto ci riguarda è restituire la piazza alla sua funzione di piazza, togliendo le macchine a vista. In questo ambito abbiamo sviluppato ulteriormente con il Comune lo studio di archeologica preventiva fatto in occasione della prima idea di un silos, negli anni duemila, fra l’altro coinvolgendo lo stesso architetto di allora».

E dunque?

«Siamo nel centro nevralgico della Padova paleoveneta quindi ci aspettiamo molti reperti, cosa che rappresenta un rischio notevole per un investimento economico. Pensi al tempo perso se si dovesse bloccare l’opera per anni. Lo studio dei dettagli sui livelli inoltre ha chiarito che fino a due metri ci aspettiamo le macerie dei palazzi rinascimentali e moderni che sono stati abbattuti. Quindi fino a quel livello l’unica soluzione per noi è un seminterrato, due metri sotto terra e uno sopra (quindi un solo piano di parcheggi alzando la quota della piazza di un metro ndr). E sulla superficie un giardino, per restituire alla città una piazza verde. Soluzione non so quanto appetibile perchè va a replicare la situazione attuale fra l’altro con capienza ridotta perchè dovremmo inserire le rampe di accesso e uscita. Però dal punto di vista della Soprintendenza ci sarebbe una piazza al posto di un parcheggio».

Se si dovesse scavare di più?

«L’idea di scendere ha un rischio archeologico molto elevato. Dai meno 2 ai meno 6 metri sappiamo già che ci sono resti strutturati di età romana e paleoveneta. Ci sarebbero alti costi per riportarli alla luce e rischio di infattibilità dell’opera. Se trovassimo una villa romana o mosaici o un tempio paleoveneto vorrebbe dire che si è partiti dall’idea di fare un parcheggio e arrivati a un museo archeologico permanente, cosa di cui sarei molto felice. Ma vede, se già per i sottoservizi del tram ci sono delle difficoltà...».

Eppure i commercianti insistono...

«Ebbene io sono convinto che vanno preservati i negozi storici che sono una peculiarità di Padova e un suo patrimonio culturale, dal centro alle botteghe del Salone. Da questo punto di vista la città è un’eccezione miracolosa. Quasi tutte le altre vedono il centro desertificato dai negozi e il pubblico nei centri commerciali fuori. Dunque è un tema da sviluppare quello dei parcheggi perchè i negozi non si convertano in bar e ristoranti, trasformando il cuore di Padova in un mangificio. Facciamo dunque qualcosa per un commercio di qualità che abbia ripercussioni sul cittadino e sul turismo. Padova è in tempo per interrogarsi su questa deriva».

Cambiando argomento. L’edificio della nuova Pediatria si staglia con un grande impatto urbanistico sull’area. Che ne pensa?

«È lievitata dalle previsioni di progetto. Ormai siamo al tetto ma ho chiesto che venga attuato un diaframma che separi l’impatto della facciata dal contesto delle Mura. La proposta inoltrata, molto economica, non mi è piaciuta. Attendo l’idea di un portico vetrato trasparente e di altre opere compensative in quell’area che è parte integrante del Parco delle Mura. Non vorrei che rimanesse solo il blocco di cemento».

A proposito, il Comune sta lavorando molto per riportare le Mura all’attenzione della città. Come giudica l’intervento?

«C’è una forte attenzione da parte delle associazioni locali sulla rinascita delle Mura. È un elemento positivo questo interesse, una grande risorsa sociale. Adesso le Mura erano nascoste invece sono diventate un tema forte, il Comune le sta mettendo a posto con una nuova illuminazione. E ne faranno parte Pediatria e Prandina con percorsi mirati».

In via Orus vicino alla Golena San Massimo si installerà una macchina prodigiosa la risonanza magnetica a 7 Tesla. Ma il rischio archeologico potrebbe farla emigrare a Padova est. Qual è la situazione?

«Dalle informazioni che abbiamo non ci sono ostacoli. Lo scavo fatto con l’archeologia preventiva è stato favorevole».

Come stanno andando gli studi sulla statua del Gattamelata al Santo?

«Per aprile concluderemo la fase diagnostica microinvasiva affidata all’Università di Padova con il carotaggio del basamento e prelievi di materia. Il costo a cura del ministero è di 100mila euro. Una volta che avremo tutti i dati sullo stato di salute della statua elaboreremo il progetto (altri 50mila euro). A quel punto sapremo cosa va fatto e quanto costa. Mi auguro che in quel momento anche la città voglia rispondere sostenendolo in qualche modo».

Venendo ai progetti moderni, Leroy Merlin si vorrebbe insediare nell’ex Cattedrale D’Avanzo. Ci sono sviluppi?

«Il progetto è stato approvato dalla Soprintendenza ma ci è stato chiesto un possibile contributo ministeriale per questi lavori che sono sì di un privato, ma su edifici vincolati. Abbiamo dunque scritto al Ministero per la possibilità di avere un contributo proprietario come si dice. Stiamo parlando di opere di 12 milioni di euro. Se il Ministero partecipasse con il 20-30 per cento aiuterebbe. È un meccanismo compensativo. Il privato lavora ed è soggetto a tanti limiti, lo Stato ritorna indietro qualcosa».

Da ultimo il progetto della Prandina che ha ricevuto l’approvazione della Soprintendenza. All’interno esiste uno stabile fatiscente di proprietà del Demanio che dovrete sistemare in funzione di una cessione al Comune. A che punto siamo?

«Proprio l’altro giorno sono stato a Venezia dove il Ministero mi ha consegnato il progetto di recupero. Noi interverremo con 400mila euro per rifare un terzo del tetto di quell’edificio, su una disponibilità di 700mila. Il restauro completo costa 3 milioni. Confidiamo che il Comune possa proseguire in autonomia il restauro per consegnarlo alla comunità».

Ultimo aggiornamento: 16:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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