L’ingegnere padovano Enzo Siviero si racconta: «La mia vita costruendo ponti, anche tra culture»

Tra i massimi esperti d’Italia, Siviero ha lavorato anche al progetto di Messina. «A Padova i più belli sono in corso del Popolo e in riviera San Benedetto. E il mio a Battaglia...»

Sabato 22 Luglio 2023 di Giovanni Brunoro
L’ingegnere padovano Enzo Siviero si racconta: «La mia vita costruendo ponti, anche tra culture»

PADOVA - L’ingegner Enzo Siviero è considerato uno dei massimi esperti italiani di ponti.

Ha insegnato per anni all’università Iuav di Venezia e ha realizzato progetti in tutta Italia. Ora a 78 anni vive nella sua casa di Padova e porta avanti un’intensa divulgazione sul ponte sullo Stretto di Messina, un progetto al quale lui stesso ha lavorato in prima persona.

La chiamano “Bridgeman”, l’uomo del ponte. Com’è sorta questa passione? 
«Sono nato a gennaio 1945, con i tedeschi in fuga. I miei avevano un piccolo podere poco distante da un ponte ferroviario che veniva regolarmente bombardato. Non so se ciò abbia influito, ma ho sempre cercato di indagare l’emozione che provavo guardando alcuni ponti e il disgusto che accompagnava la vista di altri». 

Poi è diventato ingegnere…
«Nel 1969. Ricordo la gioia negli occhi di mio nonno Agostino, che negli anni ’20 aveva fatto strade e ponti in Calabria. Mio papà aveva una ditta di costruzioni, ma non avevo la vocazione di fare l’imprenditore. Serve pelo sullo stomaco e io mi faccio fregare dalla gente. Desideravo la carriera universitaria».

Ha costruito ponti in tutta Italia...
«Il mio motto è “Bridging cultures and sharing hearts”, fare ponte tra le culture e condividere i cuori. Il ponte è il veicolo migliore per connettersi con gli altri. Senza accorgerci, utilizziamo spesso questa parola nei modi di dire: tagliare i ponti, gettare un ponte… Chi opera sui ponti è una persona che ama e sa osare. Esiste poi la gefirofobia, la paura di attraversare i ponti. Per me è anche un attraversamento simbolico verso la conoscenza: l’ignoranza genera diffidenza e, spesso, arroganza». 

Si possono fare ponti belli? 
«Bisogna seguire la triade di Vitruvio: utilitas, firmitas e venustas, cioè utilità, solidità strutturale e bellezza. La venustas, in particolare, è la bellezza femminile». 

Il ponte ha una valenza poetica? 
«Io che mi diletto di poesia colgo questa sfumatura. Avevo pensato anche ad un ponte tra Tunisia e Sicilia, lungo 145 chilometri, per unire il Mediterraneo. Mi prendevano per matto, ma ora capiscono che non sarebbe impossibile».

Qual è il ponte più bello d’Italia? 
«Il viadotto Bisantis a Catanzaro, progettato da Morandi. Dal punto di vista strutturale sta benissimo. Riccardo Morandi è stato un grande ed ero contrario alla demolizione del suo ponte di Genova». 

E a Padova? 
«Oltre ai ponti romani, quello di corso del Popolo realizzato da Peretti, straordinario per audacia costruttiva e lungimiranza nelle dimensioni trasversali. La passerella in riviera San Benedetto, poi, emoziona con la sua leggerezza. In provincia, non vorrei sembrare autoreferenziale, il mio ponte di Battaglia Terme, che con semplicità si riflette nell’acqua formando un occhio a mandorla». 

Come stanno i ponti padovani? 
«Non male: i pochi casi di ammaloramento sono stati affrontati dalle amministrazioni. Ben diverso in provincia, dove persistono numerose criticità in via di risoluzione, anche con nuove realizzazioni». 

A quali ponti di Padova è più legato? «A quello del Bassanello, che attraversavo ogni giorno per andare a scuola a Santa Croce. Un mito era l’insieme idraulico dell’incile con ben tre ponti, le chiuse idrauliche di sostegno e le barche della Rari Nantes e della Canottieri. Non posso dimenticare anche i tuffi dalla passerella Romaro in via Goito». 

Parliamo del progetto del ponte sullo Stretto di Messina...
«Non mi considero uno dei progettisti, ma ho curato luci e colori. Le opzioni per la tinta sono varie, dal bianco monocromo allo sfumato. Le luci sotto l’impalcato saranno a led e dovrebbero attenuarsi verso il centro, per non appesantire la vista notturna». 
Cosa la spinge a girare l’Italia per divulgare la bontà di quest’opera? 
«Desidero solo fare informazione e sfatare dei miti. Da giugno, sono presidente del comitato editoriale di www.pontesullostrettonews.it, un sito di aggiornamenti, approfondimenti e opinioni. Anche quelle contrarie al ponte». 

Che sentimenti incontra? 
«Molti credono sia un’infrastruttura inutile senza strade e ferrovie. Lo pensavo anch’io, poi mi sono documentato. È da 50 anni che lo si dice e non si è fatto nulla. Ora, grazie al Pnrr, in Sicilia stanno investendo miliardi per opere pubbliche moderne ed efficienti e nel prossimo decennio sarà pronta l’alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria». 

Vento e terremoti sono un pericolo? 
«Il progetto del ponte a una campata è stato studiato per 40 anni ed è la soluzione migliore. Il ponte sarà chiuso per vento una volta ogni 10 anni e, in caso di sisma, oscillerà dolcemente come un pendolo, spostandosi da una parte all’altra in 35 secondi. Chi lo attraverserà non se ne accorgerà neppure. Considerando che lo Stretto è una delle zone più inquinate del Mediterraneo, togliere il 70% dei traghetti è un grande passo avanti». 
Ultima domanda: si farà? 
«Stavolta sì. E sarà straordinario». 

Ultimo aggiornamento: 17:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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