Eugenio Baraldi, direttore della Torre ricerca Città della Speranza: «La felicità? Quando salvo un bambino»

Lunedì 19 Dicembre 2022 di Edoardo Pittalis
Eugenio Baraldi, direttore della Torre ricerca Città della Speranza: «La felicità? Quando salvo un bambino»

PADOVA - Dice che tra 60 anni saremo diversi, che le persone nasceranno con la mano ad uncino e il pollice sviluppato per l'uso smodato del telefonino. E ingobbite, perché camminano piegate in avanti per leggere il telefonino. Dice anche che il grande problema dei bambini di oggi è legato a una nuova specie di tossicodipendenza: quella dai congegni elettronici. «C'è un abuso soprattutto da parte dei giovani. Questo vuol dire che sono sedentari, mangiano male, diventano sovrappeso, dormono meno. La cosa drammatica è che la gente non ha capito e questi congegni vengono usati anche da bambini di uno, due anni».
Eugenio Baraldi, 65 anni, padovano, vive tra i bambini. Insegna Pediatria all'Università di Padova, dirige il Dipartimento Salute Donna e Bambino dell'Azienda ospedaliera, è direttore della Torre ricerca pediatrica della Città della Speranza. Guarda avanti per mestiere e per vocazione: la sua prima preoccupazione sono i bambini che nascono troppo presto, tanto piccoli che stanno in una mano. E quelli che rischiano di non crescere bloccati dalle nuove dipendenze: «I genitori purtroppo sono contenti che un bambino di due anni sia bravo a smanettare con il cellulare e ritengono che per questo sia perfino più intelligente. Invece, anziché parlare con quelli che gli stanno attorno il bambino comunica con un apparecchio elettronico. Avrà problemi di linguaggio, di comunicazione, di contatto». È sposato con Cristina, medico geriatra: «Con mia moglie copriamo tutto l'arco della vita». Ha due figli, Federico medico pneumologo e Bianca che sta per laurearsi in medicina: «Siamo una famiglia un po' monotona». Non è di quelli che da bambino pensavano di guarire un malato dopo uno sguardo, come faceva in tv il dottor Kildaire.
Figlio di Angelino e Teresa, che avevano un negozio di abbigliamento, l'adolescente Eugenio aveva una passione per uno sport insolito, l'hockey sul prato, tanto che da universitario ha disputato all'ala destra il campionato nazionale con la squadra del Cus Padova. «Oltre che sciare da sempre, l'unica cosa che riesco a fare ancora».

Il professor Baraldi è autore di più di 300 pubblicazioni scientifiche e alla sua voce su Google Scholar rispondono quasi ventimila citazioni.


Perché aveva scelto medicina?
«Una scelta dell'ultimo momento, ho pensato in particolare, alla pediatria: è uno dei lavori più belli, spesso anche più impegnativo dal punto di vista emotivo. Mi sono specializzato in pediatria, poi in allergologia e infine in medicina dello sport. Il mio maestro fondamentale è stato il professor Franco Zacchello che è stato quasi un secondo padre. Mio padre è morto giovane di malattia, così lui è stato il mio mentore per la carriera universitaria e lavorativa. Ha creato la Pediatria a Padova e l'ha resa una delle più importanti d'Italia. Non c'è niente che mi colpisca più di un bambino che non ce la fa. Ora lavoro dove nascono i bambini prematuri, nel reparto di terapia intensiva prenatale; bambini che pesano 500, 600 grammi ed è una sfida continua, gli organi sono immaturi e non funzionano, vanno sostenuti con macchinari A salvare bambini che nascono così piccoli uno si sente felice».


Lei ha girato il mondo per le sue ricerche sull'asma nei bambini
«Una delle cose che ha caratterizzato la mia storia è che primi al mondo abbiamo messo a punto nei bambini la misura di un marcatore: l'ossido nitrico. Una cosa che si misura nell'aria inspirata e serve per caratterizzare il tipo di asma e che ci dice quali sono i bambini che rispondono bene con i cortisonici. Adesso questo metodo è adottato nel mondo. Nel 1996 sono stato invitato a parlare sul tema l'ossido nitrico e le vie aeree ad Harvard che è un po' il tempio della medicina e della ricerca. Tre anni dopo a Padova abbiamo lanciato il primo meeting internazionale su questo argomento. Ero già stato a Los Angeles e a Miami dove avevo fatto un'importante esperienza di lavoro e ricerca».


In che cosa consiste la vostra ricerca?
«Nell'asma la scoperta del marcatore interessa tutti i bambini che nascono prematuri e possono avere quasi tutti una malattia cronica, la displasia broncopolmonare. Abbiamo cominciato a seguire questi bambini mettendo a punto una tecnica per misurare la capacità respiratoria in soggetti così piccoli e, primi al mondo, abbiamo creato un'apparecchiatura apposita. Da più di trent'anni seguiamo questi bambini e costruiamo la storia della malattia. Mi scrivono, raccontano la loro vita: Mario, che col dottorato deve andare in Cina, chiede se può spostarsi in un paese con un forte inquinamento; Anna Maria ci informa sui suoi successi di stilista. Tutto questo ci ha dato la possibilità di essere al centro di un importante articolo su New England Journal of Medicine, una rivista di riferimento mondiale, che ha sensibilizzato anche i medici dell'adulto su questa malattia polmonare cronica. Per la ricerca ho passione, per me è vita, non è neanche più lavoro, perché le passioni non pesano».


Ora affronta i problemi dei tanti bambini che nascono prematuri
«Qui abbiamo la scuola di specializzazione di Pediatria più grande d'Italia con 200 specializzandi. Adesso nel reparto prematuri ci sono 35 posti letto occupati e in tutta la pediatria 90 ricoverati. Il nostro problema enorme è la logistica, lo stabile attuale risale al 1957, ma stiamo finalmente costruendo la nuova pediatria. Certo ci sono bambini con problemi che non ce la fanno Vengo a lavorare in bicicletta e tornando a casa faccio la via degli Ospedali, dove hanno il loro negozio i genitori di un bambino che non c'è più, ci passo davanti ogni giorno, ci salutiamo, le nostre storie hanno qualcosa in comune. Le nascite sono una cosa che nemmeno il Covid ha potuto bloccare».


Un cartellone informa: Negli ultimi 20 anni 6000 neonati prematuri ce l'hanno fatta. E la Città della Speranza?
«La Città della Speranza è un diamante, all'inizio ha supportato la costruzione del reparto di oncoematologia, poi ha finanziato la Torre di dieci piani dei quali cinque sono dedicati alla ricerca per le malattie pediatriche. La Città della Speranza è l'unica in Europa, ad avere un laboratorio di ricerca così importante che affianca la Pediatria e che produce nuovi farmaci. Si tratta di ricerche molto importanti, soprattutto per le leucemie. Ora stiamo lavorando all'utilizzo di cellule staminali per prevenire malattie polmonari croniche dei bambini prematuri e tra pochissimo avremo la certificazione. Il tutto assieme al professor Maurizio Muracca col quale condividiamo le attività scientifiche. Il fatto che abbiano dato la direzione scientifica alla Pediatria, grazie soprattutto alla spinta della rettrice Daniela Mapelli, rilancia in maniera importantissima la ricerca traslazionale, cioè creare nuovi farmaci che arrivano direttamente al letto del paziente».


Quale futuro per la Pediatria?
«Un'operazione molto importante che riguarda gli stili di vita dei giovani. Cogliere le malattie croniche prima che esistano: cardiovascolari, tumori, obesità, diabete Hanno tutte origine in età pediatrica e si manifestano in età giovane e adulta. Causano il 70% della mortalità precoce, cioè prima dei 70 anni, e vengono chiamate malattie dello stile di vita. Il progetto è quello di divulgare un nuovo modo di vivere in maniera tale che possa essere seguito fin da bambino. Parliamo alle scuole di attività sportiva adeguata, di alimentazione corretta: non fumo, poco alcol, poco sale e zucchero, poca dipendenza dai congegni elettronici. La nostra missione è trasmettere questa conoscenza quando i ragazzini hanno 10-12 anni, poi per loro fare certe cose sarà normale. In occasione degli 800 anni dell'Università di Padova, è stato pubblicato un opuscolo: è la Carta di Padova 2022. Salute dei giovani e stili di vita', rivolta ai genitori e ai figli».
 

Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 10:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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