Padova. Stefano Merigliano: «Maturità passo fondamentale della vita. Il voto finale mi insegnò che la perfezione non esiste»

Il chirurgo: «Qualsiasi cosa si sceglierà di fare dopo, bisogna metterci passione e tutto l'impegno possibile»

Martedì 20 Giugno 2023 di Elisa Fais
Stefano Merigliano

PADOVA - «Io e altri tre compagni puntavamo al massimo dei voti ma, alla fine, la vita non va mai come te la immagini». Il ricordo arriva fino al 1969, anno in cui il noto chirurgo padovano Stefano Merigliano affrontò l'esame di maturità al liceo Ippolito Nievo. Da ottobre 2022 il professor Merigliano è in pensione, ma alle sue spalle ci sono quarant'anni di carriera in Azienda ospedaliera, gli ultimi 12 da direttore della Clinica Chirurgica e, non ultimo, il prestigioso incarico che l'ha visto presidente della Scuola di Medicina dell'Università di Padova.

Professor Merigliano, l'esame di maturità cosa ha rappresentato per lei?
«Un passo fondamentale della vita.

All'epoca eravamo tutti molto uniti e spaventati. Ho ancora in mente la tipica tensione della notte prima degli esami».

Si ricorda le prove scritte?
«In quegl'anni c'erano due prove scritte, italiano e matematica. Poi venivi interrogato a caso tra due materie scelte da una rosa. Ho avuto molta fortuna perché il compito di matematica era difficile, ma il professore ci aveva preparato bene sull'analisi delle funzioni. A scuola mi sono sempre impegnato, diciamo che ero un bravo bambino, avevo 10 in matematica e in fisica. In latino e italiano in genere portavo a casa un onesto 7».

Come è andata?
«Ricordo il mio esame di maturità per un aspetto molto caratteristico. Il presidente della commissione non giungeva dal Veneto, ma arrivava dalla Sicilia. Allora era usuale. Eravamo in quattro a mirare al 60, quindi al massimo dei voti, ma il commissario alla fine ci ha dato 59. Ci ha insegnato che la perfezione non esiste. A quell'epoca erano in pochi ad arrivare a 60 sessantesimi, diciamo due o tre studenti in tutta Padova. Oggi, invece, si largheggia».

Come la pensa su questo?
«Se un ragazzo complessivamente ha fatto un bel percorso è giusto dargli il massimo. E' come quando agli esami di laurea si dà 110 e lode, che significa un po' premiare la carriera. Comunque sia, 59 sessantesimi non mi hanno certo impedito di fare la vita che volevo».

Si ricorda quando ha concluso?
«La felicità di aver finito gli esami e di andare in vacanza era incredibile. La maturità finì il 27 luglio, quindi era già estate inoltrata. La sera stessa ho festeggiato alla grande con tutta la classe e dopo sono andato in viaggio in barca con mio padre».

Aveva già chiaro quello che sarebbe stato il suo futuro?
«Avendo fatto il liceo scientifico all'Ippolito Nievo, l'università era una strada obbligata. La mia prima scelta era Agraria, ma poi ho desistito dopo alcune riflessioni. Ho evitato Ingegneria per non finire in mezzo al lavoro del papà. Alla fine ho scelto Medicina, era il primo anno della riforma Galloni che apriva le iscrizioni a tutti quanti, eravamo duemila matricole. Fino all'anno precedente, infatti, potevano iscriversi solo i diplomati al classico e allo scientifico».

Se dovesse mettere a confronto l'esame di Stato nel 1969 con quello di oggi, cosa direbbe?
«Una volta i professori erano più rispettati, il liceo era più duro e selettivo e ti preparava alla vita. Condivido ciò che ha espresso di recente lo psichiatra Paolo Crepet che, tra l'altro, era mio compagno di banco al Nievo. I genitori devono smettere di essere amici dei figli e tornare ad essere una guida».

Professor Merigliano, lanci un messaggio ai maturandi.
«Qualunque cosa scegliate dopo le superiori, fatela per passione e metteteci più impegno possibile. Un lavoro che non piace è una condanna all'ergastolo».

Ultimo aggiornamento: 12:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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