L'allarme del vescovo di Padova: «Trenta asili a rischio chiusura. Aumentano le spese ma calano i contributi»

Già l’anno prossimo sono destinati a chiudere definitivamente i battenti gli asili di Ponte San Nicolò e di Noventana

Mercoledì 13 Dicembre 2023 di Alberto Rodighiero
Scuola materna

PADOVA - Tra città e provincia sono a rischio chiusura 30 scuole materne paritarie e la Diocesi chiede l’aiuto di Stato e Regione. Già l’anno prossimo sono destinati a chiudere definitivamente i battenti gli asili di Ponte San Nicolò e di Noventana. Con ogni probabilità anche un’altra struttura (di cui però per il momento si preferisce non fare il nome) è destinata a fare la stessa fine. Calo delle nascite, risorse ridotte all’osso, il venir meno dell’apporto degli ordini religioso che contribuivano a tener sotto controllo il costo del personale e un strutture vecchie di decine e decine di anni la cui messa in sicurezza richiederebbe investimenti milionari. Sono questi, in buona sostanza, i motivi che hanno indotto la Chiesa padovana ad accendere i riflettori su una situazione che, da qui a qualche anno, rischia di avere delle pesantissime ripercussioni sul nostro territorio.

L'allarme

Un grido d’allarme di cui, ieri mattina, si è fatto carico direttamente il vescovo Claudio Cipolla. Assieme a lui don Lorenzo Celi, vicario episcopale per i beni temporali, don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per la pastorale della Scuola e dell’Educazione, della Cultura e dell’Università e Stefano Cecchin, presidente regionale FISM (Federazione italiana scuole materne). All’incontro hanno voluto essere presenti anche il provveditore Roberto Natale e il presidente di Fism Padova Mirco Cecchinato. «La Chiesa ha sempre puntato molto sulla carità, sulla catechesi e, appunto, sull’educazione – ha spiegato il vescovo – e in questo senso vanno le scuole materne paritarie. I mutamenti sociali, normativi ed economici intervenuti negli ultimi decenni, interrogano anche le nostre comunità sulla possibilità di portare avanti questo sevizio. Cambiamenti che ci sollecitano a ripensare queste realtà anche in forme diverse, che superino i confini geografici parrocchiali e favoriscano delle forme di collaborazione tra le realtà limitrofe.

La nostra Diocesi, dunque, è impegnata a tenere aperto finché sarà possibile il maggior numero di scuole, ma si rende conto che, per salvarne alcune, dovrà rinunciare ad altre».

Le richieste

Detto questo, il numero uno della Chiesa Padovana ha lanciato il suo appello alle istituzioni. «Credo che da parte delle istituzioni non ci sia appieno la comprensione dell’importanza delle scuole materne – ha detto ancora monsignor Cipolla – a dire il vero, i Comuni, ma non tutti, hanno sempre dimostrato una maggiorare sensibilità. Non si può dire altrettanto della Regione. A fronte di un aumento generalizzato delle spese, abbiamo registrato un calo dei contributi. Ed è insufficiente anche la contribuzione dello Stato. In questi decenni la Diocesi ha fatto molto per queste realtà, soprattutto con il contributo delle parrocchie. Noi, però, non possiamo permettere che le parrocchie si indebitino ulteriormente perché la situazione rischia di diventare insostenibile». Secondo la Diocesi, negli anni vi è stata una riduzione del 7% dei contributi da parte della Regione Veneto (da 21 milioni del 2015 a 19,5 milioni del 2023).

«A livello diocesano – ha spiegato, poi, don Celi – le strutture attualmente a rischio chiusura sono circa 30. E i motivi sono molteplici, dalla crisi demografica a quella economica. Non è poi da sottovalutare il fatto che molti ordini religiosi non gestiscono più queste strutture e ciò ha avuto un peso anche dal punto di vista economico. Il problema che, però, oggi ci affligge maggiormente riguarda le strutture che accolgono le nostre scuole per l’infanzia. Strutture che spesso risalgono all’inizio del ‘900, al secondo dopoguerra o agli anni Sessanta e Settanta. La normativa ci impone di sottoporle alla certificazione di vulnerabilità sistemica. Purtroppo i dati che stanno emergendo sono abbastanza preoccupanti. Anche se la legge non impone di intervenire immediatamente, è del tutto evidente che la nostra priorità è la sicurezza dei più piccoli e di tutto il personale docente. Quindi sentiamo l’obbligo morale di prenderci a cuore il problema. Il punto è che si tratta di interventi che richiedo qualche centinaia di migliaia di euro ad edificio».
«A livello regionale – ha concluso Cecchin - ogni anno chiudono dalle 15 alle 20 materne. E la soluzione non può essere l’aumento delle rette. Non vogliamo diventare delle scuole d’élite, ma continuare ad essere popolari».

Ultimo aggiornamento: 07:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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