Il leccio risparmiato dal Vajont spezzato dalla furia del vento

Mercoledì 7 Novembre 2018 di Alessandro De Bon
Il leccio risparmiato dalla furia del Vajont abbattuto dal vento che ha sferzato la provincia
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Quel che per l’acqua sono centimetri per il vento possono essere chilometri. Difficile mettere argini alla bufera, impossibile domarla a sacchi di sabbia. Così quello che nemmeno al Vajont riuscì è riuscito all’uragano della Valbelluna. Il leccio monumentale di Villa Malcolm, a Longarone, non c’è più. Flagellato, sciabolato e spezzato in due, di cui una metà finita di sotto. OTTOBRE 1963 - OTTOBRE 2018. Cinquantacinque anni fa, il 9 ottobre 1963, lì sulla riva a ridosso di Castellavazzo il leccio aveva schivato l’onda. L’aveva vista scivolare via, mostruosa, imbufalita, quasi alzando i rami. In quella notte di tragedia salvò le radici perché in alto, riparato. La sera di lunedì 29 ottobre invece il vento ha avuto campo libero e mano pesante. Nessun argine, nessuna riva. Crack!
 
VILLA SPAZZATA, L’ALBERO NO
«Il leccio faceva parte del corredo arboreo di Villa Malcolm, che fu letteralmente spazzata via dall’onda del Vajont - racconta Anacleto Boranga, guida Naturalistica Ambientale che sabato pomeriggio alle 17 in Sala Bianchi sarà tra gli oratori del convegno Conserviamo gli alberi monumentali - Lui invece, il leccio, si salvò. Un’altra storia rispetto a quella della sequoia di 32 metri poco distante, che l’onda la prese in pieno resistendo e portandone tutt’ora il segno. Il leccio non fu toccato proprio perché era su quella riva verso Castellavazzo. E su quella riva, ora, l’ha spezzato il vento». 
MONUMENTALE PERCHÉ UNICO.
Il leccio era nel registro degli alberi monumentali del Veneto non tanto per dimensioni o età, ma perché albero di mare, in montagna. «L’età credo si aggirasse tra il secolo e il secolo e mezzo - spiega ancora Boranga - ma a renderlo “monumentale” era la sua unicità in una terra come la nostra. Il leccio è un albero mediterraneo eppure lì aveva trovato una situazione straordinaria dal punto di vista fitoclimatico che lo aveva fatto resistere, crescere e addirittura riprodursi. Era davvero incredibile, probabilmente si era creato un microclima che costituiva una sorta di effetto serra di tipo mediterraneo». «Ai suoi piedi, nate da lui, c’erano delle plantule - aggiunge - ma fino ad oggi nessuno era riuscito a farne nascere qualcosa. Forse ora che mancherà l’ombra del papà qualcosa si farà forza grazie al sole».
PAURA PER LA REGINA
E la Regina della Cajada come sta? L’abete bianco di 35 metri e 150 anni, meraviglioso abete bianco della foresta sopra Longarone, eletto albero del Veneto nel 2012. «Non lo so e sono preoccupato - ammette Boranga - ho chiesto informazioni, ma mi è stato detto che la strada non è ancora percorribile, impossibile verificare. Speriamo abbia resistito, sarebbe una perdita enorme».
GLI ALTRI MONUMENTI
«In questi giorni - conclude la guida naturalistica - voglio andare a vedere anche la quercia tra Castion e Levego, la più grande del Veneto, o i pioppi verso villa Miari, o ancora i castagni e i faggi sulle vette feltrine.

La Val Visdende? Spettacolo sconvolgente. Fa paura».

Ultimo aggiornamento: 09:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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