CORTINA D'AMPEZZO - La croce del Pomagagnon riluce sulla conca d’Ampezzo, riflette in valle i raggi del sole ed è una presenza familiare, da 73 anni. Mentre si rinfocolano i contrasti sulla opportunità di collocare altre croci sulle vette, ma anche sulla necessità di mantenere quelle che già ci sono, la gente di Cortina guarda con particolare affetto verso quel manufatto.
IL PRECEDENTE
A volere lassù quella croce fu don Giuseppe Richebuono, cappellano in Ampezzo, per l’Anno Santo 1950. Il sacerdote salì lassù con trentatré ragazzi, da undici a quindici anni di età, il 6 luglio 1950. Vi tornò di nuovo il 9 luglio 2000, a 77 anni di età, accompagnato da alcuni di quegli Aspiranti di mezzo secolo prima, dei quali era stato catechista. La croce del Pomagagnon è uno dei lasciti di Richebuono, noto per la sua attività di storico, che ha indagato e narrato le vicende di questo paese e delle altre valli ladine delle Dolomiti. La croce posta sulla Costa del Bartoldo, una delle cime del Pomagagnon, a 2.450 metri, non ha avuto vita facile. Nel 1963 fu atterrata dal vento, ammalorata dalle intemperie, e fu subito sistemata da Dino e Aldo Dandrea, da Renato e Lorenzo Zangrandi, con Paolo Dallago. Le vicende si trovano narrate in un foglio, conservato nella scatola di latta che custodisce il libro di vetta, riposto nel cumulo di sassi alla base della croce.
IN VOLO
Si attivò ancora il Cai, che intervenne con alcuni soci e con l’aiuto di un elicottero. «Innanzi tutto salirono arrampicando due volontari, per imbragare la croce spezzata, affinché l’elicottero potesse recuperarla, per essere riparata a fondovalle – scrive Bernardi nella breve cronistoria, conservata nel libro di vetta – il 6 agosto 2014 si è compiuta tutta l’operazione, per vedere nuovamente la croce al suo posto, a dominare e proteggere la valle d’Ampezzo». Per questo lavoro salirono lassù Gianpiero Bosetti, Giovanni Cagnati, Bruno Martinolli, Corrado Menardi e Giorgio Zangiacomi; nella sua bottega di fabbro lavorò Leopoldo Lacedelli. Tutti uomini del Cai Cortina, del soccorso alpino, guardaparco. Nel libro di vetta, sulla Costa del Bartoldo, compaiono scarne annotazioni. Le persone che salgono sino lassù sono davvero poche, qualche decina ogni anno. Ci sono le firme e i saluti di alcuni giovani del paese che poi morirono in montagna; uno di loro cadde proprio lo stesso giorno in cui passò di là, il 22 agosto 1998. Un tempo, quando non c’erano i telefonini, per comunicare con i familiari, da lassù, si usava “fei specio”: ci si portava uno specchietto nello zaino, per riflettere i raggi del sole in direzione della propria casa, ben visibile giù in valle. Memori di questa tradizione, si è pensato di fissare alcune piccole lamiere, sulla struttura metallica della croce, ancorata alla roccia con cavi di acciaio. Queste riverberano la luce e mandano in ogni istante segnali verso la comunità. Una targa di bronzo ricorda i due cardini su cui poggia la croce: la fatica degli Aspiranti del 1950 e la fede confermata nel 2000.