Acc, centinaia di famiglie senza soldi: «Il governo deve muoversi subito per salvarci»

Domenica 4 Aprile 2021 di Lauredana Marsiglia
Una manifestazione contro la chiusura dell'Acc

BORGO VALBELLLUNA Il giorno dopo l’annuncio del taglio degli stipendi e della produzione, all’Acc gli animi sono ancora caldi e pronti a mettere in atto una nuova protesta. L’idea è quella di un presidio permanente sotto la Prefettura. In cassa manca la liquidità per pagare lavoratori e fornitori. Erano mesi che il commissario straordinario Maurizio Castro denunciava la situazione. Per la modesta cifra di 12-15 milioni di euro Acc rischia il collasso mettendo in difficoltà almeno sei fabbriche in Europa, dalla Germania alla Spagna, dall’Ungheria alla Lituania, compresa l’Electrolux di Susegana, tra i principali clienti Acc con volumi produttivi in continua crescita.

Le manovre per trovare liquidità sono tutte fallite: l’Europa ha cassato gli aiuti di Stato (legge Prodi-bis), le banche prima hanno avuto la rassicurazione di una garanzia di Stato, attraverso la Sace (società che fa capo alla Cassa depositi e prestiti) poi la garanzia è sparita per lasciare spazio al decreto Sostegni nel quale è stata fatta rientrare anche Acc. Una misura salutata con favore da tutti, peccato che il decreto non sarà operativo fino a fine maggio. E nel frattempo che si fa?

«Da una parte un commissario come Castro che in un momento difficile aumenta il portafoglio clienti e ordini - commenta il senatore Luca De Carlo (FdI) - dall’altra un Governo che a colpi di Dpcm limita la libertà delle persone e non è capace di dotarsi di strumenti emergenziali per anticipare risorse mettendo a rischio l’intera operazione e centinaia di famiglie. Adesso è tardi? E dove sono adesso quelli dei roboanti annunci?». Sotto accusa finisce il ministro di casa Federico D’Incà. Nonostante abbia la delega ai Rapporti con il parlamento D’Incà ha sempre seguito la vicenda. Ieri, tuttavia, non ha voluto rilasciare commenti sulla scelta obbligata di tagliare stipendi e produzione. «Abbiamo un ministro, D’incà - sbotta un furente Dario Bond (Fi) -, confermato anche nel governo Draghi, che è ancora più importante di prima, e come ha manifestato soddisfazione per il decreto Sostegni ora dovrebbe muoversi per procurare il finanziamento-ponte, perché non possiamo permetterci di aspettare il 22 maggio quando sarà operativo il decreto. L’operazione è fattibile, prevista dalle misure straordinarie Covid, dando 15 milioni di euro alla Regione Veneto che poi li girerà ad Acc. E attenzione, perché l’Europa ha già detto che si può fare. Credo sia tempo di affrontare le proprie responsabilità o ci stiamo prendendo in giro? Mi chiedo inoltre perché Veneto Sviluppo (finanziaria della Regione Veneto, ndr) non abbia dato sostegno; dicono che non possono anticipare, ma se è solo per questo perché non cambiano le regole? Il problema è che non vogliono rischiare di avere sofferenze».

Non si butta la croce sopra il neo ministro dell’Economia e sviluppo, Giancarlo Giorgetti. A dirlo è il senatore Paolo Saviane (Lega). «Non si può pensare che Giorgetti risolva ciò che non è stato risolto in 14 mesi. Senza contare che sul suo tavolo ci sono ben 160 crisi aziendali tra cui Ilva e Alitalia, tanto per citarne le più importanti. Purtroppo sappiamo che il decreto Sostegni richiede tempo, anche se è un’opportunità. Personalmente sono in contatto con i miei omologhi in Piemonte per quanto riguarda il progetto Italcomp, ma purtroppo non c’è ancora un quadro certo. Dobbiamo aspettare che vengano confermate le deleghe che forse torneranno alla Todde, oggi viceministro, e subito dopo chiederò un incontro».
 

Ultimo aggiornamento: 21:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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