Europee, l'Agcom sulla par-condicio: vale anche per i ministri. Le regole Rai e Mediaset

Dopo il voto della Vigilanza, l’indirizzo del Garante: «Regole uguali per Rai e tv private»

Sabato 13 Aprile 2024 di Mario Ajello
Europee, l'Agcom sulla par-condicio: vale anche per i ministri. Le regole Rai e Mediaset

La Rai e le tivvù private avranno le stesse regole sulla par condicio, in vista delle elezioni europee.

Ieri si è riunito il consiglio dell’Agcom - l’autorità di garanzia sulle comunicazioni il cui presidente Giacomo Lasorella nel pomeriggio è stato ricevuto da Sergio Mattarella al Colle - e ha approvato il proprio regolamento, valido per le emittenti private.

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Il documento

Il testo non ha recepito le modifiche proposte, su indicazione dell’esecutivo, dalla commissione di Vigilanza Rai che nel suo documento aveva inserito una norma sull’informazione governativa che aveva fatto infuriare le opposizioni. Spiegano fonti dell'Agcom che quel punto molto discusso e attaccato da sinistra era stato già mitigato dall’intervento, in Vigilanza, di Maurizio Gasparri. Il senatore forzista aveva richiesto un esplicito richiamo al comma 5 dell'articolo 1 della legge 515/1993, che afferma: «Nelle trasmissioni informative la presenza di candidati, esponenti di partiti e movimenti politici, membri del governo, delle giunte e consigli regionali e degli enti locali deve essere limitata esclusivamente alla esigenza di assicurare la completezza e l'imparzialità dell'informazione. Tale presenza è vietata in tutte le altre trasmissioni».

Una modifica che di fatto aveva ridotto l’efficacia dell’indicazione governativa per cui - per quanto riguarda la Rai - i membri dell’esecutivo non rientravano di fatto nella par condicio elettorale perché la loro attività di comunicazione è di tipo istituzionale e non partitica. Per effetto di questa modifica, Agcom ha ritenuto di non dover cambiare il proprio documento perché di fatto coincidente. «Il testo è perfettamente sovrapponibile con la delibera adottata dalla commissione di Vigilanza formulata anch'essa, pur con diverse variazioni lessicali, nel pieno rispetto della regole fissate dalla legge 28 del 2000 e della legge 515 del 1993», ha spiegato il commissario Giacomelli del Pd. Già l’altro giorno Gasparri, in un convegno, aveva provato a fare chiarezza sulla questione spiegando che i chiari riferimenti alle leggi 515/1993 e 28/2000 (quella che norma la par condicio) impedivano la presenza eccessiva della maggioranza. «Non c’è invadenza da parte del governo e nessuna autorità è stata abolita.

Se Tajani incontra la Nato e poi va in tv a parlare di Nato è giusto, e se ci saranno esagerazioni interverrà l’Agcom», aveva detto. Una posizione ribadita ieri dopo la delibera dell'Agcom: «Le decisioni della Vigilanza Rai e dell'autorità delle comunicazioni in materia di par condicio sono coincidenti, perché logicamente ispirate alle leggi vigenti del 1993 e del 2000. Che sono state recepite nella delibera della Vigilanza e citate, anche su sollecitazione di Forza Italia, negli emendamenti approvati nei giorni scorsi dalla Commissione bicamerale. Le regole quindi saranno uguali per la Rai e per le emittenti private e ricalcheranno le delibere del passato. Non c'è quindi nessuna sconfessione della Vigilanza Rai da parte dell'Agcom, perché le delibere sono sovrapponibili».

I nodi da sciogliere

Immediata la reazione del M5S: «Il fatto che Agcom abbia approvato una delibera per le tivvù private senza le modifiche volute dal centrodestra fa capire quanto grave sia stata la forzatura che la maggioranza ha messo in campo in Vigilanza», accusa il capogruppo stellato in Commissione, Dario Carotenuto. A questo punto, una complessa normativa per garantire parità di opportunità informative per i partiti esiste. Ma c’è da prevedere che, nel corso della campagna elettorale, proprio perché la materia è così complessa ci saranno polemiche e possibili ricorsi in caso di violazione della par condicio. 

Al Nazareno, quartier generale di Elly Schlein, c’è una certa soddisfazione per la decisione Agcom ma insieme si sta sul piede di guerra: «In Rai nessuno pensi di accordare libertà di microfono ai membri del governo». I ministri del governo Meloni rientrano insomma nei conteggi per la par condicio - non sono considerati soggetti esterni perché istituzionali - ma «occorre stare con gli occhi ben aperti a far rispettare questo principio», dicono nel Pd. Dove si spera davvero che tutto resterà come sempre nella par condicio, senza «forzature».

La bufera

Quelle paventate forzature governative che il sindacato Usigrai ha stigmatizzato in un comunicato trasmesso nei tiggì. E a questo proposito, l’altro sindacato - Unirai - protesta: «A leggere in diretta quel comunicato esagerato di Usigrai - dice il segretario Francesco Palese - sono stati costretti anche colleghi nostri iscritti che, naturalmente, la prossima volta si dissoceranno». Da qui al 9 giugno, si prevede burrasca sul fronte elettoral-televisivo.

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