Guerra in Israele. Avital Aldjem, che ha beffato i suoi rapitori: «Ho salvato anche i figli della mia vicina»

Il racconto della donna riuscita a fuggire dalla striscia: "Ci siamo nascosti dietro le dune del deserto"

Mercoledì 11 Ottobre 2023 di Mauro Evangelisti
Guerra in Israele. Avital Aldjem, che ha beffato i suoi rapitori: «Ho salvato anche i figli della mia vicina»

ROMA L'hanno trascinata dentro la Striscia di Gaza, prigioniera insieme a due bimbi piccolissimi, figli di un'amica che invece era stata uccisa. Ha rischiato di restare in quell'inferno, insieme al centinaio di ostaggi di ogni età ancora nelle mani di Hamas e delle altro organizzazioni. Eppure, quasi per miracolo, è riuscita a fuggire, salvando la vita anche dei due bambini. Questa è la storia di Avital Aldjem e di come è riuscita ad evitarlo, l'inferno.

SEQUENZA

I terroristi di Hamas entrano nel kibbutz Holit, a due chilometri dal confine della Striscia di Gaza. È il sabato più nero di Israele in questo secolo, chi fa in tempo corre a nascondersi nei rifugi o nelle stanze di sicurezza.

Avital Aladjem è una giovane donna, si chiude in un armadio dove spera che nessuno possa trovarla e grazie a WhatsApp si tiene in contatto con la vicina di casa, Adi Vital-Kaploun. È terrorizzata, sente esplosioni, spari, urla. Poi due terroristi abbattono la porta di casa, entrano, e la trascinano fuori dall'armadio, ma non la uccidono. Con la vicina, Adi, i terroristi non avevano avuto pietà: le avevano sparato, uccidendola. Davanti ai figlioletti, Eshel di 4 mesi e Negev di 4 anni. Racconta a Canale 12 Avital: «Mi hanno preso, costretta a seguirli, e hanno trascinato via anche i due figlioletti della mia vicina. Il più piccolo lo portavo io, quello di 4 anni era sulle spalle di uno dei terroristi. Urlava, chiedeva che lo lasciasse scendere, tutto inutile». Si forma così questo strano corteo: i due terroristi di cui uno con un bimbo sulle spalle e Avital, in lacrime, con il piccolo di 4 mesi.

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Prosegue il racconto, in lacrime, davanti alle telecamere: «Ci hanno costretti a seguirli tra i palazzi. C'era molto sangue, molti edifici erano stati danneggiati, c'erano macerie. Camminavamo di casa in casa, mentre dalla strada arrivava il rumore delle sparatorie che continuavano. Alcuni edifici erano in fiamme, lungo la strada ho visto anche pozzanghere di sangue. Ho capito che ci stavano portando verso Gaza, urlavano "veloci, veloci"». Il corteo raggiunge la recinzione che delimita e in teoria deve proteggere l'area del kibbutz: c'è un varco, i terroristi costringono la donna con i due bambini a passare. A quel punto Avital non ha più dubbi: la vogliono portare fino alla Striscia di Gaza, ma non può fare nulla per opporsi, i terroristi sono armati, se tentasse di fuggire ucciderebbero lei e i due bimbi. Stanca, disperata, non ha le energie per proseguire, ma non si può fermare, anche se ci sono due chilometri da percorrere per raggiungere Gaza.

MIRACOLO

Eppure, quando finalmente entrano nel territorio della Striscia di Gaza, succede qualcosa di imprevisto. I due terroristi, senza un motivo comprensibile, se ne vanno, li lasciano soli, forse pensano che di lì Avital non avrà il coraggio di scappare, forse devono fare altro. «Vedevo le case di Gaza, erano a poche decine di metri da me. Allora ho deciso di provare, ho scelto di allontanarmi. Con il più piccolo in braccio e il fratellino maggiore che camminava, siamo tornati indietro, abbiamo rifatto a ritroso il percorso verso il Kibbutz». Restare dentro la Striscia di Gaza sarebbe stato più pericoloso che tentare tornare a casa. In questa scena surreale, Avital si accorge che lungo la strada, nel deserto, ci sono altri terroristi, ancora sparatorie. «Ci siamo nascosti dietro una duna, ho sperato davvero che non ci vedessero». Il problema è che Negev è stato ferito da una scheggia, è dolorante, piange non ce la fa più. «Resisti - gli ho detto - vedrai che al kibbutz verrà tuo padre. Gli ho anche chiesto di cominciare a pensare cosa volesse mangiare per cena, in modo da distrarlo. Visto che non ce la faceva a camminare, l'ho preso sulle spalle».

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PADRE

Un passo alla volta raggiungono di nuovo il kibbutz, ma Avital non sa quale situazione troverà, se l'area sarà finalmente sicura. «Quando siamo entrati - conclude il racconto a Canale 12 - per fortuna ho visto gli altri membri del kibbutz». Da lì sono stati trasferiti nella comunità di Gvulot dove c'era il padre dei due bimbi ad attenderli. «Io sono viva, sono stata sfortunata. Ma la madre dei bambini è morta, l'hanno uccisa». Aveva 33 anni, era di origine canadese.
 

Ultimo aggiornamento: 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA