L'archeologa Margherita Mussi: «L'Homo erectus è più vecchio di quello che crediamo»

La studiosa, direttore della Missione nel Melka Kunture, in Etiopia, con le sue scoperte rivoluzionarie ha riscritto le tappe dell'evoluzione umana

Mercoledì 25 Ottobre 2023 di Laura Larcan
L'archeologa Margherita Mussi: «L'Homo erectus è più vecchio di quello che crediamo»

«Quando si parla di fossili, in automatico vengono classificati come maschili, tranne in quei casi in cui siamo di fronte a prove schiaccianti di tracce di Dna.

Ma questa tendenza a concepirli a priori “maschili” non è corretta. E allora, mi sono presa la libertà di proporre che questi nuovi fossili studiati siano di una bimba. Le probabilità sono le stesse. È stata una mia presa di posizione. Ecco allora Little Garba, la nostra piccola Garba...».

L’archeologa Margherita Mussi parla di fossili dell’Homo erectus con un affetto quasi materno. Ma la meticolosità scientifica fa sempre breccia in quella cortina di sentimento. Come a ribadire che con la storia non si scherza. Anche perché Margherita Mussi, direttore della Missione archeologica italo-spagnola nel sito di Melka Kunture in Etiopia guidata dall’università Sapienza di Roma, è ormai considerata come la donna che ha riscritto la storia dell’Homo erectus grazie alle sue scoperte rivoluzionarie. Classe ‘49, nata a Treviso, cresciuta nel Portogallo di Salazar, una carriera di studi tra Firenze e Roma che condivide con due figli e tre nipotini, e una impresa scientifica tutta in Africa. Basta chiamarla al telefono per rendersene conto...

Professoressa, ci possiamo incontrare per parlare dei risultati della sua ricerca appena pubblicata su Science, che hanno consentito di retrodatare in modo significativo la comparsa dell’Homo erectus?

«Guardi, sto per partire per l’Etiopia. Preferisco parlare subito per telefono...». Riparte già per l’Etiopia? Praticamente è la sua seconda casa. Lei dirige le ricerche in Etiopia dal 2011. Quanto tempo passa lì? «Io vado a seguire gli scavi in un periodo tra novembre e febbraio, perché il resto dell’anno piove. Ora, in realtà, parto per restare una decina di giorni. Per un’altra questione. Melka Kunture è candidata ad entrare nel patrimonio dell’Unesco per l’importanza straordinaria dei siti. È una procedura lunga e complessa, ma ad una fase avanzata. Tant’è che la commissione dell’Unesco ha inviato in questi giorni una delegazione di specialisti per valutare la fondatezza della candidatura. E le autorità etiopiche mi hanno pregato di partecipare, come membro del team istituzionale etiopico di accoglienza».

Lei è l’unica italiana invitata?

«Sì. Ma sono oltre dieci anni che lavoro qui. E le autorità locali apprezzano l’impegno della nostra missione. Rafforza l’importanza del sito. Nelle procedure per definire la qualità e validità della candidatura, questo incontro ora è una tappa strategica. Sono orgogliosa di partecipare».

Veniamo alla scoperta che rischia di riscrivere i libri di storia. La sua ricerca ruota intorno alla mandibola di un bambino, anzi di una bambina di 3 anni, risalente a 2 milioni di anni fa, una datazione che ha consentito di retrodatare la comparsa dell’Homo erectus...

«Noi abbiamo assemblato i dati di almeno dieci anni di lavoro. Fondamentali sono state le tecniche più moderne, come i raggi X. All’inizio si pensava che la mandibola fosse patologica perché mostrava dei particolari buchini interpretati come tracce di malattia di origine genetica. E questo implicava che la determinazione della specie restasse incerta. Nel 2016 ho avuto il permesso delle autorità etiopiche di esportare il fossile, prima in Italia poi a Grenoble, per sottoporlo ad analisi concentrate sull’interno dei denti da latte e dell’osso della mandibola. Così abbiamo sgomberato i dubbi: non era una patologia. I buchini erano dovuti ad un fenomeno di fossilizzazione e alterazione per la sua giacitura soggetta a infiltrazioni. A quel punto il lavoro di squadra ha consentito di mettere insieme dati precisi che hanno ridatato la sequenza archeologica. Tra i livelli di deposizione del fossile e le misurazioni sui denti siamo arrivati alla certezza della determinazione del fossile come Homo erectus».

E poi il fossile l’ha riportato a casa?

«L’ho avuto in mano mia fino a gennaio, poi l’ho riportato al suo luogo di appartenenza, ad Addis Abeba».

Quanto è importante l’Etiopia dal suo punto di vista di studiosa?

«È un luogo di una ricchezza stratosferica. L’Africa è il continente dell’evoluzione umana, siamo tutti di origini africane. In più, qui a Melka Kunture c’è una presenza incredibilmente diffusa di fossili. E poi c’è tutto il mio affetto e l’amicizia per il paese e la gente del posto».

L’archeologia alla fine è diventata una casa anche per loro?

«Le persone locali lavorano con noi da anni come operai. Il rapporto è familiare. Io sono andata a matrimoni e funerali di queste persone. Ricordo il matrimonio della nostra cuoca, e il funerale dello zio di un nostro operaio».

Un momento particolarmente emozionante?

«Lo scorso febbraio la situazione non era stabile...una notte mi sono svegliata all’una, perché ho sentito degli spari. Le confesso che mi sono preoccupata. Ho pensato subito a come radunare il gruppo e metterlo in sicurezza, ma poi alla fine ho capito che c’era un matrimonio. Perché sparavano? Tradizione. Siccome risultava che la sposa era vergine, era un modo per festeggiare in allegria». 

Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 07:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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