Migranti, avere umanità non vuol dire rassegnazione

Domenica 20 Novembre 2016
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Caro direttore, 
in tempi come questi, di grandi esodi di emigranti, le esortazioni del Papa all'accoglienza derivano dall'esperienza di realizzazione che l'uomo fa quando aiuta un bisognoso e dall'evidenza che tutto ciò che siamo e che abbiamo è dono gratuito di Dio, che la vita è buona per noi ma non ce la siamo data noi, l'abbiamo ricevuta da Chi ci conosce e ci ama. Ne deriva che ciò che possediamo non è per merito nostro, per questo, se possibile, dobbiamo condividerlo con chi ne ha bisogno, perchè anche costui è amato da Dio allo stesso modo. E attenzione, perchè questo puo' valere anche per chi si dice ateo e riconosce solo la parola natura: ha ricevuto comunque un dono da Altro.

Insomma, coloro che in Europa vivono nel benessere e alzano muri per tenerlo solo per sè (e lo farebbero anche se non ci fosse il terrorismo), non si sono accorti dell'evidenza suddetta. Il nostro Paese fa bene ad accogliere, anche se non e' possibile che l'Italia possa farsi carico da sola di questa marea umana. E' dovere dello Stato anche combattere il terrorismo e per questo occorrono delle misure per saper discernere sempre meglio tra bisognosi e infiltrati per altri scopi, ma detestare e voler cacciare gli immigrati no, questa non è conoscenza del senso della vita, di più non è umanità.


Gaetano Mule'
Udine


Caro lettore,
il Papà va sempre ascoltato con rispetto e anche le sue appassionate parole meritano attenzione. Ma vorrei dirle che non c' è' neppure umanità nell'accatastare centinaia di giovani uomini in caserme in disuso spesso prive dei servizi minimi indispensabili. Non c'è umanità neppure nel riempire le nostre città di nuova malavita di cui spesso sono vittime i soggetti più deboli, come gli anziani, o le zone più periferiche e meno ricche delle nostre città. Non c'è umanità neppure nell'aprire inidiscriminatamente le porte a tutti, arricchendo i trafficanti di uomini, e ben sapendo che a moltissimi di coloro che arrivano non saremo in grado di garantire né un lavoro, né una casa e spesso neppure un futuro degno di questo nome. Mi fermo qui. Non vorrei essere frainteso: sono perfettamente consapevole che le migrazioni non si possono cancellare né con una bacchetta magica né tantomeno con un comizio in piazza o alla televisione. Ma di fronte a questi dirompenti fenomeni le categorie della solidarietà o dell'umanità, benché importanti, si rivelano spesso insufficienti e inadeguate. La complessità dei problemi impone delle scelte che talvolta sono difficili o dolorose. Purtroppo non è possibile accogliere tutti e subito. Bisogna avere la capacità e la lungimiranza di gestire i flussi migratori, non di farsi sopraffare da essi. Umanità non può diventare sinonimo di passività né di rassegnazione.
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