Ius soli, ius scholae e integrazione dei giovani stranieri? Ma prima va gestita l'accoglienza, non solo in Italia

Domenica 13 Novembre 2022
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Egregio direttore,
si è tentato di frenare il fenomeno migratorio costruendo muri, campi di accoglienza, pagamenti della Germania alla Turchia, ecc. Il recente Rapporto Caritas parla di 281 milioni di migranti nel 2021, pari al 3,6% della popolazione mondiale e di 345 milioni di persone in grave rischio povertà. La reazione dell'Occidente èinadeguata. Un singolo Stato può fare poco. Io credo che almeno una politica d'integrazione maggiore sia da perseguire. Intanto a partire dallo ius soli o ius scolae, perché il giovane che è qui va fatto sentire integrato, altrimenti può anche diventare pericoloso. Vi sono mestieri che noi non facciamo più. Perché non valutiamo le capacità dei nuovi arrivati selezionandoli? L'alternativa è la delinquenza, la violenza, la droga, l'emarginazione sociale. Quale avvenire ha ad esempio un ragazzino nel campo superaffollato di Lesbo, senza scuola, destinato ad un fallimento della sua vita? Mi sbaglio?
Aldo Mariconda


Caro lettore,
non so se lei si sbaglia. Forse però la questione va vista anche da un altro punto di vista. Lo ius soli o lo ius scholae non sono la formula magica per risolvere i problemi dell'integrazione, lo dimostra l'esperienza di altri Paesi dove già esistono leggi di questo tipo. Ma certamente sono strumenti da considerare, con pragmatismo e senza furori ideologici, nell'ambito di una seria ed efficace politica dell'accoglienza e della gestione dei flussi migratori. Dovrebbero però essere un punto d'arrivo, certamente non un punto di partenza. Mi spiego meglio. La priorità dell'Italia oggi è quella di non essere più considerata il naturale e unico punto di approdo e di accoglienza dei migranti che vogliono arrivare in Europa. Serve una politica che, non a parola ma nei fatti, fissi regole chiare su chi può entrare e sulla distribuzione a livello europeo dei migranti che sbarcano sulle nostre coste. Applicando sul serio e non in base alle proprie convenienze o agli egoismi nazionali l'accordo di Dublino, ricordando che per il diritto internazionale, come ha spiegato anche Carlo Nordio, le navi sono Stati che galleggiano e rappresentano quindi un'estensione della nazionalità: dunque se una Ong batte bandiera tedesca, spetta alla Germania il dovere di accoglienza, non all'Italia perché più facile da raggiungere. Per ottenere questo non servono scontri muscolari tra Stati ma franchezza e una politica europea condivisa, come dovrebbe accadere naturalmente in un'Unione. Se si arriverà a questo allora credo che anche il dibattito sullo ius scholae o sullo ius soli potrà essere affrontato più serenamente e potendo contare su un quadro di certezze assai maggiori rispetto a quello attuale.
 

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