Scuola, presidi contro la riapertura: «Il 7 gennaio? Impossibile»

Giovedì 17 Dicembre 2020 di Lorena Loiacono
Scuola, presidi contro la riapertura: «Il 7 gennaio? Impossibile»

I vecchi problemi sono ancora tutti lì, insormontabili, che rischiano di fermare ancora una volta la ripartenza delle scuole superiori, prevista per il 7 gennaio: nulla o poco è cambiato, infatti, rispetto a quando gli istituti furono costretti a chiudere le lezioni in presenza.

Era l’inizio di novembre. Ed ora? Mancano tre settimane alla ripartenza, quando gli istituti secondari dovranno far rientrare almeno il 75% degli studenti, e non si sa ancora come faranno a garantire il ritorno in sicurezza.

«È chiaro che vogliamo tutti rientrare a scuola – sottolinea Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi – ma auspichiamo che avvenga in completa sicurezza. Servono certezze sul servizio di trasporto pubblico, su cui si stanno svolgendo i tavoli con i prefetti: va potenziato perché utilizzato da buona parte degli studenti delle superiori. Avevamo chiesto di attivare screening con i tamponi su studenti e docenti ma non ne sappiamo nulla ancora. Insomma, il rischio oggi è di tornare a lezione solo per pochi giorni, per poi tornare tutti da remoto perché il rientro non è stato ben organizzato».

Ieri sera il premier Conte ha assicurato: «Abbiamo organizzato i tavoli con i prefetti per cercare di incrociare i dati dei trasporti pubblici e degli orari di entrata e uscita per evitare gli orari di punta». Uno dei problemi maggiori legati al rientro è proprio il trasporto pubblico, inadeguato al distanziamento nelle ore di punta. Da qui l’idea di scaglionare gli ingressi a scuola, per alleggerire il flusso dei passeggeri. Ma la scuola non ha orari flessibili: entrare tardi significa uscire tardi, sfalsando gli orari dei docenti di cui ci sarebbe bisogno in maggior numero e degli studenti che non avrebbero tempo per pranzare, rientrare a casa e poi studiare.

«Si sta pensando di individuare due orari diversi – spiega Paola Serafin, rappresentante dei presidi della Cisl scuola – uno alle 8 e uno alle 10. Ma le scuole superiori non hanno la mensa: come facciamo a tenere gli studenti al banco, a digiuno, fino alle 15 o alle 16? E per i laboratori come si fa? Sarebbe opportuno rivedere quel 75% in presenza: le scuole pronte possono arrivare al 100% in presenza ma quelle in difficoltà, come nelle grandi metropoli, dovrebbero essere autorizzate a fermarsi al 50%. È complicatissimo gestire gli orari in questo modo, le scuole lo sanno bene». Il problema sta anche qui: nei tavoli con i prefetti manca la componente scolastica sul campo: vale a dire docenti, presidi, personale ata che conoscono bene i problemi vissuti nelle prime settimane in presenza e quelli relativi alla nuova ripartenza.

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L’assenza

Non è prevista neanche la presenza dei sindacati. «Per segnalare le criticità organizzative e gestionali dei servizi – denuncia Maddalena Gissi, Cisl scuola – devono poter partecipare ai tavoli anche le organizzazioni sindacali. Non basta stabilire una data, bisogna fare in modo che per quella data ci siano tutte le condizioni per rientrare in sicurezza. Ma se i trasporti non sono adeguati e le scuole sono costrette a differenziare gli orari di ingresso e di uscita, è praticamente impossibile rientrare con il 75% di attività in presenza». Intanto presidi e docenti trascorreranno la pausa natalizia ad organizzare il rientro, cercando di far coincidere orari, classi e lezioni. Tre quarti in presenza, uno a distanza. Un gioco ad incastro a cui sono abituati da mesi, con il continuo variare delle percentuali. La sensazione? «Siamo ancora al punto di partenza – tuona Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti - è una perdita ulteriore di tempo prezioso pensare che la soluzione possano essere i tavoli istituzionali, la cui inutilità è stata ampiamente dimostrata dalla storia recente». 

Ultimo aggiornamento: 13:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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