Stato-mafia, Spatuzza: già nel '97 parlai di Berlusconi

Venerdì 14 Marzo 2014
Stato-mafia, Spatuzza: già nel '97 parlai di Berlusconi
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Nel 1997, anni prima di cominciare a collaborare, durante un colloquio investigativo con l'allora procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna e con Piero Grasso, dissi 'fate attenzione a Milano 2'. Stavamo per salutarci e io mi sentivo di dire qualcosa anche se ancora non ero pentito». Lo ha rivelato il pentito Gaspare Spatuzza deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia nell'aula bunker di Rebibbia e alludendo a Silvio Berlusconi.

Spatuzza e Berlusconi. «Intendevo dare in modo soft, come avevo fatto per il furto della 126 usata per la strage di via D'Amelio, un'indicazione», ha aggiunto. Anni prima di formalizzare la collaborazione con la giustizia, dunque, l'ex braccio destro del boss Giuseppe Graviano accennò velatamente ai magistrati a Silvio Berlusconi, il cui nome come referente di Graviano fece espressamente solo nel 2009, e alle anomalie nelle indagini sull'attentato al giudice Paolo Borsellino.
Il collaboratore di giustizia ha raccontato un episodio che sarebbe accaduto a gennaio del 1994 quando Spatuzza e un nutrito numero di killer di Cosa nostra erano a Roma per organizzare un attentato ai carabinieri allo stadio Olimpico, poi fallito. «Con un'aria gioiosa Graviano mi disse - ha raccontato - che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa. Io capii che alludeva al progetto di cui mi aveva parlato già in precedenza». «Poi - ha spiegato - aggiunse che quelle persone non erano come quei 4 crasti (cornuti, ndr) dei socialisti che prima ci avevano chiesto i voti e poi ci avevano fatto la guerra». «'Ve l'avevo detto che le cose sarebbero andate a finire bene'», avrebbe detto Graviano. «Poi - ha continuato - mi fece il nome di Berlusconi e aggiunse che in mezzo c'era anche il nostro compaesano Dell'Utri e che grazie a loro c'eravamo messi il Paese nelle mani». Il boss avrebbe aggiunto che era necessario continuare a preparare l'attentato ai carabinieri perchè - disse - «gli dobbiamo dare il colpo di grazia».

«Non feci il nome di Berlusconi per timore». «Dopo alcune settimane dalla mia decisione di collaborare con la giustizia, nel 2008, cadde il governo Prodi e subentrò in me un grosso timore. Mi trovai Berlusconi presidente del Consiglio e Alfano come ministro della Giustizia e le mie preoccupazioni aumentarono ulteriormente», ha aggiunto Spatuzza. Il difensore aveva sottolineato la circostanza che solo a giugno del 2009, quindi circa un anno dopo la formalizzazione del pentimento, Spatuzza ha raccontato ai pm che il boss Giuseppe Graviano, nel '94, gli avrebbe indicato in Berlusconi e Dell'Utri i suoi nuovi referenti politici. Vicenda che il pentito ha spiegato proprio coi timori derivati dal ritorno al potere di Berlusconi. «Se il governo fosse caduto prima - ha aggiunto - non mi sarei neppure pentito». «Non voglio insinuare nulla su Alfano - ha spiegato alludendo proprio alle preoccupazioni di cominciare la collaborazione nel mutato clima politico e con la consapevolezza che avrebbe dovuto riferire le circostanze apprese su Berlusconi e Dell'Utri - Non voglio dire cose che non so, ma certo ero preoccupato». Ieri il collaboratore ha spiegato di avere deciso di parlare delle confidenze di Graviano solo dopo avere appreso, mentre era davanti ai pm di Firenze, che le Procure di Palermo e Caltanissetta avevano dato parere favorevole alla sua ammissione al programma di protezione. Il legale ha anche sottolineato che già nel 1998 Spatuzza aveva avuto colloqui investigativi con l'allora procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna ma che anche allora nulla aveva detto del colloquio con Graviano. «Allora - ha risposto Spatuzza - la mia non era una collaborazione. Avevo solo mostrato disponibilità perchè dentro di me mi ero ravveduto. Ma solo nel 2008, dopo un lungo percorso personale, ho deciso di pentirmi».

«Ecco il perché dello stop alle stragi». «Dopo il fallito attentato all' Olimpico finirono le stragi perché avevamo chiuso tutto», ha detto il pentito. Con l'espressione «avevamo chiuso tutto» il collaboratore di giustizia si è riferito a quanto gli disse il boss Giuseppe Graviano a gennaio del 1994 e cioè - gli avrebbe confidato il capomafia - che Cosa nostra aveva ottenuto tutto quel che cercava «grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa», riferendosi ai suoi nuovi interlocutori Berlusconi e Dell'Utri.

Nuova udienza il 27 marzo. È terminato il controesame, da parte dei legali e dei pm, del pentito. Il dibattimento, che questa settimana è stato celebrato nell'aula bunker di Rebibbia per gli interrogatori, oltre che di Spatuzza, del collaboratore di giustizia Fabio Tranchina e dell'ex esponente di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini, è stato rinviato al 27 marzo. In quella data verrà sentito in videoconferenza il pentito Rosario Naimo. Spatuzza si è accomiatato augurando alla corte d'assise di Palermo di poter arrivare alla verità nel processo. Le udienze riprenderanno a essere tenute nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.

Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 10:32

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