Irpinia, 35 anni fa il terremoto che distrusse la Campania

Lunedì 23 Novembre 2015 di Generoso Picone
Irpinia, 35 anni fa il terremoto che distrusse la Campania
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Non ci fosse quella faccenda del contenzioso di Valva, i sindaci delle aree colpite dal terremoto del 23 novembre 1980 farebbero volentieri a meno oggi di parlare di ricostruzione. Oggi, 35 anni dopo, hanno tutti una gran voglia di guardare avanti, di rimettere in movimento le lancette dell’orologio, come in una bella immagine del suo romanzo «Il paese dei Coppoloni», scrive Vinicio Capossela: «Da allora la Relogia era rimasta così, come in segno di lutto. Per sottrarsi alla Storia, o per indicare che a quell’ora la civiltà della terra era morta. Ferita dalla terra stessa. Uccisa dal Contributo».







Le ferite della tragedia che allora colpì Irpinia, Salernitano e Basilicata non si cancellano, difficile elaborare la perdita provocata da una vera e propria catastrofe che si abbattè su uno dei brani più poveri del paesaggio meridionale: alle 19,34 di una domenica insolitamente calda per il periodo autunnale, una scossa di magnitudo di 6.9, circa il decimo grado della scala Mercalli giusto perché non c'è un undicesimo, rase pressocché al suolo i comuni vicini all'epicentro della Sella di Conza, da Sant'Angelo dei Lombardi a Lioni, a Conza della Campania a Laviano e a Muro Lucano, causando la morte di 2.570 persone, e forse più, 8.848 i feriti e circa 300mila i senzatetto. Non si può dimenticare e anche 35 anni dopo, la giornata del 23 novembre è consegnata al silenzio, ai lumini accesi nei cimiteri, alle corone deposte ai monumenti, alle visite alle tombe dei cari, alle lacrime che non mancheranno in questa Spoon River dell'osso del Mezzogiorno di Manlio Rossi-Doria con i ragazzi del bar e i malati dell'ala dell'ospedale di San'Angelo dei Lombardi, i bambini della chiesa di Balvano, i contadini di Teora, le famiglie delle rampe e dei vicoli del centro storico di Avellino. Però questo è anche il tempo di costruirsi un futuro, un destino diverso, una possibilità di stare nel mondo.



Ma c'è quella pratica di Valva che pare voler ostinatamente ancorare al passato. Oggi la ricostruzione del patrimonio edilizio ha superato il 90% nei 679 comuni delle 8 province che la legge 219 del 1981 indicò come interessate dal terremoto: Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia, evidentemente non tutte allo stesso modo e qualcuna anche molto marginalmente, ma l'economia della catastrofe che prevalse nell'intervento straordinario portò a una geografia tanto larga come gli sprechi che ne vennero. In realtà, le tre province maggiormente colpite furono quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45). Gli edifici distrutti o danneggiati arrivarono a essere circa 100mila. La Corte dei Conti, nella sua relazione di 8 anni fa, tirando la somma dei vari stanziamenti dalla legge 219 del 1981 alla legge Finanziaria del 2007, è arrivata alla cifra di 32mila miliardi 363milioni e 593.779 euro. Non ne sono arrivati 250 milioni, bloccati nell'ingorgo burocratico di Valva, nel salernitano, dove il contenzioso acceso da una ditta locale ha consigliato l'Avvocatura dello Stato di fermare i flussi fino a chiarimento definitivo: i 10 milioni chiesti dalla ditta vanno prelevati dai 250 o da altro e chissà quale capitolo? Spiega il primo cittadino di Lioni, Rodolfo Salzarulo: «Eravamo vicini alla soluzione. Chiederemo chiarimenti perché si dia il via libera ai fondi che spettano per i lavori eseguiti e mettere una volta per tutte la parola fine al capitolo ricostruzione».
Ultimo aggiornamento: 22:14

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