Delfo Zorzi dopo l'assoluzione: «Non
sono stragista, ma non rinnego nulla»

Lunedì 3 Marzo 2014 di Giuseppe Pietrobelli
La Banca dell'Agricoltura dopo l'esplosione e Delfo Zorzi
1
Hagen Roi è nel suo ufficio di Tokyo. Sono le due e mezzo di notte. «L’ora migliore per lavorare» spiega Delfo Zorzi al telefono, con voce calda. Ora la Cassazione ha sancito la sua estraneità dalla strage di Brescia. Lo stesso era accaduto per la bomba di Piazza Fontana a Milano. Cala il sipario, come imputato, sull’ordinovista mestrino che vive in Giappone. Sospettato degli episodi più bui dello stragismo nero, può esibire sentenze inappellabili. Definitive.

Per questo ha accettato di parlare. Non fa la vittima, ma rivendica il diritto all’onore. Non rinnega le passioni giovanili, ma ripudia la violenza. E non rinuncia ad accusare il tentativo di trovare un colpevole ad ogni costo.



Il suo stato d'animo, dopo 15 anni di inchieste e processi?

«In realtà la mia odissea giudiziaria è durata 30 anni. Tutto comincia nel 1984 con le indagini sulla fantomatica ricostituzione del Partito Nazionale Fascista, sfociata nel processo del 1985 a Venezia e durata fino al 1989. Quindi "l'accanimento" comincia con l'istruttoria di Venezia del giudice Casson e prosegue con la criminalizzazione del Centro Studi Ordine Nuovo Triveneto (sciolto nel '69 in tutta Italia)».



Era molto attivo a Nordest.

«In primis a Venezia, Trieste, Mestre, ma anche Treviso e Verona. Manca Padova ma non è un caso: là non è mai esistito perché la cosiddetta adesione, personale fra l'altro, del dottor Franco Freda è durata alcuni mesi, nel 1965. Ed è terminata con la sua rapida espulsione dai Comitati di Riscossa Nazionale, peraltro anch'essi abortiti. Ovviamente mi sento sollevato dal proscioglimento finale in Cassazione per l'infamante accusa di coinvolgimento nella strage di Brescia».



I pentiti l’accusavano di aver partecipato nella libreria di Freda a un incontro per pianificare attentati nel ’69.

«Era tutto falso, inventato. In quella libreria non ci sono mai stato. Come era falso il racconto dei pentiti di una cena con 35 ufficiali Usa e italiani a Rovigo in cui sarebbe stato estratto un biglietto con il nome del "gruppo di Mestre", incaricato per eseguire un attentato in un grosso centro del Nord, forse Brescia. Ma lo stesso pentito aveva detto che i "mestrini" si erano rifiutati».



Come spiega tanta insistenza giudiziaria?

«Tutto nasce dall'uso abnorme e illegale del "pentito" Martino Siciliano, "comprato" abusivamente coi fondi Sismi e addirittura alimentato in Colombia con molte rimesse personali del giudice Guido Salvini, irretito e manipolato sia dall'agente Sismi, Madia, che dai ROS del capitano Massimo Giraudo. In modo consimile è andata con il pseudo-agente "Erodoto 2" della Cia, Carlo Digilio».



Perchè un accanimento?

«È il termine giusto: un accanimento dei Pm e dei media, tranne qualche caso isolato, perché si è dato credito alle assurde dichiarazioni di questi due pentiti da subito inattendibili».



Perchè ha coltivato una linea di difesa tecnica?

«È stata una scelta condivisa con i "Prìncipi del Foro" che ho avuto l'onore di avere come miei difensori, in primis Antonio Franchini, poi Tommaso Bortoluzzi e anche gli avvocati Cristiana Cagnin e Barbara De Biasi. Si sono battuti con grande professionalità e determinazione. Devo fondamentalmente a loro se finalmente sono, a quasi 70 anni, un uomo libero».



Quanto le è costata, in termini morali e materiali, questa vicenda?

«Tralasciando i costi materiali, devo ammettere che i costi morali, personali e professionali sono stati altissimi. L'autocommiserazione non fa parte del mio "essere", per cui preferisco non entrare in dettagli fin troppo dolorosi della mia vita durante questi anni di persecuzione».



In Giappone cosa pensano di lei e dei suoi processi?

«In Giappone ho trovato molta più solidarietà e comprensione. Persino il Tribunale Civile di Tokyo mi ha dato ragione in una lunga causa per diffamazione contro pressochè tutti i giganti della stampa (dall'Asahi Shimbun al Mainichi!). Assieme vendono 30 milioni di copie. I più grandi giornali del mondo con 40 avvocati hanno perso la causa contro di me rappresentato da solo tre giovani avvocati».



Cosa avevano scritto?

«Avevano ripetuto pedissequamente quanto scrivevano quasi tutti i giornali italiani sul mio "preteso" coinvolgimento nelle "stragi nere". Ma i giudici seri, oltre al famoso giudice berlinese che sfidò il suo re nel '700, ci sono anche in Giappone! Ed ora, finalmente, posso dirlo, relativamente alle Corti giudicanti italiane, anche per i giudici di Assise e della Suprema Corte di Cassazione».



Lei ha sempre negato il coinvolgimento in episodi di violenza, ma non ha rinnegato il suo passato ideologico. Lo fa anche ora?

«Solo l'Inquisizione e le corti staliniane degli anni '30 chiedevano - ed ottenevano... - l'abiura ideologica. No, non sono disponibile, negherei me stesso e l'idealismo assoluto che allora mi ha ispirato e tuttora mi ispira, come peraltro la mia distanza di allora, ed ora, da ogni idea stragista».



Davvero non percepì che oltre il livello politico della militanza ce n’era uno terrroristico?

«Assolutamente non l'ho percepito, essendo totalmente estraneo a quel genere di scelte».



L'hanno accusata anche di condizionare testimoni, di voler inquinare i processi.

«È un’accusa assolutamente falsa».



A distanza di tanti anni, che idea si è fatto dello stragismo iniziato con Piazza Fontana?

«In realtà si tratta di scelte individuali, fatte probabilmente da pochissimi pazzi criminali con cui non ho avuto nulla da spartire».



E dei depistaggi, provati, di uomini dello Stato?

«Penso a mosse fatte comunque con finalità di carriera, ma tutto ciò non era frutto di un disegno organico. Non condivido la "dietrologia" di molti giornalisti, Pm e persino uomini della strada. Laconspirancy theory, la teoria del complotto, è uno dei "vizi" nazionali. Non credo assolutamente al complottismo».



Ha avuto giustizia?

«Sì, certamente ho avuto giustizia e penso di essermela meritata in quanto coerentemente innocente».



Non teme che l'ombra delle stragi l'accompagnerà per sempre, anche se assolto?

«L'ombra sì, molto probabilmente sì, rimarrà. Ma proprio perché l'opinione pubblica inquinata dalla "vulgata" mediatico-giudiziaria e il pensiero unico politically correct stanno intorpidendo tutto e tutti. E comunque le ombre dovrebbero aleggiare solo su chi veramente non rispetta la giustizia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci