«Crisanti ha mistificato e alterato il caso Vo'». Le rivelazioni nell'ultimo libro di Bruno Vespa

Mercoledì 28 Ottobre 2020 di Bruno Vespa
Andrea Crisanti
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L'11 febbraio scorso il Corriere del Veneto, sotto il titolo "Analisi a chi rientra dalla Cina", pubblica un'intervista ad Andrea Crisanti, rientrato dall'Imperial College di Londra per occupare la cattedra di microbiologia e virologia all'università di Padova e dirigere il laboratorio dell'ospedale cittadino. Crisanti sostiene che la comunità cinese ha chiesto di sottoporre ad analisi non soltanto chi presenta sintomi compatibili con quelli del Coronavirus, ma anche tutti coloro che sono rientrati nel Veneto dopo un viaggio in Cina. In regione puntualizzano che Crisanti, ottimo microbiologo, ha ereditato dal suo predecessore Giorgio Palù, già presidente dei virologi europei, una «Ferrari sanitaria»: Padova ha il più importante dei 14 laboratori di microbiologia distribuiti su 3.000 metri quadrati in tutto il territorio veneto. Ebbene, né il direttore generale della sanità veneta, Domenico Mantoan, né il direttore generale dell'azienda padovana che unisce ospedale e università, Luciano Flor da cui dipende Crisanti, sanno alcunché dell'iniziativa del professore di effettuare tamponi alla comunità cinese.


PROTOCOLLO

Mantoan ricorda che iniziative del genere sono al di fuori di ogni protocollo, vanno concordate e, comunque, non sono coperte finanziariamente. In una lettera inviata a Mantoan il 12 febbraio, Crisanti si affretta a precisare che le sue dichiarazioni «sono state travisate dagli organi di stampa» e lo rassicura sulla sua adesione alle direttive ministeriali. Alla regione affermano che il professore non ha mai inviato un progetto scientifico sul tipo di analisi alle quali sottoporre i cinesi e ha partecipato in modo sporadico alle riunioni del Comitato tecnico scientifico regionale presieduto da Mantoan.
Insomma, i rapporti tra i due sono sempre stati conflittuali. Il 21 febbraio il Veneto entra in emergenza e il laboratorio di Padova non basta per fare tutti i tamponi necessari. Viene validato, perciò, anche quello dell'ospedale di Schiavonìa. Il 24 febbraio vengono chiusi Vo' e Codogno. L'indomani Crisanti chiama Zaia (i due non si conoscono) per chiarire definitivamente la polemica nata sui giornali e già sopita con la sua lettera a Mantoan. Una settimana più tardi, nuova telefonata di Crisanti: «Lei» dice a Zaia «con i tamponi a tutta la popolazione di Vo', ha fatto una cosa unica al mondo. Mi finanzia una ricerca epidemiologica per rieseguire tutti i tamponi alla fine della quarantena?». Il governatore trova l'iniziativa «utile e interessante». Il 2 marzo c'è un incontro in assessorato e la giunta regionale stanzia 150.000 euro.
Crisanti procede con i tamponi, ma le autorità sanitarie venete lamentano di non aver ricevuto i risultati della nuova ricerca.

Li leggono, per contro, sulla prestigiosa rivista inglese «Nature» e notano che il professore si attribuisce la paternità anche del primo giro di tamponi, eseguito invece dall'azienda sanitaria di Padova, per decisione di Zaia, tra il 23 e il 29 febbraio. Crisanti scrive che questa iniziativa è fondamentale per la strategia del Veneto nella lotta al virus. Lui stesso, come abbiamo visto, ne attribuisce la paternità a Zaia, ma nel suo articolo su «Nature» non vi fa cenno.


REPLICA

In autunno la Regione del Veneto spedisce a «Nature» una durissima lettera di replica firmata da Francesca Russo, direttore della Prevenzione. «La pubblicazione» si legge «ha alterato i fatti, distorcendo la realtà e mistificando quanto è accaduto a Vo'. Tutte le decisioni rilevanti su come affrontare il focolaio hanno avuto origine dall'ospedale di Schiavonìa, dove sono stati ricoverati i primi due pazienti residenti a Vo' positivi per Sars-CoV-2, e sono state assunte dal Presidente della Regione del Veneto di concerto con la Direzione Prevenzione e Sanità Pubblica della Regione e con le autorità sanitarie dell'Azienda Ulss 6 Euganea. Tutto questo è accaduto ancor prima che lo studio di Vo' fosse concepito. Infatti, l'effettuazione dei tamponi è iniziata dopo che l'Ospedale era già stato evacuato e dopo che fosse disposto l'isolamento e il lockdown del Comune di Vo'. Inoltre, il lockdown era ancora in corso al momento del secondo campionamento».


E ancora: «Non corrisponde al vero che due indagini sulla popolazione residente di Vo' sono state condotte a meno di due settimane di distanza, per indagare l'esposizione della popolazione a Sars-CoV-2 prima e dopo il lockdown. (...) Non è vero che (...) questo studio ha guidato la strategia adottata dalla Regione del Veneto e che questa strategia di testing and tracing ha avuto un impatto notevole sul corso dell'epidemia in Veneto rispetto alle altre regioni italiane. Il caso di Vo' ha avuto un impatto strategico minimo sull'approccio della Regione del Veneto nell'affrontare l'epidemia, dal momento che conta, finora, solo 5 morti e 83 casi positivi nel comune mentre altri focolai sono simultaneamente scoppiati in comunità molto più grandi e la strategia di testing and tracing era già in atto».


RIVENDICAZIONE

In conclusione la Russo rivendica che «la Regione del Veneto, a differenza delle altre regioni italiane, I) ha mantenuto una tradizione di distribuzione territoriale capillare delle strutture di prevenzione e controllo; II) ha istituito, sin dall'inizio della pandemia, un sistema biologico, clinico ed epidemiologico di tracciamento dei contatti e monitoraggio dei casi; III) ha istituito punti di pronto soccorso, reparti e ospedali dedicati a Covid-19. Questa organizzazione ha determinato i risultati di sanità pubblica, non lo studio di Vo'».
Perciò, la pandemia è stata «affrontata con largo anticipo rispetto a uno studio progettato e intrapreso a posteriori che non ha avuto il minimo impatto sulle scelte strategiche di sanità pubblica».

Andrea Crisanti non è mai citato, ma è a lui che è indirizzata la smentita.
 

Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 10:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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