Bimbo morto soffocato, la mamma: «Voglio vedere chi vive grazie a lui»

Giovedì 20 Marzo 2014 di Maria Lombardi
Bimbo morto soffocato, la mamma: «Voglio vedere chi vive grazie a lui»
Non posso pensare al funerale di Francesco, non riesco nemmeno a pronunciare questa parola.

Vorrei che fosse anche una festa, con i canti e con la gioia se gioia ci può più essere. Per il mio bambino non voglio solo lacrime e dolore. Dopo la morte sarà questa la tappa più difficile». E sarà nella chiesa di Colleverde dove Francesco giocava con le macchinine durante la messa, ai piedi della mamma, i grandi a pregare e lui a far scivolare i modellini sulle pedane di legno. «Non riuscivo a farlo stare fermo, faceva un macello in chiesa e io me ne lamentavo, ma Francesco era così, incontenibile nelle sue manifestazioni di vitalità».



LA CHIESA

Alessia tornerà lì, gli occhi fissi verso l’altare stavolta, nel silenzio delle lacrime, nessun tenero frastuono accanto, il sorriso del suo bambino fermo in una foto. Sarà forse domani o sabato, non si sa ancora, parlerà il frate che anche il piccolo Francesco la domenica ascoltava non capendo e canteranno gli amici della comunità Maria, sempre vicini in questi giorni alla famiglia del bambino di tre anni morto per un pezzettino di wurstel andato di traverso mentre era con la mamma al bistrot dell’Ikea a Porta di Roma.

«Perché piangi?», chiedeva Francesco davanti alle lacrime di qualche bambino, di lui non restano che sorrisi nei video dei giorni da ricordare. La nonna Pina spegne le candeline dei 70 anni, Francesco è l’unico a battere la mani, divertito dalla fiamma, l’obiettivo riprende una torta in tavola e c’è lui che affonda le mani nella panna, se la porta in bocca felice, in piscina ride dell’acqua e della mamma che lo chiama «squalo», fa la faccia buffa.



IL DESIDERIO

«Mio figlio è vissuto solo tre anni, se può suscitare una preghiera, un pensiero d’amore. Altro non può fare...», e la voce della mamma del piccolo Francesco Emanuele Maria Parroni si ferma lì, poi il pianto, nemmeno lei e il marito possono fare di più di quello che hanno fatto nel momento della fine. Dire sì all’espianto degli organi, «perché Francesco era generoso. Mio marito era convinto, io ho accettato pensando a quello che avrebbe fatto mio figlio». In tre hanno ricevuto la sua vita in dono: il fegato è stato trapiantato al Bambino Gesù di Roma, a una bambina della sua età, un rene a Bari e un altro a Genova hanno ridato speranza a due ragazzine di 10 e di 19 anni. «Mamma, quest'estate portami al mare». Il primo desiderio di Sara, nel letto dell’ospedale San Martino di Genova, dopo il trapianto del rene. «Vorrei ringraziare di persona i genitori, grazie a loro mia figlia potrà avere una vita normale».

Il desiderio della mamma e del papà di Francesco. «Non so se è possibile. Ma vorremmo tanto, io e mio marito, guardare anche solo gli occhi della bambina di Roma che Francesco ha salvato, o quelli di una delle altre. Potrebbe essere per noi un conforto. Francesco mi ha regalato la gioia della maternità, mi ha dato la gioia della sua vita e adesso ha salvato tre bambini. È sempre stato un angelo».



L’INCHIESTA

Aveva chiesto, Alessia, se fosse stato possibile adottare il neonato abbandonato in un vagone fermo alla stazione di Baiano, Avellino. «Lo hanno chiamato Francesco e per un attimo ho creduto in un segno. Ma poi è arrivata la parte cosciente, quella del dolore incontenibile: non posso sostituire il mio bambino. Questa scelta dovrebbe essere un atto d’amore e basta». C’è l’inchiesta della Procura di Roma per omicidio colposo, ci sarà da rivivere ancora quei momenti, da raccontarli. «Mio nipote si sarebbe salvato se gli avessero fatto le manovre giuste in tempo», ripete la sia Federica Vitti. Per lei, «Francesco è vivo, in chiesa non possiamo piangere per lui. Non le avrebbe voluto, le nostre lacrime».
Ultimo aggiornamento: 16:44

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