Venezia, positivo al test antidroga e sospeso dal lavoro, il giudice lo reintegra ma l'azienda fa ricorso in Cassazione: «Rispettiamo scelte di vita ma non possono incidere»

Il datore di lavoro ne fa una questione di sicurezza e organizzazione

Mercoledì 3 Aprile 2024
Positivo alla droga e sospeso dal lavoro, il giudice lo reintegra ma l'azienda fa ricorso in Cassazione: «Rispettiamo scelte di vita ma non possono incidere»

Era risultato positivo alla droga e il datore di lavoro lo aveva sospeso: era rimasto a casa, senza stipendio. Ora viene reintegrato dal giudice del lavoro ma l'azienda ha fatto ricorso perché non vuole che faccia più parte del personale. La multiutility di Venezia Veritas ha proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte di Appello di Venezia che ha disposto il reintegro di un dipendente, ritenuto non idoneo perché trovato positivo a un esame tossicologico. La multility è una partecipata comunale al 100% e si occupa di servizi integrati: dai rifiuti all'energia. 

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Positivo alla droga, sospeso dal lavoro e reintegrato dal giudice. L'azienda ricorre in Cassazione

Il dipendente non era stato ricollocato in altre mansioni perché, a detta dell'azienda, si trattava di «conseguenza di un atto volontario del lavoratore, che in tal modo ha fatto pesare le proprie scelte di vita anzitutto sull'organizzazione del lavoro e, in via indiretta, sulla cittadinanza».

Lo aveva quindi messo in ferie, sospendendolo dall'attività e dalla retribuzione, in attesa del recupero della negatività ai test.

Veritas è stata assistita dagli avvocati Andrea Bortoluzzi e Marta Molesini dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo e soci, secondo cui «si tratta di un tema di frontiera, anche se molto diffuso nella società di oggi, dove queste sostanze circolano con grande facilità. Il datore deve rispettare la privacy e le scelte di vita dei propri dipendenti ma non può essere costretto a subire le conseguenze negative di queste scelte, soprattutto quando incidono su un'organizzazione destinata a rendere un servizio pubblico. Chi intende assumere sostanze che lo rendono impossibilitato allo svolgimento della mansione affidata non può essere premiato garantendogli comunque la retribuzione, o imponendo al datore di lavoro di modificare la propria organizzazione». 

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«La materia è delicata - si legge sul sito della multiutility - in questo caso il datore di lavoro impegnato a garantire servizi pubblici locali essenziali (igiene urbana, servizio idrico integrato e servizi cimiteriali) di fronte all'accertata positività del dipendente agli esami a cui viene periodicamente sottoposto, non ha ritenuto corretto ricollocarlo in altre mansioni in quanto l’inidoneità ad alcune mansioni è stata conseguenza di un atto volontario del lavoratore che in tal modo ha fatto pesare le proprie scelte di vita anzitutto sull’organizzazione del lavoro e, in via indiretta, sulla cittadinanza, rendendosi indisponibile allo svolgimento delle mansioni a cui avrebbe dovuto adempiere».

«Veritas, quindi, aveva collocato il lavoratore in ferie, per quanto ha potuto, sospendendolo dall’attività e dalla retribuzione solo per il tempo strettamente necessario, in attesa del recupero della negatività ai test. Veritas ritiene che in questo caso l’interesse aziendale e della sicurezza del lavoro, casualmente coincidenti anche con l’interesse pubblico collettivo, debbano trovare un proprio bilanciamento con l’interesse privato del lavoratore all’assunzione di sostanze tossicologiche o psicotrope e all’incidenza di queste sulle capacità lavorative del proprio dipendente. È infatti la legge che indica al datore di lavoro di eseguire i test per verificare l’assunzione e l’abuso di sostanze psicotrope (droghe o alcolici) nei confronti di lavoratori che hanno particolari abilitazioni, ad esempio quella di autista di mezzi pesanti - si legge ancora nel comunicato di Veritas -. È poi quasi inutile ricordare che il datore di lavoro, specie se svolge un servizio pubblico che prevede il contatto con il pubblico, deve garantire anzitutto la sicurezza (altrui e del proprio dipendente, nella fattispecie “alterato”) senza dover per forza soggiacere ai costi e ai tempi necessari per la ricollocazione in altra posizione lavorativa. Come se la ricollocazione non fosse da ottenere in sicurezza – per sé, per gli altri e per i colleghi - e la prestazione possa svolgersi in uno stato di non lucidità o di alterazione».

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«La questione è anche oggetto di altre tematiche non certo esenti dai temi della sicurezza del lavoro e della circolazione stradale, dato che i controlli preventivi sugli abusi di droghe o di alcolici sono limitati, per i lavoratori, solo a coloro che hanno particolari patenti o abilitazioni, ma non si effettuano – per legge – per le funzioni che non lo prevedono, anche se ovviamente vige il divieto generale, ad esempio, di essere alterati alla guida di mezzi di qualsiasi genere», conclude la nota.
 

 

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 08:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA