Quirinale, Renzi: no a nomi già bocciati. E a Berlusconi: prima del Colle l'Italicum

Domenica 30 Novembre 2014 di Alberto Gentili
Napolitano e Renzi
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L'ho detto e ripetuto, le riforme si fanno subito, prima di occuparci del Quirinale. E se il Parlamento si dimostrerà incapace di garantire il cambiamento, al nuovo capo dello Stato chiederò di andare sparati alle elezioni. E ci si andrà con il Consultellum così com'è, senza correzioni. Agli italiani dirò: “Non mi hanno fatto fare la nuova legge elettorale e si deve votare con questa porcata”».



Matteo Renzi, nel giorno in cui Silvio Berlusconi chiede di invertire l'ordine dei lavori - prima l'elezione del nuovo capo dello Stato e soltanto dopo la riforma elettorale - ai suoi ha confidato uno stato d'animo quanto mai battagliero. Una vera e propria minaccia per l'ex Cavaliere, che vedrebbe sfumare le amate liste bloccate. E un avvertimento ai ribelli dem. Ma anche un azzardo per Renzi, visto che il Consultellum è essenzialmente un sistema proporzionale. E dunque, a meno di non prendere il 51 per cento dei voti, il segretario del Pd e premier sarebbe costretto nel dopo le elezioni a governare in... coalizione. «Ma siamo proprio sicuri che partendo dal 40,8% delle europee il traguardo del 51% sia proprio impossibile?», chiede un renziano che frequenta quotidianamente palazzo Chigi.



Sogni di gloria a parte, i giochi sono aperti. Il ministro del Ncd Maurizio Lupi, uno che vive da tempo sulla linea di confine e ha imparato ad annusare umori e manovre di una parte e dell'altra, di fronte al timing fissato da Berlusconi la mette così: «Il più importante e forte alleato di Renzi è Napolitano. Dunque, il Presidente annuncerà le sue dimissioni a fine anno e poi lascerà il Quirinale dopo un mesetto, dando a Matteo il tempo per varare la legge elettorale».

Ed è proprio questo lo schema del presidente del Consiglio. Renzi resta determinato ad approvare l'Italicum con «la maggiore condivisione possibile» (suggerita anche da Napolitano). Ma quando c'è da tirare dritto in nome della riforma elettorale «non guarda in faccia a nessuno».



E ieri, nel giorno dei tre voti di fiducia alla legge di Stabilità, a Montecitorio non si parlava che della strategia scelta dal premier per far rispettare la sua road map: prima il sì dell'Italicum a palazzo Madama e il sì alla riforma del Senato da parte della Camera. Poi, soltanto poi, l'apertura del capitolo-Quirinale. «L'Italicum è già incardinato in Commissione a palazzo Madama e arriverà in aula verso il 20 dicembre», diceva il renziano Ettore Rosato, «mentre la riforma costituzionale del Senato avrà la sua seconda lettura alla Camera più o meno in contemporanea».



NO AI RICATTI

Giusto in tempo, è la speranza di Renzi, per arrivare all'elezione del nuovo Presidente senza essere sotto ricatto di Berlusconi. «Anche perché», aggiungeva Lorenzo Guerini, il braccio destro del premier e vicesegretario del Pd, «dato che Napolitano è ancora al suo posto, la questione del Quirinale non è sul tavolo. In più, si tratta di rispettare il solenne impegno che il Parlamento ha preso proprio con il Presidente quando gli venne chiesto il sacrificio di accettare un altro mandato».



Tra i renziani però già da tempo si studiando mosse e strategie per prepararsi alla «dolorosa successione». «Lo schema è già chiaro», dicono a palazzo Chigi, «Matteo quando arriverà il momento, riunirà i parlamentari del Pd e farà un discorso che suonerà più o meno così: “Chi vuole fissare paletti e proporre candidature divisive sbaglia, non è giusto né utile rinunciare a eleggere il nuovo Presidente con una maggioranza la più larga possibile. Dunque mettiamoci d'accordo e avanziamo una candidatura in grado di avere un consenso amplissimo”».



GRILLINI E MINORANZA DEM

Ma c'è di più. Ai renziani del cerchio ristretto il premier l'ha detto chiaramente: «Niente candidature divisive e non porteremo al voto per il Colle neppure nomi di personalità già bocciate da questo Parlamento». Traduzione: né Franco Marini, né tantomeno Romano Prodi. E soprattutto, una volta eletto il nuovo presidente della Repubblica, Renzi andrà sparato alle elezioni se non sarà riuscito a far approvare l'Italicum. «E' chiaro che noi proporremo l'approvazione della nuova legge elettorale con una clausola di salvaguardia anti-elezioni anticipate», spiega una fonte vicinissima al premier, «vale a dire: niente urne fin tanto che non sarà stato riformato il Senato. Ma si possono dimenticare che cambieremo il Consultellum», la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta che ha azzerato il Porcellum.

Le bizze di Berlusconi e le vistose crepe del patto del Nazareno, spingono Renzi anche a guardare con attenzione anche al campo dei grillini.



Lo smottamento dei Cinquestelle è atteso e sperato: «Se come sembra saranno qualche decina i parlamentari che lasceranno Grillo», analizzano a palazzo Chigi, «la maggioranza si allargherà in modo significativo in Senato e quando arriverà il momento di eleggere il nuovo capo dello Stato i voti dei transfughi grillini saranno utilissimi...». Berlusconi è avvertito.



Con l'avvicinarsi della partita per il Quirinale diventa importante anche recuperare «almeno una parte» della minoranza dem. Renzi ha osservato con grande attenzione la riunione di ieri di Area riformista, cui hanno partecipato una settantina di deputati, ma non i pasdaran Fassina, Zoggia e D'Attorre. La parola d'ordine: «Massima coesione e massima condivisione». Il che vuol dire che per il Quirinale, se saprà e vorrà accettare l'offerta del correntone di Area riformista, Renzi potrà contare su un altro centinaio di voti.
Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 10:52

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