Ex Ilva più vicina alla paralisi: senza tutele nessuno decide

Giovedì 24 Ottobre 2019 di Giusy Franzese
Ex Ilva più vicina alla paralisi: senza tutele nessuno decide

I primi riflessi negativi ci sono già: capiarea e capireparto del siderurgico di Taranto non stanno più firmando documenti. È l'effetto stop allo scudo penale nello stabilimento ex Ilva, fortemente voluto dai Cinquestelle e poi approvato dall'intera maggioranza con la fiducia, passata ieri al Senato con 168 voti favorevoli, al decreto salva imprese. «Si è innescato un processo di paura da parte dei lavoratori che hanno la responsabilità della gestione. Chiedono di essere esonerati da responsabilità. E così parte una reazione a catena che inesorabilmente porta al fermo» denuncia il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. «Dall'azienda ci arrivano segnali di persone che non vogliono rischiare condanne facendo il loro lavoro. Il governo non si è reso conto di quello che ha fatto» conferma il leader Fim-Cisl, Marco Bentivogli.

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«Il problema c'è, con i Riva l'azienda dava una copertura assicurativa sia per questioni civili che penali. Copertura scomparsa con l'amministrazione straordinaria. E c'è già chi ne ha dovuto rispondere personalmente sia con l'inchiesta ambiente svenduto che in altre occasioni. È chiaro che adesso con le notizie che arrivano da Roma le persone non vogliono rischiare» spiega Giuseppe Romano, segretario Fiom di Taranto. Poco importa che fino alla conversione in legge (che dovrebbe avvenire il 3 novembre) le tutele sono ancora valide. E a poco è servito anche il tentativo dell'ad Lucia Morselli di tranquillizzare gli animi, arrivando ieri a sorpresa alla mensa degli operai.

A Taranto il clima è diventato rovente: tra le indiscrezioni di piani allo studio del gruppo di ridimensionamento produttivo e taglio drastico dell'occupazione, e le decisioni prese in Parlamento, cresce la tensione. Nella fabbrica e fuori. Sulla vicenda interviene anche l'arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro: «La prospettiva di licenziare cinquemila persone, più del 50% dei lavoratori dell'Ilva, creerebbe un disagio sociale di enormi proporzioni. La politica deve intervenire perché la proposta della decarbonizzazione è giusta e positiva, però deve essere seguita da provvedimenti adeguati che non permettano la riduzione dei posti di lavoro» è il suo appello. «La Fiom è pronta alla mobilitazione contro ogni ipotesi di licenziamento e di messa in liquidazione della siderurgia in Italia» scandisce Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil.

IL RIDIMENSIONAMENTO
L'ipotesi di chiudere l'area a caldo prospettata l'altro ieri dall'ad di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, al ministro Patuanelli, spaventa tutti. E tra l'altro non è nemmeno di facile attuazione, visto che le centrali elettriche che forniscono energia all'intero stabilimento sono alimentate proprio dai gas degli altiforni e dalle cookerie. Ma il vero problema è che se l'Italia non vuole perdere la siderurgia - come ha dichiarato il ministro - non si può pensare di importare le bramme, i semilavorati per i reparti lamiere, tubifici ecc, dipendendo così dall'estero. Per ArcelorMittal, colosso mondiale dell'acciaio, in fin dei conti cambierebbe poco, per l'Italia sarebbe una sciagura. «Rimettere in discussione uno scudo penale può portare Mittal a decidere di utilizzare solo il mercato dell'acciaio in Italia e non la produzione dell'acciaio» spiega il leader Uil Carmelo Barbagallo. Preoccupatissimi anche la numero uno Cisl, Annamaria Furlan, e il leader Cgil, Maurizio Landini, che restano in attesa della convocazione al Mise.

IL TAGLIANDO
Mentre la Lega e le altre opposizioni attaccano, i Cinquestelle difendono la bontà della decisione di abolire completamente lo scudo penale. Promette Andrea Cioffi, senatore pentastellato: «Garantiremo a Mittal l'eliminazione di ogni impedimento burocratico che ostacoli gli adeguamenti ambientali che hanno sottoscritto» dice, evocando un «tagliando all'intesa» con il colosso dell'acciaio. Il timore è che Mittal possa prendere la palla al balzo e salutare, senza nemmeno troppi rimpianti, visto che in questo momento lo stabilimento di Taranto perde due milioni di euro al giorno.
 

Ultimo aggiornamento: 12:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA