Stupro Palermo, gli stupratori in lacrime. Poi accusano la vittima: «È stata lei a portarci lì per divertirci tutti insieme»

La difesa davanti al gip: «Ci siamo rovinati la vita»

Mercoledì 23 Agosto 2023 di Riccardo Lo Verso
Stupro Palermo, gli stupratori in lacrime. Poi accusano la vittima: «È stata lei a portarci lì per divertirci tutti insieme»

Piangono, chiedono scusa alla vittima, si dicono pentiti. Al termine del nuovo giro di interrogatori per lo stupro di Palermo tre dei sette indagati si limitano, di fatto, a confermare solo ciò che il video dell'orrore scovato dai carabinieri ha reso indelebile.

Impossibile negare l'evidenza delle immagini. E allora spiegano di avere avuto un rapporto sessuale con la ragazza di 19 anni, ma smentiscono di averla stuprata a turno in un angolo buio della città.

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DIFESA UNIVOCA

Nella strategia difensiva si muovono in blocco, compatti come sono stati la notte della violenza, avvenuta lo scorso 7 luglio a Palermo. L'obiettivo è picconare l'accusa, ribaltando la prospettiva. Nelle risposte fornite al giudice per le indagini preliminari Marco Gaeta la diciannovenne diventa protagonista in negativo. Non solo non è vittima, addirittura viene descritta come l'istigatrice dell'intera vicenda. Sarebbe stata lei a invitarli «a divertirsi tutti insieme», a «guidarli» fino al luogo dello stupro, a scegliere con quali coetanei avere per primi i rapporti sessuali. I tre indagati sono arrivati, uno dopo l'altro, ieri mattina nel nuovo Palazzo di giustizia.

SGUARDO BASSO

Tuta, maglietta e scarpe da tennis. Hanno la faccia di mille altri ragazzi. Tengono lo sguardo basso mentre gli agenti della penitenziaria li accompagnano in aula. Un'ora di interrogatorio ciascuno per tentare di smentire il contenuto delle immagini riprese con il cellulare da uno di loro. Neppure si sono fermati quando la ragazza è caduta per terra, urlando «basta». L'hanno aiutata a rialzarsi e hanno proseguito, deridendola. «Chiedo scusa alla ragazza. Scusa», ripete in lacrime Christian Maronia. Dice di avere compreso di essersi «rovinato», che si è trovato in una situazione più grande di lui. Poi inizia la versione già sentita negli altri interrogatori. La diciannovenne era consapevole di cosa stesse accadendo. Sin dall'inizio, quando si sono incontrati nel rione della Vucciria. Maronia non conosce la vittima, l'aveva vista in alcuni video a sfondo sessuale che gli erano stati mostrati dall'amico Angelo Flores, l'amico che ha filmato la violenza di gruppo. Ed ecco un passaggio difensivo chiave: dipingere una personalità diversa della ragazza rispetto a quella finora emersa. A cominciare dall'ipotesi che il piano prevedesse di farla ubriacare. Nessuna costrizione, avrebbero alzato il gomito tutti insieme e la ragazza, incontrata lì per caso, aveva iniziato a bere prima di arrivare. Maronia prova a cucirsi addosso un'immagine da bravo ragazzo che stride con il video. Racconta di avere invitato gli amici a fermarsi quando ha capito che la diciannovenne stava male. E invece hanno continuato. Aggiunge di essere tornato indietro perché «non potevamo lasciarla lì». Pochi metri più in là, però, la ragazza è stata scaricata in strada.

«SITUAZIONE DEGENERATA»

«Ho fatto una grande ca...ta», dice Elio Arnao. Ma sottolinea: «Ha deciso tutto lei». Dove appartarsi, quale strada percorrere per evitare che venissero visti da qualcuno che la conosce bene e lavora nel centro storico, con quali ragazzi iniziare il sesso di gruppo. Di fronte alle contestazioni e alla forza orribile del video gioca la carta della «situazione degenerata» per colpa dell'alcol e del fumo di una canna. «Ho sbagliato a non andarmene», afferma Samuele La Grassa quando tocca a lui rispondere alle domande del pubblico ministero Monica Guzzardi. Si rimprovera l'errore di non aver compreso che cosa stesse per accadere, di essere finito per sbaglio in una vicenda più grande lui. La Grassa non ha avuto rapporti sessuali, secondo l'accusa però già con la sua presenza avrebbe contribuito al piano iniziato nel cuore della Palermo vecchia e terminato nel peggiore dei modi al Foro Italico. Un'accusa che ha retto al vaglio del Tribunale del Riesame che ieri ha respinto l'istanza di scarcerazione di Cristian Barone. Stessa cosa era avvenuta per altri due arrestati. La violenza ha sconvolto la città, tra proclami degli indagati sui social bollati come falsi dalle loro famiglie - «Il carcere è di passaggio si ritorna più forti di prima», o ancora «C'è qualche ragazza che vuole uscire con me» - e chi lancia invettive. «Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi canterebbero al cielo melodie soavi con le loro voci bianche», scrive la regista teatrale e drammaturga Emma Dante.
 

Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 09:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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