Barbara Capovani, la psichiatra uccisa e il tema della legge 180 (o Basaglia). Cos'è e perché si chiede una riforma

«Troppo spesso medici, personale sanitario, famiglie e pazienti sono lasciati soli: serve una norma nuova e aggiornata», fa sapere la Lega. E Schillaci convoca una riunione straordinaria

Lunedì 24 Aprile 2023
Barbara Capovani, la morte della psichiatra e il tema della legge 180 (o Basaglia). Cos'è e perché si chiede una riforma

La morte della psichiatra Barbara Capovani, aggredita e uccisa da un suo ex paziente, riapre il dibattito sulla legge 180, meglio nota come legge Basaglia. «Questo fatto rafforza la convinzione che sia necessaria e non più rimandabile una profonda riflessione sulla legge 180.

Troppo spesso medici, personale sanitario, famiglie e pazienti sono lasciati soli: serve una norma nuova e aggiornata», fanno sapere fonti della Lega.

Il ministro della Salute Schillaci ha convocato una riunione sulla riforma della psichiatria: «Nel corso di questi ultimi mesi abbiamo già iniziato ad affrontare il tema della salute mentale e della riforma delle procedure per l'assistenza nelle strutture residenziali psichiatriche. Mercoledì 26 aprile ci sarà una nuova riunione per la riorganizzazione del tavolo sulla psichiatria. Dobbiamo fare in modo che quanto accaduto a Barbara Capovani non si ripeta».

Barbara Capovani, è morta la psichiatra aggredita dal paziente a Pisa: donati gli organi. La dottoressa nel 2019 firmò le dimissioni del suo killer

L'appello degli psichiatri

«Nel ringraziare il ministro della Salute, Orazio Schillaci, per la vicinanza e la sensibilità mostrata in queste ore, chiediamo un incontro urgente perché gli intenti comuni non si esauriscano nella commemorazione del fatto di cronaca lasciandoci inermi di fronte al dolore e per iniziare una collaborazione proficua», era stato l'appello in una nota la presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), Emi Bondi, e la presidente eletta, Liliana Dell'Osso, dopo il decesso della collega Barbara Capovani aggredita da un ex paziente a Pisa. «A 10 anni dalla violenta aggressione ai danni di Paola Labriola, uccisa da un utente nel servizio territoriale di Bari dove lavorava - ricorda la Sip - la psichiatria assiste, ancora, sgomenta alla perdita di una professionista sul luogo di lavoro. La conclusione della procedura di accertamento della morte cerebrale ha decretato la tragica scomparsa della nostra collega Barbara Capovani. Vogliamo qui esprimere il nostro cordoglio ai familiari della dottoressa anche a nome di tutti gli operatori della salute mentale che, in tutta Italia, attraverso le reti formali e informali, hanno condiviso il dolore per questa tragedia, e che non deve rimanere inascoltato. Perché non dobbiamo assuefarci a eventi di questo tipo e considerare l'aggressione nei confronti del personale sanitario come un ineluttabile dato di fatto».

 

«Il lavoro terapeutico e assistenziale in psichiatria, basato sulla relazione tra persone e sulla continua interazione con la sofferenza dell'altro - rimarca la Sip - comporta un carico emozionale straordinario, che necessita di risorse e condizioni logistico-organizzative adeguate all'aumento, cui assistiamo, delle richieste di aiuto e della complessità dei bisogni emergenti da un contesto sociale in continuo cambiamento. La crescita esponenziale di bisogno di salute mentale - sottolineano gli psichiatri - si accompagna un progressivo e silenzioso smantellamento di quell'organizzazione, pur imperfetta, che è nata nei due decenni che hanno seguito l'applicazione della legge 180. Con una perdita importante di risorse umane e il mancato avvicendamento delle nuove leve, si assiste a un impoverimento dei servizi pubblici senza precedenti negli ultimi anni, che riduce la capacità di risposta dei dipartimenti di Salute mentale, già in seria difficoltà».

La riforma ferma al palo

Resta una riforma al palo quella dell'assistenza psichiatrica per mancanza di risorse, con strutture del territorio ridotte all'osso, ma anche per la mancanza di un quadro giuridico di carattere penale che renda possibile intervenire su chi è violento. Dopo la Legge Basaglia, che compie 45 anni il prossimo maggio e che permise la chiusura dei manicomi, ci fu la svolta nel 2014 con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), dopo la denuncia delle loro drammatiche condizioni. La creazione della Rems (Residenze per le Misure di Sicurezza), strutture sanitarie residenziali con non più di 20 posti letto, dovevano rappresentare l'arrivo di un'assistenza diffusa e umanizzata rispetto al passato ma la tragedia della psichiatra uccisa da un suo ex paziente, dimostra secondo gli stessi medici, anche le difficoltà di questi centri, svuotati di risorse e organici. Servirebbero altri 10mila operatori nei servizi di salute mentale, ma il problema della sicurezza, rimarcano gli esperti, è soprattutto giuridico. «Dopo la chiusura dei manicomi nel 1978, qualche anno fa sono stati chiusi gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Ora ci sono le Rems - spiega Massimo Cozza, direttore del dipartimento di salute mentale dell'Asl Roma 2, fra i direttori dei dipartimenti che hanno lanciato oggi una lettera-appello al Governo e al presidente della Repubblica Mattarella - ma queste strutture non sono adatte per tutti, in particolare per i pazienti che soffrono di disturbo antisociale, a rischio di atti violenti, come è stato per l'uomo che ha ucciso la psichiatra. Questi pazienti restano a carico dei servizi del territorio, nei dipartimenti di salute mentale, senza che questi abbiano le forze e le condizioni per affrontare le esplosioni di violenza. La richiesta è quella di cambiare il codice penale, fermo al Codice Rocco degli anni '30. La proposta è di aprire in alcune carceri alcune sezioni specializzate per i pazienti con disturbo psicotico antisociale che si sono macchiati di reati». Intanto il ministro della Salute Orazio Schillaci, ha convocato per mercoledì prossimo una nuova riunione per riprendere le fila del lavoro sulla riforma della psichiatria. «Nel corso di questi ultimi mesi abbiamo già iniziato ad affrontare il tema della salute mentale e della riforma delle procedure per l'assistenza nelle strutture residenziali psichiatriche. Mercoledì 26 aprile ci sarà una nuova riunione per la riorganizzazione del tavolo sulla psichiatria. Dobbiamo fare in modo che quanto accaduto a Barbara Capovani non si ripeta», ha detto. I direttori dei dipartimenti di salute mentale chiedono da parte loro «nuovi strumenti, sia dal lato sanitario che della Giustizia, senza continuare a lasciare a mani nude migliaia di operatori». La Corte Costituzionale con la sentenza 22/2022, ha chiesto al Parlamento di intervenire su questo e gli stessi direttori di Dipartimento di Salute Mentale avevano diffuso una lettera appello alle Istituzioni per affrontare le gravi criticità dei servizi territoriali ed ospedalieri. «Due richieste sono ad oggi senza risposte. C'è bisogno di rivedere, dopo la giusta chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, l'attuale situazione critica di risposte della società ai pazienti psichiatrici che commettono reati, che sta riversando su chi lavora nei reparti di psichiatria e nelle Rems, problematiche, in particolare relative a quelle persone che hanno manifestazioni aggressive incoercibili che non possono essere gestite con iniziative solo sanitarie», scrivono i direttori. I gravi disturbi di personalità antisociali, che commettono reati o che evidenziano condizioni di violenza, proseguono, «sono da affrontare attivando percorsi specifici di massima sicurezza che garantiscano cure appropriate ma anche l'incolumità e la protezione di chi lavora». C'è infine bisogno, concludono, «di una nuova progettazione della salute mentale in carcere» e «di rivedere le norme sulla semi-infermità e sulla non imputabilità».

 

Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci