Tira un sospiro di sollievo la mamma di una delle vittime dell’ex colonnello dell’Esercito.
Canzoni struggenti
Un malessere che esprime anche attraverso i testi delle sue canzoni; alcuni passaggi vengono letti in aula: «Non auguro a nessuno quello che è successo a me. Dovrei essere spensierato ma non riesco. L’unica certezza è il vuoto che permane». Un vuoto che assomiglia a una voragine nel cuore e nello spirito delle vittime di Nicastro, amici e compagni dello stesso destino costretti a subire morbose attenzioni da quell’uomo, amico dei genitori, che si faceva chiamare “zio”: amichevole e sorridente, con la scusa di qualche pacca sulla spalla tra maschi infilava le mani sotto la maglietta per toccare i pettorali. Mani che poi finivano dentro il costume durante quelle vacanze in un residence in Sardegna.
Soddisfatti gli avvocati Elisabetta Perugini e Fabio Belardi, che molto si sono spesi durante le udienze per far emergere la personalità subdola di Nicastro. «Uno degli elementi più inquietanti emersi durante le indagini - spiega l’avvocatessa Perugini - è che lui non si è mai pentito per il trauma inflitto. A lui delle vittime non interessa, gli è sempre e solo importato salvaguardare la sua persona e il rapporto di fiducia (inevitabilmente venuto meno) con i genitori dei ragazzi, che all’epoca erano suoi amici d’infanzia». Oltre alla condanna a 8 anni di carcere il giudice ha disposto un risarcimento di 50mila e 40mila euro per le due vittime di Nicastro e 5mila euro per ciascun genitore. Ha imposto inoltre il divieto assoluto di avvicinarsi a luoghi frequentati da minorenni, una misura di sicurezza valida per due anni. «I soldi non restituiranno la serenità a mio figlio - dichiara la madre della vittima dopo la sentenza - In tutto questo tempo non ha voluto leggere o sapere nulla del processo per evitare di rivivere quei momenti. Adesso finalmente abbiamo messo fine a questa vicenda che ha creato a tutti una grande sofferenza».