IL PROCESSO

Giulia Tramontano morta dopo 37 coltellate. La difesa sul veleno: «Quantità irrisorie, non potevano ucciderla»

Le ultime notizie in diretta sul processo del delitto di Senago

Giovedì 4 Aprile 2024

La difesa di Impagnatiello: nel corpo di Giulia quantità irrisoria di topicida

Il topicida rinvenuto sul cadavere di Giulia Tramontano «è molto vago - ha osservato il difensore di Alessandro Impagnatiello, l'avvocato Giulia Geradini, fuori dall'aula -, nel senso che non sono in grado, visto che c'è poca letteratura scientifica sul topicida, di dire effettivamente quante dosi.

L'elemento che è emerso è che la somministrazione è veramente irrisoria, cioè un quantitativo non in grado di provocare la morte di un individuo». Commentando la testimonianza del tossicologo Mauro Minoli, il legale Samanta Barbaglia, che difende con la collega l'ex barman imputato a Milano per l'omicidio della fidanzata incinta al settimo mese, ha aggiunto che «l'elemento verrà valutato ai fini di stabilire se sussiste l'aggravante della premeditazione. Il dato certo è che è un quantitativo irrisorio e irrilevante».

A Giulia nell'ultimo mese aumentate dosi veleno

Nell'ultimo mese di vita di Giulia Tramontano «sembra esserci stato un aumento» della somministrazione di bromadiolone, cioè un veleno per topi che, se assunto in dosi elevate, può portare alla morte «per emorragia». Lo ha spiegato in aula il tossicologo Mauro Minoli, sentito come testimone davanti alla Corte di Assise di Milano nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello per l'omicidio della fidanzata incinta al settimo mese. Secondo l'accusa, l'ex barman avrebbe tentato di avvelenarla per mesi con il topicida prima di ucciderla lo scorso 27 maggio con 37 coltellate. Per l'esperto «è impossibile dire quanto tempo è trascorso dalla prima somministrazione». Di certo, però, l'assunzione è risultata essere avvenuta «nell'arco di almeno due mesi e mezzo». Rispondendo alle domande del pm Alessia Menegazzo, il tossicologo ha spiegato che il topicida «ha un sapore amaro», non percepito dai roditori ma indispensabile per impedire che venga ingerito accidentalmente dall'uomo. Tra gli effetti collaterali del veleno, poi, vi è anche il «mal di stomaco», in quanto la sostanza può causare «piccole emorragie a livello gastrico». Stando a quanto emerso dalle indagini, già nel dicembre del 2022 Giulia si lamentava in chat del mal di stomaco e, a quanto testimoniato anche nella scorsa udienza dalla sorella Chiara, «Giulia diceva che tutto quello che mangiava aveva un sapore assurdo».

"Giulia non ha provato nemmeno a difendersi". E Impagnatiello piange in aula

«Non c'è alcun tipo di lesioni autoprodotta da Giulia, non c'è nessun tentativo di difesa, l'impressione è che lui l'abbia colpita da dietro, quando le era alle spalle». È uno dei passaggi dell'intervento, nell'aula della corte d'assise di Milano, del medico legale Andrea Gentilomo, uno degli esperti che si è occupato dell'autopsia di Giulia Tramontano, omicidio per cui è a processo il compagno Alessandro Impagnatiello.

La 29enne, incinta al settimo mese, è morta per emorragia e il suo corpo presenta «una serie di lesioni vascolari che hanno interessato il distretto del collo (ben 24) e toracico», sono le coltellate alla carotide sul lato destro e un'altra lesione alla vena succlavia sul lato sinistro a determinare una «rapidissima» perdita di sangue.

L'esperto non può avallare l'ipotesi di difetti di coagulazione legati alla gravidanza (tesi della difesa) e sottolinea come nessuna coltellata o colpo al pancione è emerso in sede di autopsia. Difficile stabilire l'orario della morte, date le fiamme appiccate sul cadavere. Le 37 coltellate, un «numero sicuramente elevato» sono state inferte con strumenti da cucina: «Almeno un paio di coltelli sequestrati in casa sono compatibili con le ferite» spiega Gentilomo.

Dettagli che vengono elencati mentre Impagnatiello, dalla gabbia, piange in modo silenzioso e con la testa bassa.

Giulia morta per emorragia dopo 37 coltellate

Giulia Tramontano è morta «a causa di una massiva emorragia acuta» provocata da «lesioni vascolari cervico-toraciche» inflitte con un'arma da taglio. A spiegarlo in aula, nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello per l'omicidio della fidanzata incinta al settimo mese, è il medico legale Nicola Galante.

La 29enne, come è stato sottolineato davanti alla Corte di Assise di Milano, è stata uccisa con 37 coltellate e «la morte del feto è successiva alla morte della madre, determinata da una insufficienza vascolare provocata dall'emorragia materna». Sul corpo della donna, colpita dall'ex barman nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, non vi erano «lesioni da difesa».

Secondo il medico legale Andrea Gentilomo, sentito a sua volta in aula come testimone, «l'impressione» è che Giulia sia stata colpita alle spalle. A renderlo «plausibile», le parti del corpo in cui è stata ferita: «il collo, la base del collo e la parte superiore del torace», tutte «raggiungibili tranquillamente da una persona che sta alle spalle».

Dei 37 colpi, 24 sono stati inflitti «nell'area cervicale», mentre le tre lesioni sul volto «potrebbero essere compatibili» con un tentativo da parte della vittima di girarsi. Come hanno spiegato i testimoni, «l'epoca della morte è un problema dal punto di vista tecnico», perché il cadavere è stato «incendiato». La «stima minima» è di almeno 48 ore prima del rinvenimento del corpo, fino «a un periodo che non supera i cinque giorni».

Porte chiuse per le immagini del corpo della vittima

La corte d'Assise d'appello di Milano, su richiesta delle parti civili (a cui si sono associati la difesa e la procura), ha detto sì alla richiesta di porte chiuse con riferimento alle immagini dell'autopsia e del ritrovamento di Giulia Tramontano, uccisa con 37 coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello che rischia la condanna all'ergastolo.

Il difensore della famiglia della 29enne, Giovanni Cacciapuoti, ha chiesto di procedere a porte chiuse, di fronte a «immagini necessarie per l'istruttoria, ma che è meglio non mostrare» alla stampa e agli studenti presenti in aula. I giornalisti, e il pubblico, potranno tornare in aula solo per le conclusioni orali dei medici legali che hanno eseguito l'accertamento sul corpo senza vita della giovane donna incinta del piccolo Thiago. In aula, oltre alle parti, è rimasto (dietro le sbarre) l'imputato.

Il papà di Giulia: "Sia fatta giustizia per lei e per Thiago"

«Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora, affinché sia fatta giustizia. Giustizia per lei e Thiago». Così Franco Tramontano, papà di Giulia, in una storia su Instagram pubblicata la mattina della nuova udienza a carico di Alessandro Impagnatiello per l'omicidio della ex fidanzata incinta al settimo mese, uccisa con 37 coltellate lo scorso 27 maggio a Senago, nel Milanese. Davanti alla Corte d'Assise di Milano, verranno sentiti i medici legali e il consulenti del procuratore aggiunto Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo.

«Oggi ancora più forte: giustizia per Giulia e Thiago», scrive su Instagram la mamma della 29enne, Loredana Femiano. «Continueremo a lottare ogni singolo istante della nostra vita - ha aggiunto il fratello Mario - , affinché sia tolta la libertà per sempre a chi ti ha negato di essere una madre, una figlia, una sorella e tanto altro. Ti amo e mi manchi Giuliè». Nessuno dei familiari oggi è presente in aula.

Oggi sono previste le dichiarazioni «determinanti per verificare il riscontro rispetto alla somministrazione del veleno». Lo ha dichiarato l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale della famiglia di Giulia Tramontano, la donna uccisa con 37 coltellate lo scorso 27 maggio dal reo confesso Alessandro Impagnatiello, all'ingresso nell'aula della Corte d'appello di Milano per il processo relativo al delitto di Senago.

La famiglia della vittima non sarà presente quest'oggi, una scelta, come ha spiegato il legale, «opportuna vista la possibilità che vengano mostrate anche delle slide».

Ultimo aggiornamento: 15:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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