Quando i finanzieri bloccano il camion pieno di latte, dal silos fuoriesce liquido che ribolle. Una situazione che incuriosisce i militari che, in quel momento, già indagano sulla frode della mozzarella Dop. «Il latte è vecchio, sta fermentando, per questo ribolle e fuoriesce dalle guarnizioni»: l’autista, supertestimone dell’inchiesta «Aristeo», dopo le prime reticenze, si convince a collaborare con la procura e ricostruisce uno scenario inquietante, alla base degli accertamenti che hanno portato all’arresto di Salvatore e Luca Bellopede, Vincenzo e Antonio Croce, amministratori della «Casearia Sorrentino» di Santa Maria La Carità, e Gennaro Falconiero, responsabile del «Caseificio San Maurizio», con sedi a Frattaminore e a Orta di Atella. L’immagine del latte che ribolle è impressionante almeno quanto quella dell’affumicatoio del caseificio Bellopede dove venerdì, dopo il sequestro, si è scoperto che la provola veniva affumicata bruciando cartoni e volantini (contenenti colle) al posto dei trucioli e della paglia previsti dalla legge.
La prima fase delle indagini coordinati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere si è basata sull’intercettazione di dialoghi che il gip definisce illuminanti. «La mozzarella è venuta dura come pietra, non si può mangiare»: uno dei commenti agli atti. E, quando arriva latte troppo vecchio, inutilizzabile per i prodotti freschi, lo si getta nei tini destinati ai formaggi stagionati: «Mettilo dentro il caciocavallo».
Ma, soprattutto, gli indagati fanno chiaro riferimento alla soda durante le conversazioni registrate e sembra che la prassi, benché vietata, fosse in realtà un trucco noto, una sorta di segreto di Pulcinella per gli operatori del settore, tollerato ma mai provato.