«In tutta l'area dell'isola di Capri non è stato possibile riscontrare alcun tratto di costa non interessato negli anni dal prelievo dei datteri di mare.
LE MISURE CAUTELARI
Sei persone sono finite in carcere, altre sei ai domiciliari e sette sono state sottoposte a misura cautelare più lieve emessa dal gip Egle Pilla, al termine di un'inchiesta condotta dai finanzieri del Reparto Operativo Aeronavale di Napoli, coordinati dal pm Giulio Vanacore e dalla Procura napoletana. L'inchiesta ha permesso di ricostruire una parte della «devastazione in corso dai primi anni 2000 sulla costa sorrentino-caprese e napoletana» messa in atto da due gruppi familiari ben distinti: il primo con base a Napoli, riferito alla famiglia Amato; il secondo, a Castellammare di Stabia, gestito dai cugini Avella-Viola, legati agli ambienti della camorra degli Imparato, gruppo alleato al clan D'Alessandro. Il gruppo napoletano ha potuto contare anche sulla complicità di due militari, che sono stati sottoposti a divieto di dimora in Campania per rivelazione di segreto d'ufficio.
Associazione per delinquere, disastro ambientale, ricettazione e altre contestazioni di reati ambientali sono le accuse a vario titolo contestate agli indagati. In carcere sono finiti i napoletani Pasquale (1964), Vincenzo (1970) e Pasquale (1965) Amato, e gli stabiesi Catello Avella, e i fratelli Elpidio e Giuseppe Viola. Ai domiciliari, invece, gli altri napoletani Salvatore e Vincenzo (1990) Amato, Giuseppe Buonocore, Giuseppe Testa e gli stabiesi Catello Viola e Luciano Donnarumma. Quest'ultimo era il marinaio scelto dai Viola per le escursioni capresi, pagato a settimana per preparare gommone e attrezzature, condurre l'imbarcazione ai Faraglioni, fare da vedetta e, all'occorrenza, gettare a mare i «cuoppi» pieni di datteri. Per capire il fenomeno serve comprendere anche l'enorme domanda del «frutto proibito» - la cui pesca è vietata dal 1998 - che sale alle stelle nel periodo delle festività. Se all'ingrosso i datteri vengono pagati tra i 30 e i 50 euro al chilo, le pescherie arrivano a rivenderli intorno ai 150, con picchi di 200 durante le feste. A Natale soprattutto, ma anche a Pasqua, la richiesta sulle tavole napoletane è enorme, tant'è che gli Amato erano costretti spesso a rivolgersi al gruppo stabiese per accontentare tutti i clienti. Come avvenuto durante le indagini per la Pasqua 2019, quando finì sotto sequestro un carico da 6 chili.
LA ROCCIA
A ottobre di quell'anno, però, i finanzieri riuscirono a sottrarre circa 20 chili di datteri saccheggiati tra le 2 e le 5 della notte dai Faraglioni di Capri. Lì, infatti, le dimensioni del frutto di mare è maggiore perché il mollusco ha un'età maggiore e quelle rocce calcaree rendono perfetta la proliferazione. «In un metro quadrato di roccia caprese scrivono gli esperti riescono a crescere fino a 659 datteri». Di quelli grandi, come specificano gli indagati durante alcune conversazioni intercettate: «Se vado da sopra (a Capri), sono più grandi. Ma stanotte c'era troppa tramontana, siamo andati di sotto (punta Scutolo, a Vico Equense)». In circa un anno i datterari e i ricettatori hanno commercializzato circa 8 quintali di molluschi, con un guadagno che arrivava anche a 250 euro ad uscita e fino a 3mila euro ciascuno al mese. Bussolotti, limoni, babà, jolly, i datteri cambiavano spesso nome. Sotto sequestro sono finite due pescherie napoletane, un chiosco stabiese, imbarcazioni e attrezzature.