Piccoli Alajmo crescono
Talenti firmati Calandre

Venerdì 9 Maggio 2014 di Claudio De Min
Enrico Giavedoni e Denis Mattiuzzi
È stato il più giovane chef della storia a conquistare (nel 2002, a 28 anni) le tre stelle Michelin il che certifica, meglio di ogni discorso, il suo grande talento. Ma Massimiliano Alajmo e le Calandre non sono solo un'imperdibile tappa gourmet ma anche una fucina di giovani di belle speranze. Dalle cucine di Rubano, in questi anni sono usciti tanti ragazzi che, dopo aver assorbito tecniche, disciplina, idee (poi, si sa, il talento uno ce l'ha o non ce l'ha) dal giovane maestro, si sono fatti strada nel mondo della ristorazione, alcuni diventando a loro volta bravissimi.

La lista è lunga, da sud a nord. In Sicilia, per cominciare dal basso, c'è Accursio Craparo, stella Michelin nel 2008 al Gazza Ladra di Modica dove sta per inaugurare un suo ristorante. Al centro (più o meno) c'è Piergiorgio Parini, 38 anni, considerato dalla critica uno dei grandi del domani: qui siamo a Torriana, colline riminesi, il ristorante è L'Osteria del Povero Diavolo e anche su questa insegna brilla la stella. Stelle che sono addirittura due nel caso di Enrico Bartolini, al Devero di Cavenago Brianza a due passi da Monza, 35 anni, specialista, fra le altre cose, dei risotti (quello alle Rape rosse e salsa di gorgonzola è uno dei suoi cavalli di battaglia).

L'ultimo talento uscito da Rubano è Giuliano Baldessari che, entrato da stagista, quando Le Calandre avevano appena conquistato la terza stella, è stato per dieci anni il braccio destro di Massimiliano: «In tutto questo tempo non mi sono mai sentito un dipendente ma una parte del gruppo. La forza di Massimiliano? La vivacità, la freschezza, la positività. E' uno che traina e dà molto». Un punto di vista che coincide perfettamente con l'idea dello stesso Alajmo: «In cucina l'unione è tutto. La forza della squadra si misura nella stima e nella fiducia reciproca».



Trentino, classe 1977, Baldessari ha appena aperto a Barbarano Vicentino il suo Aqua Crua, per realizzare una cucina che è soprattutto di sottrazione. Il che appare evidente fin dalla lettura del menu: addio ai titoli lunghissimi dove tutti gli ingredienti vengono citati, ma una carta dove i piatti si chiamano: Il Carpaccio, L'Acqua Cotta, Le Mezze maniche, il Risotto, il Piccione, il Cannolo: «Ho pensato che il destino delle cose di tutti i giorni è quello di essere invisibili ai nostri occhi e invece sono fondamentali».



Un altro degli Alajmo boys si trova Conegliano, si chiama Luigi Granzotto ha 35 anni e, quando ne aveva 28, venne segnalato fra i dieci chef emergenti in Italia. Oggi, dopo la Locanda Marinelli di Farra di Soligo, è approdato al Mezzosale, nel centro storico.

Ma l'elenco è lungo: da Marco Badalucci, che dopo due stagioni all'hotel Cristallo a Cortina d'Ampezzo, è ora a a Milano; a Matteo Berti, adesso docente ad Alma, la scuola di cucina fondata da Gualtiero Marchesi.



Ma c'è anche chi è rimasto nella galassia Alajmo ma brilla di luce propria. Ad esempio Silvio Giavedoni. Friulano, tre anni fa Silvio, assieme al trevigiano Denis Mattiuzzi, si vide assegnare la non piccola responsabilità di guidare la rinascita del Gran Caffè Quadri in Piazza San Marco. Al primo anno è arrivata la stella Michelin ma, soprattutto, Giavedoni ha consolidato tecnica, sicurezza e personalità che gli consentono di lavorare con grande spessore pur in un contesto complicato come quello della ristorazione di lusso a Venezia.



Insomma una specie di Dream Team che un giorno sarebbe bello riunire. Magari, chissà, per una futura edizione dell'annuale pranzo di beneficenza per il Gusto della Ricerca. A chi non piacerebbe?
Ultimo aggiornamento: 15:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA