«Inaccettabile quel testo sul Vajont»:
due consiglieri regionali "disertano"

Martedì 8 Ottobre 2013 di Alda Vanzan
Un momento della manifestazione di ieri
LONGARONE - Bisogna entrare nel cimitero di Fortogna, farsi ammutolire dalla distesa di lapidi bianche, leggere i nomi dei 1.910 uccisi dall’onda maledetta. E solo allora, in questo silenzio monumentale, accantonare le beghe politiche e le gaffe istituzionali. Qualcuno dir che forse bastava questa silenziosa visita e la corona d’alloro con il nastro viola e la scritta "Consiglio Regionale del Veneto" per rendere omaggio alle vittime del Vajont uccise cinquant’anni fa. Qualcuno obietterà che era doverosa la convocazione a Longarone di una seduta dell’assemblea legislativa veneta. Di certo, la trasferta bellunese dei consiglieri regionali del Veneto rischia di non concludersi così. L’impressione è che, passate le celebrazioni, gli strascichi di una vicenda più raffazzonata che gestita si facciano sentire in laguna.



La cronaca della trasferta inizia alle 9.30. Manca un’ora all’inizio del consiglio regionale e al primo piano del municipio di Longarone è tutto pronto. Le seggiole per i 60 consiglieri e gli assessori, i cartoncini in prima fila con i posti riservati al prefetto di Belluno Giacomo Barbato e al sindaco Roberto Padrin. Al tavolo dei relatori altri cartoncini: al centro il presidente del consiglio regionale Clodovaldo Ruffato e il governatore Luca Zaia, accanto a loro i quattro componenti dell’ufficio di presidenza Moreno Teso, Matteo Toscani, Franco Bonfante, Raffaele Grazia. Di lì a poco quei cartoncini spariranno perché al posto d’onore qualcuno preferirà un’anonima seggiola in mezzo alla sala.



Le prime avvisaglie di una tensione che si farà sempre più palpabile arrivano con la distribuzione di una bozza di risoluzione. E con i capigruppo che, convocati da Ruffato con un sms il pomeriggio precedente, si riuniscono in una saletta. In mezz’ora dovrebbero vagliare il testo della risoluzione (che nessuno a quanto pare ha visto) e accordarsi su chi far parlare. La sera precedente si era saputo che sarebbero intervenuti Ruffato e Zaia, ma adesso c’è chi punta i piedi. Sergio Reolon, Pd: «Se parla Zaia, allora parliamo tutti». Il governatore non lo sente perché è ancora in corridoio. Intanto Bottacin, Verso Nord, tenta una mediazione: parlino Ruffato e Zaia più Reolon in quanto bellunese.



Il governatore entra nella saletta e spiazza tutti. Dice: perché non evitiamo i discorsi, tanto più che il 9 ottobre c’è l’anniversario del disastro, facciamo che Ruffato legga la risoluzione, votiamo e poi si va in cimitero a posare la corona? Tutti d’accordo, intanto Reolon lavora di matita rossa sulla bozza di risoluzione. Dirà più tardi: «Ho tentato di rendere quel testo dignitoso, a leggere quella bozza mi ero vergognato di essere consigliere regionale».



Le modifiche sono aggiunte sostanziali: si specifica che il disastro è avvenuto "per colpa dell’uomo" e che non basta ricordare, bisogna piuttosto "sostenere un più equo e responsabile uso del territorio e delle acque". Fuori, intanto, si aspetta. Il primo cittadino Padrin già indossa la fascia tricolore. Tra il pubblico ci sono il sindaco di Castellavazzo (che dovrebbe unirsi con Longarone) Sonia Salvador, qualche consigliere comunale, autorità militari. Gente comune, nessuno. Tra i presenti, c’è chi sussurra: non potevano trovarsi prima per mettersi d’accordo?



Dopo un quarto d’ora di ritardo, che peraltro è nulla per i tempi del Ferro Fini, si inizia. Ed è un attimo di panico, perché chi dovrebbe sedersi al tavolo non si siede. Moreno Teso, consigliere segretario, Pdl, sta in sala e quando gli fanno cenno di spostarsi vicino alle autorità fa segno di no con il dito. Matteo Toscani, vicepresidente del consiglio regionale che per protesta ha già rimesso le deleghe, bellunese leghista di Valle di Cadore, neanche a chiederglielo. Già era infuriato per il sopralluogo a Longarone di Ruffato con il capogruppo del Pdl Dario Bond. Adesso Toscani rincara: «Non è accettabile che si arrivi alle 10.30, nel momento in cui doveva iniziare il consiglio regionale, con una risoluzione che lascia senza parole per le banalità di quanto contenuto. Domani (oggi, ndr) in Ufficio di presidenza non accetterò che quanto accaduto venga minimizzato».



È così che dal tavolo scompaiono i cartoncini e i posti vuoti vengono rimpiazzati con Ruffato che invita a sedere gli assessori Stival, Sernagiotto, Donazzan. In sala pochissimi assenti: il vicepresidente Franco Bonfante (influenzato) e l’assessore che ha la delega per la provincia di Belluno, Marino Finozzi. Prendono la parola il sindaco Padrin e il prefetto Barbato. Poi tocca a Ruffato. La risoluzione, che sarà mandata al Governo e al Parlamento, viene approvata per alzata di mano. Si chiude con un minuto di silenzio, poi la visita al cimitero.



I conti politici si faranno a Palazzo Ferro Fini. Dopo il 9 ottobre, dice il capogruppo del Pd Lucio Tiozzo. Bond scuote la testa: «Per me andava bene una commemorazione, ma alla fine ha avuto ragione Ruffato a volere il consiglio straordinario. È indegno che qualcuno polemizzi su una vicenda che ha avuto 1.910 morti».
Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 12:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA