Apple, Steve Jobs a un anno dalla morte
Il mito e le ombre su Foxconn

Mercoledì 3 Ottobre 2012
Un'immagine d'archivio di Steve Jobs

ROMA - Guru del mondo globalizzato e icona della creativit contemporanea o solo massima espressione del capitale che non produce pi posti di lavoro per la classe media . O forse tutte e due insieme. A un anno dalla scomparsa di Steve Jobs il mondo non ha ancora deciso come giudicare il fondatore della Apple, l'inventore di oggetti la cui introduzione sul mercato ha imposto nuove tendenze e mode in tutto il mondo e muove capitali in grado di incidere sul prodotto interno lordo di paesi come gli Stati Uniti.

Per anni, dai primi anni ottanta, i prodotti della Apple, in testa il Macintosh, sono stati il necessario attrezzo e status symbol di chi usava il computer per attività più creative di chi si accontentava di un Pc, di chi era disposto a spendere di più per acquistare ed esibire un oggetto con un design innovativo e prestazioni migliori per montare film, comporre musica o inventare nuovi spazi. Con l'iPod e l'iPhone l'azienda di Cupertino negli anni duemila è riuscita a diventare brand di massa, quanto e più della Coca cola, e non più solo marchio di culto. l suoi introiti nel 2011 hanno superato il pil di Massachusetts, Michigan e New Jersey insieme.

L'evento dell'anno per gli hipster di tutto il mondo, e quindi per i consumatori che ambiscono a esserlo esserlo, oltre che per i possessori di azioni della Apple, era stata per anni la presentazione del nuovo nato della famiglia da parte di Jobs, in polo e pantaloni neri seriali.

Nei giorni successivi alla sua morte il 5 ottobre dello scorso anno, Steve Jobs è stato pianto pubblicamente da tutti, come era accaduto Lady D. Migliaia di persone hanno lasciato fiori, candeline e messaggini a Cupertino e di fronte gli Apple store di tutto il mondo, come fecero dopo il 31 agosto del 1997 i fan della principessa triste. Le personalità pubbliche più disparate fecero a gara per esibire la loro commozione e il loro lutto. Barack Obama commemorò Jobs come l'eroe del sogno americano. Il discorso che aveva pronunciato ad Harvard, un inno alla capacità di reinventarsi, di seguire i propri sogni e sopravvivere alle proprie malattie, divenne in breve tempo «virale», uno dei più cliccati su youtube.

Lo slogan «stay hungry, stay foolish» sembrava quasi essere divenuta la ricetta per salvare il mondo dalla crisi e i giovani dalla disoccupazione. Ma non durò molto. Pochi mesi dopo la sua morte, tuttavia emerse grazie a un'inchiesta giornalistica il trattamento dei lavoratori cinesi alla Foxconn, la compagnia che fabbrica componenti per tablet e smartphone, oltre che per i giganti dell'elettronica di tutto il mondo.

Più che i dettagli poco edificanti della vita privata e della durezza di Jobs con i collaboratori, è stato questo l'elemento che ha forse gettato più di un ombra sul fondatore della Apple. «L'uomo che ha acchiappato il futuro ora rischia di scivolare nella storia come raccontino morale sui prezzo da pagare per essere un genio. Quando era vivo, i suoi fallimenti personali gli venivano perdonati perché i suoi fallimenti personali erano il motore di nuovi prodotti. Quando è morto, e i suoi prodotti non lo sono, i suoi fallimenti personali sono diventati parte della sua eredità. Era considerato insostituibile, ora nessuno vuole prenderne il posto e la sua fama è quella di essere un testa di cavolo immortale», è il graffiante commento a un anno dalla morte, della rivista Esquire. Al mondo, basta e avanza l'iPhone 5.

Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 11:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA