Addio della Osoppo alla vedova di Bolla

Domenica 21 Dicembre 2014
UDINE - La bara arriva ricoperta da rose bianche. Ad attenderla c'è la famiglia, ma anche diversi fazzoletti verdi: sono gli osovani. Portano il gonfalone dell'associazione partigiani Osoppo-Friuli e accanto c'è anche quello del Fogolar Civic, per salutare un'ultima volta Clelia Clocchiatti-De Gregori, la vedova di Francesco De Gregori, nome di battaglia «Bolla», il capo dei partigiani della Osoppo (tra cui c'era anche Guidalberto Pasolini, fratello di Pier Paolo) uccisi il 7 febbraio del 1945 a Porzûs dai gappisti. Una vicenda terribile e dolorosa che ha segnato la storia della Resistenza in Friuli e di cui la signora Clelia, scomparsa a 104 anni, aveva vissuto sulla propria pelle le conseguenze.
Ieri, alla Basilica delle Grazie, luogo della cerimonia celebrata da don Anselmo assieme al priore don Francesco e a padre De Roja, a renderle omaggio c'era Libero Grassi (figlio del comandante partigiano osovano Candido Grassi, nome di battaglia «Verdi»), ma pure il senatore Mario Toros, anche lui col fazzoletto verde: «Siamo qui a ricordare lei - ha detto - pensando a suo marito. Per noi, giovani di un tempo, sono un simbolo: ci hanno aiutato a capire i valori della libertà e della democrazia». Anche la Medaglia d'oro al valor militare Paola «Renata» Del Din ha voluto esserci: «Aveva 104 anni e ha vissuto la tragedia con una dignità e una forza d'animo straordinarie - ha commentato - conservando sempre il ricordo fedele di quest'uomo, serio e dedito alla famiglia, ammazzato a martellate. Preghiamo che non capiti più di vedere cose simili».
In chiesa a salutarla c'erano la figlia, i nipoti e le bisnipotine; mancava, invece, il nipote più famoso, il cantautore Francesco De Gregori, figlio di un fratello di «Bolla», cui deve il nome e che in Friuli venne nel 2012, quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a Faedis per rendere omaggio alle vittime di Porzûs, contribuì alla difficile via della riappacificazione tra i partigiani, iniziata con lo storico abbraccio tra l'osovano don Redento Bello («Candido», sopravvissuto miracolosamente all'eccidio delle Malghe) e il garibaldino Vanni Padoan.
«Ma oggi non parliamo di suo marito e di Porzûs - ha detto nella sua omelia don Anselmo -. Noi pensiamo all'anima bella di Clelia. Nella sua vita ha fatto del bene, ha accettato con animo grande e fede vera le difficoltà della vita, aggrappata alla grazia, sempre serena e disponibile, senza piagnucolare o lamentarsi. Grazie Clelia! Queste sono le testimonianze di cui c'è bisogno oggi».
A fine cerimonia, la salma è stata trasportata al cimitero di San Vito, dove è stata sepolta nella tomba di famiglia.(((pilottoa)))