Frosinone, sparatoria tra banditi e carabinieri a Canneto: le testimonianze 43 anni dopo

Era il 1980, pesante il bilancio: un morto e tre feriti, tra cui un appuntato. "Mio padre si sentiva un miracolato"

Sabato 16 Dicembre 2023 di Stefano De Angelis
Frosinone, sparatoria tra banditi e carabinieri a Canneto: le testimonianze 43 anni dopo

 

Era una grigia giornata d'inverno. Pioveva. Sui monti la nebbia si faceva sempre più fitta, avvolgendo quasi completamente quelli dei versanti abruzzese e laziale. Un unico polmone verde del Parco nazionale che da lì a poco diventerà teatro di uno dei fatti più drammatici e sanguinosi avvenuti da quelle parti negli ultimi cinquant'anni: un conflitto a fuoco tra malviventi in fuga dall'Abruzzo e carabinieri. Pesante il bilancio: un morto e tre feriti, tra cui un appuntato dell'Arma. Quel giovedì di 43 anni fa sarà ripercorso oggi, attraverso la voce dei protagonisti, nel corso di un convegno in programma a San Donato Val di Comino.

Quella giornata a Civitella Alfedena, in provincia di L'Aquila, a un tiro di schioppo dalla Val di Comino, era iniziata come tante altre: poca gente in giro per la pioggia e il freddo, stufe e camini accesi per riscaldarsi.

Era così anche nella vicina San Donato. Tutto normale, ma la quiete sarà presto spezzata da un commando armato: sono in quattro, poco dopo mezzogiorno prendono di mira una banca del paese abruzzese e poi fuggono con il bottino della rapina, una cifra tra i venti e i trenta milioni di lire (in quei concitati momenti nella filiale perdono una banconota da centomila).

È quello che accadrà dopo a segnare per sempre quel 13 novembre 1980. I banditi, dopo essersi allontanati con un'auto, una Rover 2000, poi abbandonata nella Val Fondillo a Opi, proseguono a piedi tra i boschi fino a spuntare nella Val di Canneto, nel territorio di Settefrati. Era il loro piano: qui, non lontano dalla celebre basilica della Madonna Nera, avevano lasciato una Fiat 850 targata Roma, da utilizzare per far perdere le loro tracce. Ma non è stato così. Nella zona, allertati dal comando, nel frattempo erano arrivati i carabinieri di San Donato: c'era il sospetto, forte, che il quartetto avesse scelto proprio quel percorso impervio per provare a dileguarsi.

LO SCONTRO A FUOCO

È il primo pomeriggio quando la pattuglia formata dal maresciallo Nicola Pizzano, dall'appuntato Antimo De Crescenzo e dal carabiniere Emilio Polsinelli arriva davanti al santuario. I primi due scendono dalla jeep di servizio e fanno qualche passo, l'altro resta vicino al mezzo. In quei frangenti incrociano la Fiat 850: a bordo ci sono quattro uomini. È l'inizio dell'inferno: la fermano, chiedono i documenti, uno li fornisce, poi, all'improvviso, un altro spara tre colpi di pistola a bruciapelo che centrano De Crescenzo all'addome, all'inguine e a una gamba. Due proiettili lo trafiggono e rimane ferito in modo serio. I carabinieri rispondono subito al fuoco, si scatena una sparatoria durata alcuni secondi: uno del gruppo dei quattro muore subito, colpito alla testa, altri due restano feriti e vengono bloccati (uno di loro, il più grave, spirerà poi in ospedale), l'altro s'infila nella boscaglia e scompare (sarà catturato due giorni più avanti dopo che si era rifugiato in un casolare).

IL RACCONTO

De Crescenzo, oltre 17 anni fa, al Messaggero aveva descritto così le fasi immediatamente successive: «Io con l'auto dei carabinieri mi diressi verso l'ospedale. Il maresciallo, preoccupato, mi seguì guidando l'auto dei banditi e Polsinelli rimase da solo a Canneto con il morto e i due feriti. Nonostante tutto, eravamo riusciti a bloccarli». De Crescenzo fa pochi chilometri, giunge all'altezza di don Bosco, incontra un guardiaparco e gli dice: «Sono ferito, guida tu per favore». Arrivano così al bivio di Gallinaro, dove ad attenderli c'è un'ambulanza. L'appuntato, nel suo racconto, aveva aggiunto: «Il bandito mi sparò tre colpi, al quarto gli si inceppò la pistola (era una P38, NdR). La mia divisa di quel giorno si trova come ex voto nella cripta del santuario di Canneto». Da lì si sono rafforzate in lui la fede e la devozione verso la Madonna Bruna.

E pensare che quel pomeriggio non era neanche di servizio, ma da servitore dello Stato non esitò a unirsi ai colleghi per perlustrare Canneto dopo che era scattato l'allarme. Una giornata di eroismo e di senso del dovere per i tre carabinieri, che porterà al conferimento di medaglie al valore militare: d'argento per De Crescenzo, che resterà più di un mese ricoverato all'ospedale di Atina per poi tornare a casa prima di Natale, di bronzo per gli altri due. Le indagini, da subito, prendono una direzione precisa e il commando viene accostato agli ambienti del terrorismo di quel periodo.

Nel 2012 il Comune di San Donato concede all'appuntato, originario della Campania, la cittadinanza onoraria. Aveva preso servizio nella caserma di San Donato nel 1971 e per poco, mentre con un altro sottufficiale era di pattuglia nella parte alta del paese, non visse in diretta la slavina che travolse padre e figlio. De Crescenzo è morto due anni fa. E oggi, all'incontro che si terrà alle 17 nel teatro comunale, sarà presente anche la sua famiglia. Oltre a Pizzano e a Polsinelli, usciti illesi da quell'incubo, interverranno anche i sindaci di allora, Silvio Antonellis (San Donato) e Giuseppe Rossi (Civitella Alfedena), rieletto nel 2022. A fungere da moderatore sarà il professor Francesco Perrelli, mentre l'accompagnamento musicale sarà a cura di Giovanna Petrillo.

IL FIGLIO

«Mio padre si sentiva graziato per intercessione della Madonna di Canneto - spiega Ferdinando De Crescenzo -. Diceva: sono vivo per miracolo, ho avuto la forza di non cadere, di reagire e di restare vigile. Io ero piccolo, ma ricordo che in famiglia restammo sconvolti. Eravamo preoccupati per le condizioni di mio padre, che poi fortunatamente si ristabilì e riprese servizio fino alla pensione. Non era di San Donato, ma era come se lo fosse: aveva un buon rapporto con tutti e se poteva aiutare qualcuno era sempre pronto a farlo. Per noi è stato un esempio: ci ha trasmesso tanti sani valori e ne conservo un bellissimo e profondo ricordo».

Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 11:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA