Ventotene, anfora romana di 2.100 anni fa trovata in fondo al mare: l'incredibile tesoro scoperto a 6 metri di profondità

Stava per essere rubato dai tombaroli subacquei. La Finanza salva i reperti.

Domenica 24 Settembre 2023
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di Laura Larcan

Stava per essere trafugata dai tombaroli subacquei. Mani (e pinne) esperte che avrebbero fatto sparire dalle acque di Ventotene un reperto di interesse storico, antico di 2100 anni, per essere "piazzato" nel mercato clandestino dei reperti archeologici. Ma l'intervento strategico della Guardia di Finanza ha permesso di recuperare un'anfora romana di epoca repubblicana perfettamente conservata, integra (in tutte le sue parti più fragili, tra collo e anse). L'operazione è stata condotta dai sommozzatori esperti della Stazione Navale di Civitavecchia, in collaborazione con la  Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone e Latina. Una posizione delicata, altamente a rischio, quella dell'anfora, perché incastonata sul fondo sabbioso ad una profondità di quasi sei metri, ai margini dell'area di balneazione dell'isola di Ventotene nell'arcipelago pontino. Una corsa contro il tempo, dunque, per recuperare alcuni significativi reperti sommersi. L'anfora, infatti, come raccontano dalla stazione delle Fiamme Gialle Aeronavali di Ventotene, era stata svuotata dalla sabbia, quindi alleggerita, pronta per essere depredata dai tombaroli senza scrupoli. La Guardia di Finanza, come polizia del mare, è intervenuta per impedire il trafugamento. Oltre all’anfora romana integra adagiata sul fondale, è stato intercettato e ripescato un pesante manufatto di tufo locale di forma cilindrica, riconducibile alle cave di tufo dell'isola, utilizzate già in epoca romana per la costruzione della celebre Villa  Giulia e successivamente per l’edificazione del famoso carcere borbonico di Santo Stefano e per la neo colonizzazione di Ventotene.
L’anfora recuperata è del tipo “Dressel 1B”, interpretabile come un'anfora da vino tipica dell’area tirrenica e diffusa tra la fine del II e la metà del I secolo a.C. Probabilmente riconducibile al carico di una nave romana naufragata. Il manufatto di pietra ha un'altra storia. Una ricognizione subacquea più estesa ha permesso di verificare che il manufatto  lapideo doveva far parte di un consistente gruppo di blocchi squadrati sparsi nell’area ed evidentemente riconducibili al naufragio di una imbarcazione da carico. Tutti i reperti sono stati portati in superficie utilizzando dei palloni di sollevamento e delle reti apposite, e ricoverati all’interno della  Caserma G.di F. “Finanziere Mare Francesco Nunziale”, dove sono stati immersi in vasche 
con acqua dolce per permettere la desalinizzazione.

Tutta l'operazione è stata supervisionata dal funzionario territorialmente competente della Soprintendenza, Carlo Molle. Quello che è sicuro è che l'area del recupero va mappata in una zona circoscritta nella parte sud dell’Isola, caratterizzata da bassi fondali e molto frequentata dal traffico diportistico. Qui i manufatti erano in balia di una facile depredazione da parte di trafficanti.

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