Gaza, uccisi operatori della ong WCK. L'australiana Zomi: «Mi abituo ai droni non alle esplosioni»

Ci sono cittadini di Australia, Polonia e Regno Unito, uno aveva il doppio passaporto americano e canadese, un altro era palestinese

Martedì 2 Aprile 2024 di Stefania Piras
Chi sono gli operatori umanitari della ong WCK uccisi a Gaza: dall'australiana Zomi al polacco Damian

Sono stati uccisi mentre erano a bordo della loro auto in cui era visibile il logo della ong, e mentre lavoravano: stavano portando pasti agli sfollati palestinesi di Gaza. Sono sei in tutti gli operatori umanitari della ong Wck morti nel raid israeliano a Deir Al-Balah.

Sono tre britannici, un polacco, un'australiana, un americano. La settima vittima è un palestinese: era l'autista che collaborava con lo staff della ong. La sua è l'unica salma che rimarrà a Gaza. Gli altri corpi verranno rimpatriata nei rispettivi Paesi dove le reazioni sono state molto dure: la Gran Bretagna ha convocato l'ambasciatore israeliano.

La Bbc ha rivelato i nomi dei tre operatori umanitari britannici uccisi: sono John Chapman, James Henderson e James Kirby. 

Perché che degli operatori umanitari rimangano uccisi in questo modo, facendo la spola per sfamare gli sfollati sull'orlo di una carestia, ha scatenato un'ondata di indignazione. In primis negli Stati Uniti: Joe Biden ha chiamato personalmente il fondatore della ong: lo chef José Andrés.

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Uccisi sette operatori umanitari a Gaza: chi sono 

Dalle prime, frammentate, informazioni si sa che la squadra viaggiava in una zona "deconflicted" , cioè un'area in cui si dovrebbero evitare combattimenti. Gli operatori si muovevano con tre auto blindate. «Nonostante il coordinamento dei movimenti con le Forze di Difesa Israeliane, il convoglio è stato colpito mentre lasciava il magazzino di Deir al-Balah, dove la squadra aveva scaricato più di 100 tonnellate di aiuti alimentari umanitari portati a Gaza sulla rotta marittima», recita il comunicato della ong.

La ong WCK è un'associazione no-profit fondata dal famoso chef José Andrés, ha operato anche in Italia, a Taranto, e ha spedito più di 37 milioni di pasti ai palestinesi a Gaza a partire dal 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas ha attaccato i kibbutz israeliani facendo scoppiare la guerra. Ora, dopo il raid che ha ucciso i suoi operatori, ha sospeso le attività a Gaza.

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La dinamica: dal percorso concordato al raid sulle tre auto

Il governo israeliano ha promesso un'indagine sull'accaduto e ha promesso di rendere pubblici gli esiti dell'inchiesta che dovrà far luce sulla dinamica. Perché l'auto con gli operatori umanitari è stata colpita? L'Idf riteneva che trasportasse terroristi? Il quotidiano Haaretz riporta che sono stati tre razzi sparati in rapida successione da un drone Hermes 450 a centrare il convoglio nella presunzione che del gruppo dei 7 operatori facessero parte uno o più "terroristi armati". E che la decisione di sparare sarebbe stata presa da un'unità israeliana a guardia del percorso. 

Mentre il convoglio stava percorrendo il percorso approvato con l'esercito israeliano, è scattato il raid con "l'ordine della sala operativa di colpire". Prima è stata centrata un'auto e i passeggeri hanno tentato di salire sulla seconda. Anche quella è stata colpita subito dopo, nonostante chi era a bordo avesse segnalato l'aggressione all'esercito. "La terza macchina del convoglio - ha riferito ancora Haaretz - si è avvicinata e i passeggeri hanno cominciato a trasferirvi i feriti sopravvissuti al secondo attacco. Ma un terzo missile ha colpito anche loro".

Zomi Franckom

Tra le vittime c'è una donna australiana: Lalzawmi Frankcom, detta Zomi. Aveva 43 anni, era originaria di Melbourne. Il Ministero degli Esteri australiano ha confermato la sua morte e ha diramato una nota di protesta contro il governo Netanyahu. «Una vita dedicata al servizio degli altri», la ricorda la ministra Penny Wong. 

«La morte di qualsiasi operatore umanitario è scandalosa e inaccettabile. Durante tutto questo conflitto, l'Australia ha chiesto moderazione, protezione dei civili e accesso sicuro e senza ostacoli per l'assistenza umanitaria. Il governo australiano condanna questo attacco e ha presentato le proprie rimostranze al governo Netanyahu chiedendo una revisione approfondita e rapida. Ribadiamo la nostra richiesta di un immediato cessate il fuoco umanitario, la liberazione di tutti gli ostaggi e il rispetto del diritto umanitario internazionale», si legge nel comunicato della ministra.

I messaggi di Zomi: «Il tuono delle esplosioni mi colpisce ancora alla pancia»

«Mi sto abituando ai droni, ma il tuono delle esplosioni mi colpisce ancora alla pancia». È uno dei tanti messaggi che Lalzawmi Frankcom, "Zomi" per gli amici, aveva mandato da Gaza all'amica Phels, una ex collega di World Center Kitchen. «Aveva una gioia di vivere, un cuore per il servizio», racconta scioccata la donna al Wp dicendo di averle mandato un messaggio solo ieri e postando delle foto che le ritraeva insieme mentre consegnavano cibo in una missione nella riserva di nativi americani a Pine Ridge. «La gente la ricorderà», prosegue Phelps parlando dell'amica Frankcom uccisa dal raid israeliano a Gaza: una persona instancabilmente positiva che poteva farsi amici per tutta la vita anche nelle situazioni più difficili. Si sono incontrate nel 2018 dopo un'eruzione del vulcano in Guatemala, quando Frankcom stava viaggiando in America Centrale mentre seguiva lezioni online dopo aver lasciato un lavoro presso una banca australiana. Ha iniziato ad aiutare WCK a fornire aiuti alimentari e alla fine ha lavorato per l'organizzazione, ricorda la donna al media americano. Il suo lavoro l'aveva portata in giro per il mondo, dal Paradiso devastato dal fuoco, in California, alla Turchia e oltre: «Ha stretto un legame con ogni comunità in cui ha lavorato. Il suo senso di responsabilità verso le persone che serviamo e il suo impegno per fare il possibile è stato davvero speciale. E questo spirito l'aveva portata a Gaza». 

 

Damian Soból

Tra le vittime ci sono quattro europei, tra cui un polacco di 35 anni: Damian Soból. Lo si apprende dal post di Wojciech Bakun, sindaco della città di Przemyśl che lo ha identificato. «Un giovane straordinario, amato da tutti, non ci sono parole per descrivere i sentimenti delle persone che lo conoscevano», spiega il primo cittadino mentre Aparna Branz, un ex volontario della WCK che aveva conosciuto Soból quando era volontario tra Polonia e l'Ucraina nel 2022, lo descrive come «una delle luci brillanti in quei mesi orribili». Era «sempre sorridente, gentile, paziente e pronto ad aiutare chiunque in qualsiasi momento», ha detto descrivendo la loro amicizia «basata sull'obiettivo comune di aiutare le persone». La sua perdita - aggiunge al Wp - viene «sentita in tutto il mondo da chiunque abbia avuto contatti con lui».

Le foto che lo ritraggono sui social lo vedono impegnato in numerose attività di preparazione e consegna dei pasti per la ong. 

L'autista palestinese Saif Issam Abu-Taha

Un altro dei morti è stato identificato ed è l'autista palestinese che guidava il conviglio. Si tratta di Saif Issam Abu-Taha, un autista e traduttore palestinese che lavorava con World Central Kitchen.

Centinaia di persone hanno voluto salutarlo. Lo riporta la Bbc sottolineando che il corpo dell'uomo è stato portato a Rafah, la sua città natale, per i funerali. "Era felice di lavorare con un'organizzazione che fornisce aiuti umanitari agli sfollati", hanno riferito diverse persone durante la cerimonia.

Croce Rossa: «18 colleghi uccisi». La crisi umanitaria: mancano cibo, antibiotici e farmaci

«La situazione è più che disperata e nella Striscia di Gaza non c'è un posto sicuro né per gli operatori umanitari né per i civili». Lo afferma all'Adnkronos Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione Internazionale di Croce Rossa e di Mezzaluna Rossa (Ficr), dopo la notizia della morte dei sette operatori umanitari della ong World central kitchen, uccisi in un raid israeliano. «Non conosco la dinamica del caso specifico, non ho informazioni al riguardo e non lavoriamo con questa organizzazione. Ovviamente la linea di base - sottolinea Della Longa - è che gli operatori umanitari sono protetti: è un obbligo non solo morale ma anche legale secondo il diritto internazionale umanitario. Nessun operatore umanitario dovrebbe mai rischiare la vita o essere ferito mentre sta facendo il suo lavoro». «Nella Striscia di Gaza, proprio pochi giorni fa, abbiamo dovuto aggiornare di nuovo il conto dei colleghi uccisi: dall'inizio del conflitto abbiamo perso 18 colleghi, di cui 15 della Mezzaluna Rossa Palestinese e 3 della Stella Rossa di David in Israele», osserva Della Longa. «È l'icona di dove questo conflitto è arrivato - continua - Fin dal principio gli operatori umanitari, gli ospedali, le ambulanze non sono protetti né rispettati. Ciò è assolutamente inaccettabile». Il portavoce dalla Ficr ricorda il collega «ucciso giorni fa mentre stava nel nostro ospedale. Un luogo che dovrebbe essere considerato un santuario da tutte le parti in conflitto e invece, dopo l'ospedale di Gaza City, abbiamo dovuto chiudere anche quel secondo ospedale». I due nosocomi, conclude Della Longa, «erano sostanzialmente sotto assedio, nessuno poteva entrare o uscire, non c'erano né acqua né cibo. Questo significa per migliaia di persone non avere accessibilità a qualsiasi tipo di cura, la mancanza di antibiotici e di farmaci».

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 14:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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