Saranno forse costretti a cedere, ma più che per gli attacchi militari, la resistenza di Mariupol dovrà arrendersi per mancanza di munizioni e di cibo. L’accerchiamento russo va avanti da settimane, e per le truppe dello zar conquistare la città martire è l’obiettivo prioritario. Ma il battaglione Azov continua a non mollare e il loro quartier generale sembra inespugnabile. «La nostra valutazione è che Mariupol è ancora contesa e le forze ucraine stanno combattendo per difenderla dai russi - dichiara il portavoce del Pentagono, John Kirby, nel briefing quotidiano - Per le truppe di Mosca è molto importante conquistarla, al fine della loro offensiva nel Donbass, ma l’Ucraina non ha ancora rinunciato alla città, né vi rinunceremo noi».
I tentativi di sfondare l’accerchiamento russo, infatti, continuano.
LA RESISTENZA
Nonostante il coraggio e gli infiniti tentativi di non abbandonare la città, la resistenza non potrà continuare ancora per molto. Ieri la leadership politico-militare dell’Ucraina ha spiegato che sta facendo tutto il possibile e l’impossibile per aiutare i soldati di Mariupol. E a rilanciare il messaggio su Twitter è stato il capo negoziatore e consigliere dell’ufficio del presidente, Mykhailo Podoliak. «Se il Cremlino ora odia qualcosa di più dell’Ucraina, è la parola “Mariupol” - ha scritto -. I soldati rimangono intrappolati in città e hanno problemi con i rifornimenti. Il governo del Paese monitora la situazione in tempo reale e ha più informazioni di quante se ne sappia sui social».
L’ultima sacca di resistenza ai russi e ai filorussi, composti da separatisti e ceceni in avanzata verso la città, continua a rimanere asserragliata nell’acciaieria Azovstal, la più grande d’Europa a ridosso del porto, e nella zona vicina allo stadio a 2-300 metri dall’ospedale pediatrico numero 3, quello bombardato a metà marzo. I componenti della 36esima brigata e del battaglione Azov, di recente, hanno anche annunciato di avere avuto rifornimenti e munizioni. Segno che qualche operazione segreta è andata a buon fine, almeno per loro.
L’insolito presidio è difficile da conquistare per la presenza di tunnel, bunker e rifugi all’interno della struttura. Più complicata e ormai verso la fine, sembra essere, invece, la resistenza degli altri marines ucraini sparsi a macchia di leopardo nei quartieri della città tecnicamente in mano russa. Tanto è vero che decine di soldati di Kiev tra la scorsa settimana e ieri si sono dovuti arrendere. In 273 hanno deposto le armi pochi giorni fa, un centinaio ieri.
Diversi video diffusi dai media di Mosca hanno mostrato i militari camminare a braccia alzate per dirigersi verso le postazioni delle truppe di Putin. Nelle ultime ore, poi, sono filtrate alcune testimonianze drammatiche, come quella di un volontario britannico che combatte in città con l’esercito ucraino, Aidin Aslin. «Ci arrendiamo ai russi. Non abbiamo più cibo, né munizioni. Non abbiamo altra scelta», avrebbe detto il soldato al telefono con la madre, secondo quanto riporta la Bbc. Aslin, originario di Newark, combatte in Ucraina dal 2018 ed è diventato un marine delle forze armate di Kiev. «Mi ha chiamato e mi ha detto che non hanno più armi per combattere», ha raccontato la madre, Ang Wood, alla Bbc. Anche Brennan Philips, un amico di Aslin, ha parlato al telefono con lui. «Sono certo che se avessero avuto un ultimo proiettile, l’avrebbero sparato», ha dichiarato Philips.
I VIDEO
A rilanciare altre testimonianze è anche l’account Twitter Euromaidan Press, che ha condiviso quello che ha definito un «video di addio» della 36esima brigata, girato nella notte tra l’11 e il 12 aprile. Nel filmato, si vedono numerosi marine ucraini, riuniti in una stanza. «Dicono di essere devoti all’Ucraina, fino alla fine, ma non sono state inviate loro le munizioni. Chiedono di poter finire il lavoro e lottare per la vittoria».
Le bombe russe hanno raggiunto pure la sede della Caritas: sette persone sono morte, di cui due operatrici e cinque loro familiari. «Due nostre operatrici sono state forzatamente portate in Russia - ha rivelato il direttore della Caritas di Mariupol, Fr. Rostyslav Spryniuk, in un’intervista a Tv2000 -. Si sono salvate perché si trovavano sotto le scale. Sono state coperte dalle macerie ma sono riuscite a scavarsi una via d’uscita».