«Non è un semplice voto, ma una scelta di civiltà.
L’interrogativo
Si tratta ora di capire se e come Marine Le Pen riuscirà a intercettare parte del 20 per cento dei voti che hanno premiato l’esponente della France Insoumise, Jean Luc Mélenchon esponente radicale di estrema sinistra, con un passato di agente cubano del Kgb. E l’interrogativo che ora molti si pongono è il seguente: riusciranno le estreme a convergere sul piano elettorale in nome del voto antisistema?
È vero che nei giorni scorsi, fedele al suo nuovo stile più morbido, alla ricerca di un’immagine meno bellicosa e molto più consensuale e in nome di una strategia di alleanze a ampio raggio, da realizzare puntando sulla difesa del potere d’acquisto e degli interessi dei ceti più deboli, degli esclusi dal sistema degli umiliati sociali, Marine Le Pen ha fatto direttamente appello all’elettorato di estrema sinistra, prospettando addirittura un governo di unità nazionale e tendendo la mano allo stesso Mélenchon. Dunque di sicuro cercherà in queste due settimane di stregare i duri e puri della sinistra estrema. Ma il tribuno della France Insoumise, terzo classificato, pur nella sua prosa lirica e ridondante è stato chiaro e netto. Ha fatto appello alla coscienza degli elettori, ha richiamato la scelta terribile in cui si trovano di fronte all’impotenza di fronteggiare una decisione netta e alla fine ha dichiarato: «No. Conosco la vostra rabbia, l’avete espressa. Ma non lasciatevi andare a una scelta che potrebbe comportare errori imperdonabili. Non potete regalare neanche un voto a Marine Le Pen».
La base elettorale
Certo, il voto resta sempre aleatorio e il risultato di un’elezione è sempre imprevedibile. Lo stesso Mélenchon ha voluto mettere in guardia i suoi elettori più anziani, richiamando all’ordine la sua base elettorale. Ma non è detto che le truppe seguiranno la consegna. Nell’ipotesi più rosea, Marine Le Pen potrebbe al massimo contare su un terzo dell’elettorato di Mélenchon. E non le basterebbe per spuntarla con Macron che ha forte distacco da lei. Di sicuro la candidata del Rassemblement National potrà contare soltanto sull’elettorato di Eric Zemmour, il giornalista sovranista, nostalgico della grandeur della Francia anni Sessanta, suo diretto concorrente nell’attingere al bacino della destra xenofoba e razzista. Abilmente, nel corso della campagna 2022, Marine Le Pen ha scelto di concentrarsi sulla questione sociale, lasciando a Zemmour il monopolio della protesta identitaria, minacciata dall’islamismo e dall’emigrazione. Ma Zemmour, nonostante un inizio di campagna promettente, alla fine ha ottenuto solo il 7 per cento dei voti. Troppo pochi se pur sommati al 3,1 per cento di Jean Lassalle, candidato di Résistons, partito della ruralità e degli agricoltori, e al 2,1 per cento del conservatore nazionalista Nicolas Dupont-Aignan, al quale si aggiungerà l’un per cento promesso dal gollista Eric Ciotti, ex sodale e ora rivale della sconfitta Valérie Pécresse. Per questo, nonostante l’allarmismo delle ultime ore, visti i risultati del primo turno, i francesi possono tirare un filo di sollievo davanti alla sovranista di estrema destra, che vuole riscrivere la Costituzione, smantellandone con un referendum l’universalismo democratico, che invoca Giovanna d’Arco, ma resta legata a doppio filo al prestito milionario ottenuto da una banca russa di oligarchi vicini a Putin, e rinegoziato fino al 2028. Scampato pericolo.