Usa e Gb bombardano gli Houthi nello Yemen: colpita la capitale Sana'a. Biden: «Risposta agli attacchi nel Mar Rosso»

Attesa la partecipazione di altri alleati, tra cui i Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein, che dovrebbero fornire logistica, intelligence e altro supporto

Venerdì 12 Gennaio 2024 di Lorenzo Vita
Mar Rosso, Usa e Gb bombardano postazioni dei ribelli Houthi (sostenuti dall'Iran) nello Yemen

Gli Usa e la Gran Bretagna hanno lanciato attacchi contro postazioni Houthi in Yemen dopo che i miliziani hanno sfidato il monito a non proseguire i loro raid nel Mar Rosso. Lo riferisce il New York Times citando dirigenti americani. Secondo il quotidiano, è attesa la partecipazione di altri alleati, tra cui i Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein, che dovrebbero fornire logistica, intelligence e altro supporto. Diverse città dello Yemen sono state colpite, inclusa la capitale Sana'a.

Le dichiarazioni di Biden

Il presidente statunitense Joe Biden ha rilasciato una dichiarazione ufficiale: «Oggi, su mia indicazione, le forze militari statunitensi, insieme al Regno Unito e con il supporto di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi, hanno condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dai ribelli Houthi per mettere in pericolo la libertà di navigazione in una delle vie d'acqua più vitali del mondo - si legge nella nota -. Questi attacchi sono la risposta diretta agli attacchi senza precedenti degli Houthi contro le navi marittime internazionali nel Mar Rosso, compreso l'uso di missili balistici antinave per la prima volta nella storia.

Questi attacchi hanno messo in pericolo il personale statunitense, i marinai civili e i nostri partner, hanno compromesso il commercio e minacciato la libertà di navigazione».

Biden prosegue: «Più di 50 nazioni sono state colpite da 27 attacchi alla navigazione commerciale internazionale. Gli equipaggi di oltre 20 Paesi sono stati minacciati o presi in ostaggio in atti di pirateria. Più di 2.000 navi sono state costrette a deviare per migliaia di miglia per evitare il Mar Rosso, il che può causare ritardi di settimane nei tempi di spedizione dei prodotti. Il 9 gennaio, inoltre, gli Houthi hanno lanciato il loro più grande attacco fino ad oggi, prendendo di mira direttamente le navi americane».

L'operazione

Il presidente Usa spiega dunque l'operazione condotta nello Yemen: «La risposta della comunità internazionale a questi attacchi sconsiderati è stata unita e risoluta. Il mese scorso, gli Stati Uniti hanno lanciato l'operazione Prosperity Guardian, una coalizione di oltre 20 nazioni impegnate a difendere la navigazione internazionale e a scoraggiare gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso. Ci siamo inoltre uniti a più di 40 nazioni nel condannare le minacce degli Houthi. La scorsa settimana, insieme a 13 Paesi alleati e partner, abbiamo lanciato un avvertimento inequivocabile: i ribelli Houthi ne pagheranno le conseguenze se non cesseranno i loro attacchi. E ieri il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede agli Houthi di porre fine agli attacchi contro le navi mercantili e commerciali. L'azione difensiva di oggi fa seguito a questa vasta campagna diplomatica e all'intensificarsi degli attacchi dei ribelli Houthi contro le navi commerciali. Questi attacchi mirati sono un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale né permetteranno ad attori ostili di mettere a rischio la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo. Non esiterò a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario».

 

L'EMERGENZA

La guerra-ombra tra Iran e Stati Uniti si arricchisce di un nuovo (vecchio) problema: il sequestro delle navi. Un'arma che da sempre fa parte dell'arsenale di Teheran e che ora, nel mezzo delle tensioni che incendiano il Medio Oriente, aumenta ancora di più i timori sulla libertà di navigazione.

IL BLITZ

Tutto ha avuto inizio nelle prime ore di giovedì al largo dell'Oman, quando la St Nikolas, nave battente bandiera delle Isole Marshall ma della compagnia greca Empire Navigation, ha lanciato l'allarme sulla presenza a bordo di cinque uomini con i volti coperti e in uniforme militare che hanno costretto l'imbarcazione a cambiare rotta. La destinazione non sarebbe stata più Aliaga, in Turchia, ma dalle parti di Bandar-e Jask, in Iran. Per alcune ore della petroliera partita dall'Iraq non si è saputo nulla: le informazioni satellitari mostravano una virata verso i porti della costa iraniana del Golfo Persico, vicino al bollente Stretto di Hormuz, ma dall'equipaggio nel frattempo non è arrivata alcuna comunicazione. La conferma dei sospetti, col passare delle ore, è giunta dagli stessi media iraniani che, riportando le informazioni date dalla marina di Teheran, hanno chiarito che una «petroliera americana» era stata sequestrata «su ordine del tribunale» per aver commesso un furto di petrolio iraniano.

L'ASSE ANTI-TERRORE

Un'azione, quella iraniana, che ha anticipato la replica militare di Regno Unito e Usa nei confronti dei ribelli Houthi yemeniti, colpevoli di creare il caos nel Mar Rosso. Ieri, in tarda serata, il primo ministro Sunak ha riunito il gabinetto di Downing Street e ha raggiunto un'intesa con Washington per colpire i terroristi finanziati dall'Iran. E dopo qualche ora sono iniziati i raid: hanno attaccato obiettivi houti a Sana'a, la capitale dello Yemen. Usa e Regno Unito hanno colpito l'aeroporto e alcune basi. I ribelli appoggiati dall'Iran hanno risposto lanciando missili.

La mossa iraniana

Per capire la mossa iraniana di ieri bisogna riavvolgere il nastro fino al 2022, quando i sospetti dell'intelligence statunitense e di alcuni analisti si erano concentrati sui misteriosi traffici che coinvolgevano il cargo, che all'epoca si chiamava Suez Rajan. Le prove sull'utilizzo di questa imbarcazione per commerciare petrolio iraniano eludendo le sanzioni avevano attivato il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che decise di sequestrare la nave e di farle scaricare il suo prezioso contenuto di petrolio nel Golfo del Messico dopo mesi di inattività. Fino a settembre, della nave non si è saputo più nulla, fino a quando lo scorso settembre sono iniziate a circolare le notizie su un nuovo nome, appunto St Nikolas, e su nuovi clienti. L'Iran non ha mai perdonato quella decisione Usa. Prima ha sequestrato alcune navi come ritorsione. E alla fine, dopo diversi mesi, ha deciso di muoversi quando ha visto la vecchia Suez Rajan che stava seguendo la rotta del Golfo Persico, facendo così scattare il blitz delle sue forze navali per sorprendere l'equipaggio (composto da un cittadino greco e 18 marittimi di nazionalità filippina) e imponendo all'unità di dirigersi verso il porto iraniano più vicino con le sue 145mila tonnellate di petrolio iracheno.
Gli Stati Uniti si sono attivati quasi all'istante, chiedendo a Teheran il rilascio immediato della petroliera. «Il governo iraniano deve subito liberare la nave e il suo equipaggio. Questo sequestro illegale di una nave commerciale è solo l'ultimo comportamento iraniano, o almeno consentito dall'Iran, volto a interrompere il commercio internazionale», ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel. Ma sembra che gli Ayatollah, e in particolare i Pasdaran, siano ben poco propensi a mostrare segni di distensione. Almeno per ora.

Ultimo aggiornamento: 18:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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